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Sostenibilità in ritardo sull'agenda dei top manager

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Sostenibilità in ritardo sull'agenda dei top manager

Sostenibilità in ritardo sull'agenda dei top manager

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Fabio Massi

I top manager sostengono che il contributo delle imprese non è sufficiente per raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile definiti da Agenda 2030: è la conclusione a cui arriva uno studio condotto da Accenture strategy, presentato a New York alle Nazioni Unite, svolto su un campione di oltre 1.

00 intervistati, tutti Ad delle maggiori società mondiali e 1.600 imprese (200 italiane) in 100 nazioni.

Il documento, ‘The decade to deliver: a call to business action’ rivela che solo il 21% degli amministratori delegati ritiene fondamentale il contributo delle imprese in questa difficile opera e che meno della metà di essi (48%) sta gestendo il proprio business in un’ottica sostenibile. Piuttosto sconfortante.

A meno di quattromila giorni dal 2030, gli uomini d’affari non sono soddisfatti dei progressi realizzati - afferma Lise Kingo, amministratore delegato e direttore di United nations global compact, l’organizzazione di collaborazione con le imprese promossa dal Segretariato generale dell’Onu -. Si tratta di una sfida cruciale, una sfida che richiede che tutti gli stakeholder - governi, politici, imprenditori, investitori, azionisti, membri della società civile e accademici - lavorino insieme per accelerare il cambiamento”.

In effetti, nei 4 anni trascorsi dal 2015, momento in cui sono stati concordati i 17 ‘Obiettivi di sviluppo sostenibile’, ci sono stati alcuni progressi, del resto molto importanti, come il miglioramento della vita della popolazione mondiale e il calo della mortalità infantile al di sotto dei 5 anni. Tuttavia, per quanto riguarda la maggior parte dei target, i miglioramenti sono stati troppo lenti e, in alcuni casi, la situazione è addirittura peggiorata. E oggi ancora 700 milioni di persone vivono in uno stato di estrema povertà, più di 170 milioni non hanno un lavoro e più di 70 milioni sono rifugiati. Carestia, eventi climatici estremi, sovrappopolazione, carenza idrica, violenza fondata sul genere e un aumento dei conflitti armati e dell’estremismo continuano a influire sulle vite degli esseri umani di tutto il mondo.

Cosa possono e devono fare le imprese? “La sostenibilità è ormai parte integrante della strategia di ogni azienda, in un’ottica di agilità competitiva volta a massimizzare gli investimenti nel nuovo e riallineare le risorse per la crescita. Si tratta di un asset sempre più importante per ottenere la fiducia dei consumatori e accrescere il business. Il raggiungimento degli obiettivi globali diventa, quindi, una priorità per la leadership - spiega Peter Lacy, senior managing director di Accenture Strategy -. La tecnologia può essere la chiave: le innovazioni continueranno a susseguirsi a ritmi sempre più veloci e, se le aziende sapranno realizzare investimenti in linea con le esigenze mondiali, esse potranno minimizzare l’impatto del business sull’ambiente e contribuire a valorizzare la società in cui è inserito”.

Nonostante lo scetticismo di fondo, evidenziato in apertura, i top manager sono consapevoli di tutto questo e il 99% di loro ritiene che la sostenibilità sia fondamentale per il successo futuro della propria impresa, mentre l’81% si sta attivando sul versante degli Obiettivi globali.

Più di 200 società del campione hanno strutturato le attività sulla base di presupposti scientifici che minimizzano l’impatto in termini di cambiamento climatico mondiale, mentre un numero analogo si è impegnato a ridurre a zero le proprie emissioni di gas serra entro il 2050.

Anche i top manager italiani sono convinti che il tema della sostenibilità non sia più qualcosa di cui comprendere il valore per decidere se agire, ma un elemento di strategico, nonché uno dei driver di cambiamento più forti.

D’altro canto, però, questi impegni non si traducono in azioni sufficienti in vista dei 17 obiettivi. Più di un quarto degli amministratori delegati (28%) cita “l’assenza di uno stimolo di mercato” come una delle maggiori barriere alle attività sostenibili, mentre più della metà (55%) avverte l’esigenza di realizzare un equilibrio fra l’attenzione ai costi e la necessità di investire. Il 44% dei Ceo, inoltre, non crede a un futuro a impatto zero, almeno sotto la propria guida e nei prossimi 10 anni.

Come uscirne? Secondo la ricerca gli atteggiamenti da adottare, da parte dei Ceo, in vista di una ‘rivoluzione sostenibile’ sono almeno tre: promuovere il profitto attraverso la definizione di obiettivi condivisi con gli stakeholder; interagire all’interno di un ecosistema culturalmente più ampio per trovare soluzioni condivise e basate su presupposti scientifici; impegnarsi personalmente nei confronti della sostenibilità.

“Un leader responsabile – conclude Accenture – deve attivarsi in prima persona per la sostenibilità e promuovere attivamente l’economia circolare. Egli chiede conto dei progressi di sostenibilità, stabilisce un dialogo con gli investitori e guida il cambiamento con autenticità e integrità”.

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