Il packaging è uno degli elementi chiave per rendere evidente agli occhi del consumatore la sostenibilità dei prodotti: da questa premessa parte l’’Osservatorio packaging del largo consumo’’ condotto da Nomisma e presentato, nei giorni scorsi, a Milano.

L’imballaggio, sommandone tutti le componenti – etichetta, materiali, grafica – determina il 43% delle scelte di acquisto nell’alimentare e il 46% nel cura casa e persona.

Non solo: secondo i dati di Pro-Carton, l’associazione europea dei produttori di cartone e cartoncino, il pack, se reputato poco sostenibile, può portare alla sostituzione degli articoli preferiti da parte del 49% degli italiani e dei francesi, del 50% dei tedeschi, del 66% degli spagnoli. In coda alla classifica, gli inglesi, popolo abitualmente eco attento, con il 36% dei soggetti che, nel 2018, hanno cambiato le proprie scelte di fronte a un packaging critico dal punto di vista ambientale, dato che, in ogni caso, non è certo trascurabile.

Il primo motivo che conduce tutti i popoli considerati all’abbandono è l’over packaging (48%) seguito, a molta distanza, dai materiali, che siano essi plastica (26%) o non riciclabili (26%). E così gli italiani hanno avviato, secondo Nomisma, azioni virtuose, come l’acquisto di prodotti sfusi, nel 23% dei casi.

Ma quali sono, sempre secondo l’istituto bolognese, i fattori più sentiti per quanto riguarda la sostenibilità in generale, che suscita ormai l’interesse di 34 milioni di cittadini? In prospettiva storica, da qui al 2050, le azioni più richieste alla classe politica, nazionale e internazionale, sono, appunto, gli interventi in favore dell’ambiente (67% delle risposte), che distanzia molto i temi inerenti a disoccupazione (42%), sanità (38%), tasse e fiscalità (21%) ed evasione fiscale (17%). In sostanza la popolazione passa da tematiche che coinvolgono il reddito e lo status individuali, per dare spazio a problemi più globali e, in fondo, più altruistici.

Fra le emergenze ecologiche più avvertite, in un questionario a risposte multiple, spiccano il riscaldamento climatico (56%) e l’inquinamento delle acque (54%).

Per gli italiani è importante darsi da fare, ogni giorno, con piccole azioni concrete: raccolta differenziata (la fanno spesso l’83% dei soggetti), riduzione dei consumi energetici (78% spesso) e di acqua (ancora 78%), mentre arginare la diffusione della plastica è un’azione condotta con alta frequenza da una quota decisamente inferiore della popolazione (41%), anche perché, il più delle volte, del tutto fuori dalla portata dell’’uomo della strada’.

Tutto questo si ripercuote sulle scelte dei prodotti. Se il packaging è un elemento condizionante, in quanto punto di contatto fra consumatore e prodotto, ai beni è richiesto un crescente grado di garanzia, che comprende certificazione di origine delle materie prime (44%) e poi, rispetto ambientale e tutela del benessere. Rimane comunque importante il prezzo, con il 26% delle risposte.

Tornando all’insieme dei valori visibili della sosteniblità i beni che possono contare su un vissuto ‘environment sounding’ sono maggiormente considerati dall’88% degli acquirenti, mentre il 92%, più concretamente, pone attenzione a tutto quel sistema di loghi e diciture che assicurano reali livelli di attenzione ecologica.

Dal packaging le persone si aspettano, come detto, più sostenibilità, cioè minori quantità di materiali superflui e maggiore riciclabilità, ma, in 45% casi su 100, i clienti finali non sono disposti a pagare di più per un onere che ritengono competa soprattutto all’industria e specialmente, come accennato, perché il costo dei prodotti a scaffale rimane un driver di scelta.

Fra le categorie merceologiche alle quali è richiesto un cambiamento di passo in fatto di imballaggi, ci sono soprattutto le acque minerali, ma anche la frutta e le verdure fresche, che, hanno gradualmente ampliato l’offerta di confezionati. Seguono biscotti e le merendine, mentre fra le categorie che richiedono aggiustamenti modesti o nulli spiccano, il latte, i succhi, le passate, di fatto troppo problematici per lo sfuso, ma soprattutto il vino, per il quale, invece, lo sfuso è possibile, ma evidentemente non gradito.

Ma cosa succede davanti ai lineari? Secondo l’Osservatorio Nielsen-GS1 (iper+super, anno terminante a giugno 2019) il valore dei prodotti green - con certificazioni ambientali e claim che rimandano al mondo valoriale della sostenibilità - è cresciuto di un 2%, toccando 6,5 miliardi di euro di vendite. Il trend evolve progressivamente, ma con tassi molto moderati: se la quota degli ecoprodotti è del 18,2 la relativa variazione è solo del +0,2%, che scende allo 0,1% per le Mdd sostenibili.

Per giunta il packaging non teme crisi e le vendite di sole confezioni ha toccato, nell’anno mobile, 43,1 miliardi di pezzi, con una crescita dell’1,1 per cento.
In sostanza non si è disponibili, in parte per colpa della domanda e in parte per colpa dell’offerta, a rinunciare alle confezioni, a meno che i cambiamenti non riguardino il design, la tipologia dei materiali e le dimensioni.