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Osservatorio Federvini: bene per l'export e l'Horeca, ma la Gdo....

Osservatorio Federvini: bene per l'export e l'Horeca, ma la Gdo....
Osservatorio Federvini: bene per l'export e l'Horeca, ma la Gdo....

Osservatorio Federvini: bene per l'export e l'Horeca, ma la Gdo....

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Luca Salomone

di Luca Salomone

Il mondo vinicolo piange o sorride? Né l’uno, né l’altro.

Infatti, almeno in Gdo, secondo Nomisma, nei primi nove mesi le vendite registravano, un calo, in valore, del 3,5%, dovuto alle forti spinte dell’inflazione, che hanno cambiato molti comportamenti di acquisto avvantaggiando però, a quanto sembra, soprattutto la fascia medio-alta.

La compressione della distribuzione moderna

Seppure meno del vino, si legge in una nota che anticipa il nuovo Osservatorio Federvini, il trend di rallentamento interessa anche le vendite al dettaglio di liquori: sempre fra gennaio e settembre la categoria faceva registrare un calo dell’1,8% sul corrispondente.

Idem per gli aceti, che flettevano dell’1,4%, a parte il balsamico, che proseguiva la sua crescita dell’1,6% per cento.

Sarebbe interessante capire cosa sia successo in volume, visto il dato in valore comprende anche i prezzi e dunque, volente o nolente, è gonfiato da una spinta inflattiva, spinta che, secondo i dati Ismea-Nielsen ha portato a un rincaro del 7% sia nel primo, sia nel secondo trimestre del 2022.

Altro fattore di compressione, per la Gdo, è, notoriamente, la risalita dell’Horeca. I dati dell’Osservatorio Federvini spiegano che il consumo fuori casa di vini e spiriti è salito, da gennaio a settembre, del 38%, generando 1,1 miliardi di consumazioni, cifra destinata ad aumentare fino a 1,5 miliardi con la chiusura dell’anno.

Le performance migliori appartengono ai canali di consumo serali, che nel 2021, più di altri, avevano scontato le chiusure (integrali e senza concessioni di sorta) dovute alla pandemia.

Nei locali notturni si distinguono, per dinamismo, gli spiriti lisci (+152%) e i cocktail alcolici, che guadagnano 40 punti.

Otto miliardi oltre confine

Bene o benissimo all’estero. L’Osservatorio Federvini, realizzato in collaborazione con Nomisma e Tradelab stima che, a fine anno, l’export agroalimentare italiano supererà i 59 miliardi di euro (+16% rispetto al 2021) trainato anche dalle vendite oltre frontiera di vini, spiriti e aceti.

Per il vino si prevede il record di 8 miliardi di euro (+12% il tendenziale), così come per gli spiriti (1,7 miliardi di euro). Buono anche il risultato degli aceti, in particolare balsamici, che chiuderanno il consuntivo con una crescita export del 15 per cento.

Tre i fattori positivi. L’andamento del cambio euro-dollaro, intanto, che ha permesso di compensare, anche se in modo altalenante (in vari momenti si è raggiunta la parità), gli aumenti dei costi di produzione e recuperare competitività sui mercati legati a questa valuta (Usa e Canada in primis).

C’è poi la ripresa del turismo globale, che ha dato impulso ai consumi di vini e spiriti nell’Horeca. In Italia, a fine agosto, gli arrivi dei turisti internazionali hanno superato i 35 milioni (+125% rispetto allo stesso periodo del 2021, ancora condizionato dal Covid).

Diversificazione dei mercati: la strategia adottata da molte aziende guarda oggi ai Paesi emergenti come Tailandia e Vietnam, dove, nei primi 8 mesi del 2022, il valore dell’export vinicolo è cresciuto rispettivamente del 158% e dell’82%, una variazione comunque legata alla relativa ‘verginità’ di questi mercati.

«Dieci anni fa – osserva Federvini – l’Unione europea pesava per circa il 57% sul valore dell’export. Dopo la Brexit, nel 2021, si è arrivati al 39 per cento. Questo scenario ha determinato un diverso approccio ai mercati di destinazione e ha sollecitato un allargamento degli spazi commerciali da presidiare verso nuove realtà emergenti e oggi l’Asia (che tuttavia ha più di 4,5 miliardi di abitanti ed è saldamente in mano ai francesi, ndr.) pesa per il 7% sull’export complessivo di vino italiano».

Liquori e spiriti made in Italy hanno mantenuto salda la propria leadership dell’area Usa, dove si registra un aumento a valore del 23 per cento.

Anche qui la dipendenza dai primi 5 mercati è diminuita nel corso del tempo: se nel 2011 la concentrazione dell’export nei grandi mercati di sbocco era pari al 65,8%, dieci anni dopo è calata al 58,3% per ripiegare ancora, al 53,7%, nel 2022.

Osserva Micaela Pallini, presidente di Federvini: «I dati sulle performance del nostro export evidenziano proprio l’importanza della diversificazione geografica. Tale strategia può essere coadiuvata da un lato dalla leva promozionale e, dall’altro, da una maggiore proattività dell’Unione europea nel concludere ulteriori accordi di libero scambio con i Paesi extra-Ue. È evidente che ci muoviamo in uno scenario complicato e in continua evoluzione e non si escludono rallentamenti economici nel 2023, che dovrebbero interessare alcune nazioni europee, come la nostra Italia e la Germania».

Aspettando le vacanze natalizie

Altrettanto positive, anche se i trend sono leggermente inferiori, si dimostrano le categorie che trovano il loro approdo maggiore, ma non certo esclusivo, nella ristorazione. In particolare, si segnala un +34% per gli amari e dopo pasto, un +30% per il vino e un +31 per le bollicine.

Gli operatori del settore nutrono, dal canto loro, grandi aspettative per il mese di dicembre, durante il quale gli italiani dovrebbero tornare alla convivialità. Questo lascia ipotizzare, malgrado il difficile contesto macroeconomico, che il mercato del fuori casa possa chiudere il 2022 raggiungendo i 90 miliardi di euro (+38% sul 2021 e +6% verso il 2019).

Secondo Nomisma, nonostante la congiuntura complessa, il sentiment degli italiani rimane alto verso il periodo di fine anno e il vino emerge ancora come uno dei prodotti più regalati ad amici e parenti (circa il 36% della popolazione nazionale).

Anche per il Natale 2022 sulle tavole non mancherà lo spumante, ritenuto immancabile per il 45% degli intervistati, con il Prosecco a farla da padrone, soprattutto fra i consumatori più giovani, seguito dai rossi del Sud, come Primitivo di Manduria e Montepulciano d’Abruzzo (18%) e dai bianchi dell’Alto Adige (8%), anche questi prediletti dalle nuove generazioni.

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