La quarta ondata divide ancora di più gli italiani e accentua le sperequazioni. Paura e pessimismo sull'evoluzione della pandemia, nei prossimi dodici mesi del 2022, caratterizzano le opinioni dei cittadini, ma, in particolare, quelle dei gruppi sociali più vulnerabili: il 24,7% è confuso, il 39% è ottimista e il 36,3% è pessimista. I più preoccupati sono i bassi redditi (40,3%), operai ed esecutivi (42,1%), le donne (42,2%) e tutti coloro che non hanno potuto aumentare il proprio livello di risparmio.

Diretta conseguenza di questo sarà un forte atteggiamento di cautela nella gestione delle spese e dei consumi. Lo dice il Terzo rapporto Censis-Tendercapital, “Inclusione ed esclusione sociale: cosa ci lascerà la pandemia”.

Dall’inizio del contagio il 58,5% degli italiani dice di avere vissuto situazioni di forte stress psicofisico: il 58,8% di depressione, il 60,9% di ansia e paura indefinita. Un carico di sofferenza socialmente diffuso, che però ha colpito di più i giovani e le famiglie con redditi modesti.

Insieme a questo disagio, soggettivo, il Covid, che purtroppo continua la sua marcia, ha generato ulteriori sacche di povertà. Ci sono oltre un milione di nuovi poveri nel 2020, con un incremento del 21,9% rispetto al 2019: di questi, le donne sono 532mila (+22,9%), i giovani 222mila (+23,2%). Sono invece 333mila le famiglie in povertà assoluta in più nel 2020 rispetto al 2019.

Ad alto rischio, nel protrarsi dell’emergenza, sono le persone senza risparmi: il 23,1%, che sale al 33,4% tra i bassi redditi, e al 29,5% tra i bassi titoli di studio.

E ancora. Nonostante la vera sbornia digitale, il 16,5% degli italiani non è un utente di Internet, l’11,1% possiede una connessione che ha funzionato male in pandemia, 27 milioni di utenti di device digitali hanno difficoltà a svolgere le attività in casa, tra spazi stretti, parti di abitazione senza connessione, o rete in crisi da sovraffollamento.

Ben 16,5 milioni di persone hanno notevoli problemi nell’utilizzare i vari tipi di terminali, cellulari, tablet e pc, perché non ne hanno, o perché dispongono di strumenti vecchi, non conformi alla tecnologia attuale.

Inoltre, 12 milioni – per motivi di età o di inesperienza – faticano nell’uso dello smartphone o di WhatsApp, oppure nel gestire la mail.

Se l’Italia ha tenuto in pandemia, parte rilevante del merito è dei soggetti di welfare, a cominciare dallo Stato, che ha immesso nell’economia reale circa 60 miliardi di euro, ammortizzando quasi due terzi dei quasi 93 miliardi di euro di reddito persi dalle famiglie, tra capitale e lavoro.

I trasferimenti sociali in denaro hanno raggiunto 426,6 miliardi di euro (+37,2 miliardi e +8,3% reale rispetto al 2019), con un boom guidato dalle indennità di disoccupazione.

C’è stata poi la potente azione redistributrice delle famiglie, con 9 milioni di anziani che hanno dato sostegno economico a figli e nipoti e 6,8 milioni di giovani che, ancora oggi, ricevono supporti economici da genitori e nonni.

Per il 92,8% degli italiani, comunque, la povertà si combatte in primo luogo creando lavoro e non moltiplicando i sussidi. Infatti, il 47,6% ritiene, per esempio, che il Reddito di cittadinanza spinga le persone a non lavorare, mentre, per il 37,9%, è un supporto alle persone in difficoltà. Infine, il 9,4% pensa che costi troppo al bilancio pubblico.

Il 79,3%, infine, è convinto che si debbano tassare i grandi patrimoni per finanziare la lotta alla povertà, l’88,8% è favorevole a misure fiscali a beneficio dei bassi redditi e l’80,9% a incentivare fiscalmente gli imprenditori che assumono nuovi lavoratori.

Commenta Giuseppe De Rita, presidente del Censis: "Tra famiglie, reti sociali e welfare pubblico il modello sociale italiano ha dato buona prova nell’emergenza, ammortizzando i costi sociali. È impressionante, tuttavia, vedere che gli anziani hanno avuto meno stress psicofisico rispetto ai giovani. Il vero problema del nostro sistema è proprio di creare futuro. Occorre dunque eliminare la cultura dei sussidi per attuare investimenti capaci di coinvolgere i giovani. Solo il rilancio dello sviluppo economico e dell'occupazione darà risposte adeguate anche al disagio sociale, riportando il welfare alla sua funzione primaria, di collante della coesione sociale”.

Moreno Zani, presidente di Tendercapital osserva che “dopo un anno e mezzo di pandemia gli effetti negativi continuano, determinando sempre più disparità sociali, paure e nuove esclusioni. Emergono le richieste di interventi per aiutare le fasce più deboli della popolazione e mi preme fare notare il potente desiderio di welfare digitale. Non dobbiamo dimenticare, infatti, che non tutti hanno il medesimo accesso alla rete digitale e questo è un problema serio e da risolvere. Occorre una connessione libera per tutti, con un costo addebitato alla fiscalità generale e soprattutto alle grandi aziende tech e ai grandi patrimoni”.