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Multicanalità obbligata per il piccolo commercio

Multicanalità obbligata per il piccolo commercio
Multicanalità obbligata per il piccolo commercio

Multicanalità obbligata per il piccolo commercio

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Redazione

Il commercio al dettaglio ha e avrà ancora, almeno per i prossimi dieci anni, un grande impatto sul consumatore, ma i retailer dovranno integrarsi con l’e-commerce per avere un futuro.

Questa la conclusione, peraltro non nuova, a cui è pervenuta una recente indagine condotta da Format per Confcommercio. L’elemento inedito è invece il livello relativamente basso di preparazione delle pmi all’impatto e l’analisi dei comportamenti di spesa emergenti.

La ricerca sui consumatori – 1200 interviste a buon fine - è stata effettuata presso un campione statisticamente rappresentativo della popolazione degli “shopper” che, negli ultimi 12 mesi, hanno effettuato almeno uno o più acquisti presso un esercizio della distribuzione al dettaglio. Il focus sulle imprese – 384 rispondenti -, invece, è stato realizzato presso un campione statisticamente rappresentativo delle imprese del commercio al dettaglio. In entrambi i casi sono state escluse la Gdo e le catene.

Il 55,6% dei consumatori dichiara di aver acquistato almeno una volta online per ragioni legate soprattutto ai prezzi inferiori; il 54,9% ha cercato un prodotto su Internet prima di acquistarlo in un negozio tradizionale; l’acquirente online è uomo, single, sotto i 45 anni, residente in comuni inferiori a 40.000 abitanti.

Non si acquista on line principalmente per l’impossibilità di provare il prodotto (59,2%), la scarsa fiducia nei siti (53%), la mancanza di interazione con il venditore/commesso (43,7%); solo 2 imprese su 5 dichiarano di avere un sito web e di queste appena il 26,3% lo usa anche per il commercio elettronico.

Allo stato attuale, insomma, il negozio fisico è ancora impreparato alla multicanalità, anche se conserva un enorme punto di forza rispetto ai concorrenti virtuali: è lì, sulla strada, gestito da persone in carne e ossa che vivono nella stessa comunità, sullo stesso territorio del cliente.

La prossimità, la relazione personale, l’appartenenza a una comunità, la possibilità di usufruire di un supporto personalizzato, di provare il prodotto, la sua immediata disponibilità (proprio quando il cliente ne sente il bisogno) sono carte importanti da giocare nei confronti della concorrenza. Ma fino a quando?

E per giunta la multicanalità richiede una perfetta  coerenza. Le azioni attivate online per aumentare la visibilità, la reputazione, attirare persone nel proprio negozio, mantenere la relazione post vendita, intercettare clienti “dormienti” e molto altro,  non potranno dare buoni risultati, se l’aspetto del negozio fisico sarà trascurato, l’assortimento e la qualità della merce non adatta, i venditori non preparati.

Oggi, come si è detto, la strada è tracciata: si andrà sempre più verso Internet, e-commerce, mobile, social. “Internet – ammonisce Confcommercio - è una rivoluzione inarrestabile. Restare fuori non è più un’opzione possibile per nessun tipo di attività commerciale, men che meno per un piccolo negozio. Questo non significa necessariamente vendere online, almeno non subito, ma significa essere presenti e giocare la propria partita anche sul web, seguendo regole e consuetudini proprie del nuovo mezzo”.

Ma chi sono gli acquirenti online? Non si tratta solo di giovanissimi (che restano peraltro i maggiori utilizzatori della Rete in generale) - perché è necessario guadagnare un certo reddito per essere un heavy spender – e neppure dei più ricchi, solitamente più avanti con l’età (soprattutto in Italia) che, per caratteristiche demografiche e per importo medio delle transazioni utilizzano ancora i canali tradizionali. I maggiori acquirenti online sono invece le fasce medio-alte, che hanno un grosso peso sia in termini di volumi complessivi che, soprattutto, di influenza nei confronti degli altri.

Per quanto riguarda le merceologie il turismo fa la parte del leone. Importante il ruolo rivestito anche da informatica ed elettronica, favorite dal mezzo utilizzato per navigare (il computer, la connessione), le assicurazioni e i servizi finanziari (specie l’home banking). L’editoria, dal canto suo, è favorita dalla digitalizzazione di libri, canzoni, video. Abbastanza sorprendentemente l’abbigliamento (sul quale l’e-commerce incide per il 2,5% del totale vendite), che registra nel 2013, per il sesto anno consecutivo, il tasso di crescita maggiore (+30 per cento).

Più limitati i tassi di penetrazione nel grocery e nell’arredamento, anche se si nota un certo movimento.

Ci sono alcune tendenze emergenti, relative a cambiamenti nei comportamenti di acquisto, e molti consumatori cercano oggi di ottenere il meglio dei due mondi, online e offline.

Sempre più persone si informano su Internet prima di comprare e un numero incredibile esprime in Rete le proprie valutazioni dopo aver comprato; valutazioni che diventano fonte importante di informazione per i potenziali acquirenti, ma anche un banco di prova e di giudizio per il commerciante. Le recensioni negative hanno un impatto forte e sostituiscono, potenziandolo, il vecchio passa parola.

Per ogni acquisto online ce ne sono almeno altri tre che si formano in Rete, ma poi si concretizzano nel mondo fisico, magari dopo aver comparato i prezzi, o individuato i negozi adatti, o aver usufruito di coupon e promozioni da utilizzare in negozio. E’ il fenomeno che gli americani indicano con l’acronimo ROPO: “Research online, purchase offline” (ricerca su Internet, compra in negozio), e che contribuisce in maniera sostanziale all’influenza della Rete nelle decisioni.

Esiste, però, anche il fenomeno opposto, ovvero di quei clienti che provano i prodotti in negozio, magari approfittando della competenza del negoziante per farsi un’idea più precisa delle caratteristiche, delle possibili alternative, del prezzo, e poi, con una scusa, escono senza comprare nulla perché compreranno online.

Il fenomeno si sta affermando con il nome di showrooming, come se il negozio facesse da mero espositore, ma, in analogia all’acronimo ROPO, si può chiamare TOPO: “Try offline, purchase online” (prova in negozio, compra su Internet). Ed è un fenomeno che, con elevata probabilità, è destinato ulteriormente a crescere a causa anche della diffusione degli smartphone.

I commercianti sono avvertiti.

 

Scarica l'indagine dal sito di Confcommercio

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