Una strategia basata su pochi e chiari obiettivi: forte sostegno allo sviluppo dei prodotti a marchio, focus sull’alimentare anziché sul non food, sostegno allo sviluppo dei negozi di prossimità e degli hard discount piuttosto che delle grandi superfici. Sono queste le direttrici seguite già da alcuni anni da Casino, uno dei gruppi distributivi transalpini più importanti, e che hanno cominciato a dare buoni frutti in termini di risultati.

Il 2008, anno non certo brillante per il mondo retail, lo ha dimostrato. L’azienda francese ha fatto meglio del 2007, registrando complessivamente un incremento delle vendite del 5,9%. Non si tratta di un risultato da poco. Anche perché stiamo parlando di un gruppo che nella classifica mondiale delle catene distributive stilata da Deloitte risulta in ventottesima posizione (Coop, prima tra le italiane, tanto per avere un metro di paragone, è al cinquantaduesimo posto). Basti pensare che sviluppa un giro d’affari di 28,7 miliardi di euro, e conta qualcosa come 10mila punti vendita, di cui 1.500 circa all'estero (Paesi Bassi, Brasile, Argentina, Uruguay, Venezuela, Colombia, Madagascar, Mauritius, Thailandia e Vietnam).

E proprio l’estero ha generato la maggiore spinta propulsiva alla performance dello scorso anno di Casino, considerata una crescita oltreconfine attestata all’11,7%. Ma i risultati positivi si sono visti anche in Francia, con un +3,6% di incremento delle vendite, il doppio di quello raggiunto nel 2007. Segno che la strategia di cui si parlava prima ha colpito nel segno. In effetti la quota di prodotti a marchio nei pdv del Gruppo supera ormai abbondantemente il 50%. I negozi di prossimità (i supermercati Casino) e l’insegna discount (Franprix-Leader Price) hanno messo a segno aumenti del fatturato alle casse rispettivamente del 7,5% e dell’8,8%.

In controtendenza proprio gli ipermercati Géant, anello debole del gruppo, con un calo delle vendite del 2,4% (anche se vi è stato un risultato positivo sul piano della marginalità, con una crescita dell’utile netto a doppia cifra). Insomma, dopo decenni di grossi investimenti e fortissimo sviluppo del format “géant”, Casino (ma altrettanto sembra stiano facendo anche gli altri retailer transalpini) il vento è cambiato. Si è scoperto che il “piccolo” non è poi tanto male, che è il food il vero business e– soprattutto – che la marginalità arriva dall’offerta a marchio d’insegna.