Moda e ristorazione guidano la classifica delle nuove aperture
Moda e ristorazione guidano la classifica delle nuove aperture
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Nel 2021 gli associati Confimprese apriranno 828 nuovi punti vendita, con un incremento dell’8% rispetto al numero di negozi attuale.
Sono cifre addirittura superiori, di 26 unità, ai pronostici di inizio anno. Il dato si spiega con la necessità, da parte dei retailer, di continuare a puntare sullo sviluppo, nonostante il freno imposto dalla pandemia, che ha bloccato i consumi e messo a repentaglio la tenuta del sistema distributivo.
I due settori con il maggior numero di opening in programma sono anche quelli che sono stati più colpiti dall’emergenza sanitaria e che, ora, cercano la rimonta: parliamo di abbigliamento-accessori, con 190 nuovi punti vendita, seguiti dalla ristorazione, con +185 unità.
Distanziati, ma non tanto, si trovano, però l’arredo casa e complementi, con +109, il cura persona e beauty e l’aggregato elettronica, telefonia, intrattenimento.
“L’Italia – afferma Mario Resca, presidente di Confimprese – si dimostra all’avanguardia, trainata da industria ed export. Il confronto tracciato dall’Istat in questi giorni, con Francia e Germania, cresciute rispettivamente dell’11% e dell’8% contro il 18% del nostro Paese, accredita la possibilità che si tratti di vera ripresa e non di un semplice rimbalzo. Nel retail il benchmark, rispetto al periodo ante Covid è ancora negativo, ma la strada è segnata”.
Le aziende dichiarano 255 chiusure entro il 2021 contro le 428 previste a inizio anno. La caduta si è concentrata nel primo semestre 2021, con circa il 60% delle perdite ma, come dimostrano i dati, il trend riflessivo dovrebbe decelerare nel secondo.
Il maggior numero di dismissioni, in parte ancora in corso, si registra nell’entertainment, che ha lasciato sul terreno il 5,7% della rete. Seguono abbigliamento e accessori (-3%), ristorazione (-1,6%), elettronica e telefonia (-2,9%), cura persona e beauty (-2,7%).
La ragione principale delle chiusure, secondo il 35% dei rispondenti, è legata, tuttavia, a una razionalizzazione dei network distributivi già in corso da anni.
Anzi, per un terzo dei retailer gli impatti della crisi sanitaria hanno ridotto i piani di tagli, grazie alla ripresa delle vendite in atto o, comunque, auspicata. Il 19% dei soggetti, poi, dichiara, come motivo, l’eccessiva onerosità delle varie location.
Nella graduatoria per regioni oltre la metà delle insegne (60%) elegge la Lombardia come preferita per lo sviluppo, specie per la moda e la ristorazione. Seguono Lazio e Campania, scelte da circa un terzo delle aziende (28%).
I centri commerciali si confermano come la prima location suscettibile di futuri sviluppi (38% dei retailer). Seguono le high street, con un’incidenza delle nuove aperture che dovrebbe aumentare di circa 3,5 punti percentuali nel secondo semestre 2021, rispetto a gennaio-giugno.
Stabili i negozi di prossimità nelle città di provincia (16%), mentre migliorano di 1 punto gli outlet, che si attestano all’8% dei voti.
Da segnalare la drammatica situazione del travel, penalizzato dalla pandemia e indicato come luogo di apertura (nel secondo semestre) solo dall’1% degli operatori.
L’evoluzione sociale e culturale del consumatore post pandemia, il cambiamento delle modalità di interazione e di acquisto hanno imposto l’adozione di nuovi modelli commerciali: «In 3 anni – commenta Marco Di Dio Roccazzella, managing director di Jakala – il 95% dei retailer sarà in grado di automatizzare i processi, acquisendo capacità decisionali più affidabili. Dall’Osservatorio Jakala emerge che il 47% dei consumatori italiani ritiene molto importante che il marchio interagisca in modo personalizzato: una customer experience di tipo quasi sartoriale è un fattore di successo.
"Ne consegue - continua Roccazzella - un maggior peso del canale digitale, da cui dipende l’aumento dell’importanza di raccolta e attivazione dei dati. Analytics, machine learning e intelligenza artificiale applicati alle campagne marketing, migliorano i risultati, riducendo, per esempio, del 29% il costo delle campagne media. Il ritorno sugli investimenti delle campagne personalizzate, per propensione all’acquisto, è 2,6 volte maggiore rispetto a quello delle campagne di massa. Le aziende del retail dovranno essere in grado di cogliere l’opportunità degli oltre 40 miliardi del Pnrr disponibili per investimenti in digitalizzazione”.
L’Osservatorio Jakala evidenzia, infine, che il 78% dei consumatori sottolinea l’importanza dell’elemento etico come comportamento fondamentale richiesto ai retailer, il 48% dichiara di aver modificato i propri comportamenti per ridurre l’impatto sull’ambiente e il 57% preferisce i brand responsabili, nonostante il prezzo relativamente più alto.
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