di Luca Salomone

Nel 2021 il retail specializzato ha prodotto un valore aggiunto di 101 miliardi di euro - 3 volte quello dell’industria alimentare e delle bevande -, attivando un giro d’affari di 451 miliardi. Il settore dà lavoro, direttamente o in modo indotto, a 2,6 milioni di persone (5 volte l’industria del tessile-abbigliamento) e porta investimenti, per la sola Italia, di 9,7 miliardi di euro.

La ricerca di Ambrosetti

La fotografia – scattata attraverso 50 milioni di osservazioni rivolte a più di 500 mila aziende - è firmata da The European House–Ambrosetti ed è contenuta nello studio “Il retail alla prova del cambiamento. Il nuovo modello di retail specializzato: omnicanale, circolare e inclusivo”.

L’analisi è stata presentata in occasione del forum dedicato alla seconda edizione della Community retail 5.0, piattaforma multi-stakeholder nata nel 2021, per l’elaborazione di scenari, strategie e pratiche per il rilancio della nostra distribuzione specializzata.

Perché rilancio? Perché la nostra economia e il commercio per primo, si trovano ad affrontare molte prove, prima fra tutte la rincorsa del costo della vita che, ancora a novembre 2022, è pesantemente condizionato da un’inflazione dell’11,8% (il valore più alto da marzo 1984), inflazione che ovviamente trascina verso il basso i consumi e verso l’alto i costi delle catene di fornitura e sub-fornitura attivate dalla filiera: gestione degli spazi commerciali, pulizia, vigilanza, logistica, affitti…

Una pesante caduta diventerebbe molto preoccupante considerando anche la componente manifatturiera attivata da un settore che genera il 13,7% del Pil italiano.

Detto altrimenti: ogni euro di valore aggiunto prodotto dal retail (specializzato) ne genera ulteriori 1,10 nel resto dell’economia. L’impatto sociale del comparto, in base a un moltiplicatore di 2,1 (calcolato sulla base delle interdipendenze Istat dei settori) sale a più di 3 milioni di addetti. In altri termini ogni persona occupata dal retail specializzato sostiene più di un posto di lavoro aggiuntivo nell’economia in generale.

Pur in uno scenario complicato come quello post-pandemico, il commercio specializzato ha saputo dimostrare una grande capacità di tenuta e reazione, facendo registrare una crescita di tutti i principali indicatori: numero di aziende, fatturato, valore aggiunto, occupati, investimenti.

Le cifre, tuttavia, non esauriscono le evidenze del rapporto, visto che il commercio resta la vera cerniera fra produzione e consumo in tutti i territori, grazie alla sua estrema capillarità che assicura un servizio anche nei piccoli paesi e nelle provincie poco popolate.

Prove tecniche di Metaverso

Un punto di partenza - indagato da un sondaggio rivolto a 1.000 cittadini italiani rappresentativi del campione nazionale – conferma che il settore è ritenuto imprescindibile non solo per aiutare i consumatori a superare questa sfavorevole congiuntura economica, ma anche per dispiegare e rendere operativo un cambio di visione che ponga le persone al centro verso un nuovo modello di società, basata sui tre pilastri dell’omnicanalità, della circolarità e dell’inclusività.

In questa evoluzione il retail specializzato può attivare un nuovo paradigma di relazione con i clienti finali: dal concetto di omnicanalità (fisico + digitale) verso quello di omnicanalità diffusa, grazie all’inclusione del Metaverso.

Secondo Ambrosetti bisogna aspettarsi che le esperienze nel mondo virtuale da parte del retail specializzato crescano nei prossimi anni, anche per rispondere alle richieste degli stessi consumatori.

Ma chi c’è, già oggi, sul Metaverso? I numeri scarseggiano, ma i nomi di chi sta facendo esperienze abbondano: Ovs, nuova entrata il 9 dicembre, e poi tanti altri marchi della moda, come Gucci, Ray-Ban, United colors of Benetton, Nike, Kering, Dolce&Gabbana, Burberry. Nella Gdo spiccano le esperienze di Carrefour e Walmart… Una lista approssimativa, sicuramente molto parziale e destinata ad allungarsi.

Circa la metà degli italiani ritiene che questo spazio virtuale, creato notoriamente da Facebook e oggi esteso a molte piattaforme, sia un’opportunità concreta, anche se solo il 20% ha idee chiare in materia.

Un'opportunità per i giovani talenti

«Il retail specializzato, in quanto abilitatore del nuovo modello di società 5.0, è chiamato a rispondere a una duplice sfida: posizionarsi come un punto di riferimento sociale nei confronti dei consumatori e affermarsi come un datore di lavoro attrattivo verso i giovani talenti», aggiunge Valerio De Molli, managing partner e amministratore delegato di The European House-Ambrosetti.

Una parte importante del rapporto è, infatti, dedicata alla necessità che il settore incrementi la capacità di attrazione verso le persone brillanti. Secondo Benedetta Brioschi, responsabile scenario food&retail e sustainability e project leader della community retail 5.0 «il bello di lavorare nel retail consiste nel porre al centro le persone e individuare le principali direttrici di intervento nel dialogo costante fra il settore e il mondo della scuola, nei percorsi di formazione continua del personale, nel rafforzamento delle competenze digitali, nella trasformazione dei punti vendita sempre più in ottica di laboratori di esperienza e condivisione, nella definizione di una politica retributiva equa e inclusiva e nella stabilità occupazionale».