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Più senza glutine nel piatto delle famiglie italiane

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Redazione

È vero che ‘less is more’? Sembra proprio di sì.

“Un tempo c’erano i probiotici, i pro vitaminici e i cibi ‘con aggiunta di’. Oggi ci sono invece i cibi ‘senza’. Gli italiani sono sempre più orientati verso uno stile che privilegi la salute rispetto alla gola. Negli ultimi anni, infatti, il mercato dell’alimentazione che fa a meno di alcuni elementi, ritenuti troppo calorici o allergizzanti, è lievitato. Nel primo semestre 2016, il fatturato del settore ha raggiunto quasi 2 miliardi di euro (1.995 milioni, per la precisione), con una crescita del 5,7% sullo stesso periodo del 2015”, scrive italiani-coop.it, il sito lanciato dal leader della Gdo italiana che, sulla base del ‘Rapporto Coop 2016’, fotografa numeri, dati e tendenze di un Paese che cambia.

“Vince su tutti – continua la fonte - il cibo light. Scelto spesso da chi è attento alla linea, ha registrato un incremento dell’1,6%, per un fatturato di 1.150 milioni di euro in tutta la distribuzione moderna. E dopo la forma, i nostri connazionali sono attenti ad allergie e intolleranze. La seconda best performance si registra per il ‘senza lattosio’, con 379 milioni di fatturato e un +20,3% nelle vendite. Subito dietro il ‘senza glutine ristretto’ (cioè i prodotti marchiati con il simbolo della spiga barrata, specifici per i celiaci): 159 milioni di ricavi, +20,6 per cento. Gli altri ‘senza’ realizzano 247 milioni di euro, con un +0,3 per cento. Calano invece i ‘senza sale’ (-2,8), che comunque registrano buoni risultati, pari a 61 milioni di giro d’affari”.

Insomma la quinta edizione di Gluten Free Expo, il salone internazionale dedicato ai prodotti e al mercato del senza glutine, organizzato da Ied (Italian exhibition group) e inaugurato sabato 19 novembre a Rimini Fiera, si svolge sotto i migliori auspici.

Oltre che un’occasione d’affari la quattro giorni, che chiude i battenti martedì 22, è anche il luogo giusto – con 242 incontri B2B, 70 show cooking, 40 ore di conferenze e dibatti e grazie alla presenza di buyer in arrivo da 15 Paesi europei - per tirare un bilancio su un mercato in decisa evoluzione.

Negli anni recenti si è osservato l’ingresso in forze della Gdo, con reparti o corner dedicati e marche private, della ristorazione, che offre spesso menu per celiaci, e della media e grande industria non specializzata, che ha affiancato le aziende di settore. Così, fra gli espositori riminesi, non stupisce di trovare i nomi di Bauli, Birra Peroni, Eurovo, Molino Spadoni, Molino Rossetto, Ipafood, Newlat, Pescanova, Salumificio Fratelli Beretta e tanti altri.

E se persino Barilla si è messa in gioco, con un ampio assortimento di pasta secca gluten free, vuol proprio dire che il potenziale esiste. Il Ministero della Salute valuta il numero dei celiaci italiani diagnosticati in 172.000 persone, in prevalenza donne. Sommando i casi non ancora conclamati e le semplici intolleranze lievi, comunque molto fastidiose (dolori addominali, gonfiori, cattiva digestione), si arriva a un totale stimato di oltre 600.000 individui. Aggiungiamo l’effetto moda, che porta anche chi non ne avrebbe alcun bisogno a consumare alimenti senza glutine. Partita dagli Usa questa tendenza, in realtà non condivisa da una parte della comunità scientifica, apre comunque ulteriori occasioni di business.

La prova del clima positivo viene dall’’Osservatorio sul mercato del senza glutine’, ricerca commissionata da Gluten Free Expo nel 2015, che verrà resa nota, in forma aggiornata, durante la rassegna.

Su un campione di 206 imprenditori intervistati l’80% dichiara di essere soddisfatto dell’andamento dell’azienda e oltre il 60% riconosce un valido trend dei ricavi e un generale movimento favorevole del comparto. Per il triennio 2015-2018 il 73% dei soggetti ipotizza una crescita: più nel dettaglio, per il 59% delle imprese, la variazione oscillerà fra il +6 e il +25 per cento.

Da non trascurare, per il made in Italy senza glutine, le opportunità che si aprono sul versante dell’export, una strada che tuttavia presuppone un consolidamento delle strutture aziendali: ancora prevalgono, infatti, le società medio-piccole, in grado di vendere solo sul territorio nazionale e, al limite, nelle vicine nazioni europee.

Il potenziamento è d’obbligo, visto che i ricercatori dell’inglese Visiongain, in una dettagliata analisi di mercato, valutano che il fatturato mondiale del gluten free chiuderà il 2016 sui 4,64 miliardi di dollari. Ed entro 10 anni questo valore è destinato a triplicarsi, per raggiungere poco meno di 14 miliardi di dollari.

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