La pasta tiene la cottura anche nel post Covid
La pasta tiene la cottura anche nel post Covid
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Nella settimana di Tuttofood Milano (22-26 ottobre) è logico che l’accento batta anche su quello che è, e sarà sempre, uno degli alimenti simbolo del nostro Paese, la pasta, grazie alla concomitanza con il World Pasta Day, che si celebra, in tutte le nazioni consumatrici, lunedì 25.
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Secondo Unione italiana food le statistiche danno le vertigini. Se il 2020 ha registrato picchi mai visti di produzione e consumo – grazie alla rincorsa verso i prodotti confezionati e alla riscoperta della cucina domestica -, anche il 2021 conferma il gradimento verso il primo piatto per antonomasia.
Lo scorso anno la componente Horeca-foodservice è, per una buona fetta, venuta meno, compensata però dal retail, dove il prodotto ha recuperato alla grande, facendo segnare un +10%. Bene anche oltre confine, dove i nostri pastai hanno incassato un +16 per cento.
Le fluttuazioni, registrate da altri alimenti durante le fasi più dure dell’emergenza sanitaria, non hanno nemmeno scalfito una tendenza che ha visto raddoppiare, in 10 anni (2010-2020), la domanda di spaghetti &co: da 9 a 17 milioni di tonnellate annue.
Nell’atlante della pasta l’Italia resta il punto di riferimento per la produzione (3,9 milioni di tonnellate), le esportazioni (2,4 milioni di tonnellate) e i consumi.
I nostri connazionali ne mangiano più di 23 kg all’anno, staccando la Tunisia, 17 kg, il Venezuela, 15 kg e la Grecia, 12,2 kg. Il 2020 ha consolidato questa classifica, portando nelle dispense italiane 50 milioni di confezioni in più. E anche se oggi la domanda si sta normalizzando, secondo Unione italiana food il mercato dovrebbero attestarsi su valori in linea, o superiori rispetto a quelli del 2019.
Non solo: su uno scacchiere internazionale 1 piatto di pasta su 4 porta la bandiera del nostro Paese, che si conferma primo, davanti a Usa, Turchia, Egitto e Brasile.
Forte di una leadership riconosciuta, la maggior parte della produzione nazionale (62%) varca i confini, diretta specialmente in Germania, Regno Unito, Usa, Francia e Giappone, i mercati più grandi, ma non quelli più dinamici che sono, invece, Cina, Canada, Spagna e Arabia Saudita.
Rispetto a gennaio/luglio 2020, l’export, nei primi 7 mesi del 2021, segna, in realtà, un calo del 9,4% a valore. Ma è solo un rimbalzo su un anno record, visto che il confronto con i valori dello stesso periodo del 2019 evidenzia un +13 per cento.
Sempre nei 7 mesi i volumi diretti verso i mercati chiave sono nettamente in positivo: Germania +6%, Francia +2%, Giappone +4% e Stati Uniti +10. Fa eccezione la Gran Bretagna, con un -4%, dovuto all’impatto della Brexit. E c’è anche chi, nel 2021, sta mangiando più pasta che nel 2020: soprattutto Corea del Sud (+18%) e Olanda (+5%).
A valle un settore che conta quasi 120 imprese, dà lavoro a oltre 10.200 addetti e genera un valore di 5,6 miliardi di euro, investendo una media il 10% del proprio fatturato in ricerca e sviluppo per rendere gli impianti sempre più moderni, sicuri e sostenibili e intercettare tendenze, cambiamenti degli stili di vita, nuove frontiere del gusto e della nutrizione, per assicurare a tutti un piatto di pasta a prova di ogni esigenza. Così accanto ai grandi classici (300 formati che polarizzano il 90% del mercato), ci sono l’integrale, il gluten free, la pasta con farine alternative, legumi e superfood.
Numeri a parte, a rendere vincente la pasta sono sia la convenienza, sia la capacità di intercettare quei bisogni che vedono il consumatore sempre più attento a modelli alimentari sani, genuini, sostenibili. E infatti negli Stati Uniti, patria delle diete iperproteiche, per il quarto anno consecutivo, l’US News & World Report, prestigiosa rivista con base a Washington DC, ha eletto la dieta mediterranea, di cui la pasta è elemento imprescindibile, “migliore dieta del mondo” del 2021, vincitrice su 39 alternative, il che fa ben sperare per il futuro, anche in un momento particolarmente complesso per l’impennata dei prezzi delle materie prime, comprese quelle alimentari.
E non è tutto: lo smart working non ha condizionato le preferenze dei nostri connazionali. Infatti, secondo un’indagine svolta da Infojobs, su oltre 1.500 persone iscritte alla piattaforma, la pasta è sempre il piatto perfetto per il pranzo per il 78,8%, perché veloce da preparare e tanto versatile da non stancare mai.
Ed è una vera abitudine per la maggior parte dei lavoratori, che la scelgono ogni giorno (42,6%) anche nella pausa di mezzogiorno, mentre il 32,4% la vede come un’opzione da concedersi ogni tanto e il 17,5% la preferisce nel fine settimana.
Infine, il 66% dei soggetti, qualora ospitasse un collega straniero, consiglierebbe proprio la pasta come prima scelta e la pizza come seconda opzione (25%).
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