Lo sconto paga ancora?

Lo sconto paga ancora?
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Crisi di Governo, Imu reloaded, Iva trimestrale e parcella del commercialista, utenze energetiche rincarate, doni ai bambini, disoccupazione giovanile schizzata al 36% (quella matura all’11%), per non parlare delle tredicesime che molti datori di lavoro hanno già annunciato di non potere pagare. Forse quest’anno più che mai sarà difficile dirsi “Buon Natale”, come dimostrano i risultati tanto empirici, quanto verosimili, dei primi week end di acquisti festivi: si guarda molto, si compra poco, e molto di questo poco va a finire su Internet, o sulle bancarelle dei mercati di Natale, per non parlare delle mostre mercato: basti dire che “Artigiano in fiera” di Milano ha totalizzato in 9 giorni ben 3 milioni di visitatori (però il dato sulle vendite non è noto)
Il baricentro degli acquisti si sta spostando pericolosamente, e, probabilmente, anche quando la crisi sarà passata, niente tornerà più come prima. Di fronte a questa facile previsione, che è poi quasi una promessa, Roberto Ravazzoni dell’Università di Modena e Reggio Emilia, economista specializzato nelle imprese, si è chiesto - durante un meeting napoletano, organizzato da Sisa Centro Sud -, quali possano essere le vie percorribili dal commercio moderno, in presenza di una clientela che, in più di 82 casi 100 (dati Cermes-Bocconi, 2012) dichiara di fare meno acquisti non strettamente necessari, di comprare più private label (73,2%), di fare molta attenzione ai volantini promozionali (69,3%) e più confronti tra i punti di vendita (64,2%). Una rincorsa al risparmio, questa è la richiesta, che però non premia, visto che, nei primi 9 mesi dell’anno le vendite in volume della gdo hanno perso ben il 3,4% a parità di rete e l’1,5% considerando anche le nuove aperture.
Le promozioni - la cui incidenza è passata, dal 2008 a oggi, dal 21,3 al 25,6% sul totale a valore del largo consumo confezionato, per toccare il record del 31% negli ipermercati - contengono una minaccia: spingersi sempre più in là, continuando a perdere margini e utili. Come uscirne? Intanto erogando una serie di valori immateriali, ma non certo a costo zero: riorganizzazione del merchandising, scaffali curati, punti di vendita sempre aggiornati nell’architettura e nella tecnologia, ricordandosi che solo i discounter possono permettersi uno scatolone con assortimenti poco ampi e poco profondi. Lo sforzo richiesto è, finanziariamente parlando, notevole, ed è per giunta appesantito dalla recessione e dalla conseguente stretta creditizia.
Il miracolo è raro. La collection Esselunga per ottenere i pupazzi firmati Dreamworks è stato un vero colpo di genio, ha mobilitato praticamente tutti i genitori del Centro Nord, sguinzagliati alla caccia di bollini per assicurarsi gli eroi dei cartoon. Nessuno sa quante nuove carte Fidaty siano state distribuite in questa occasione e quanti nuovi clienti rimarranno fedeli a Esselunga: il mercato dimentica. Certo il fenomeno è stato potente, tanto che sui social network si sono creati veri circoli di baratto o di vendita delle tessere complete. Ma si può vivere di miracoli? No, o non solo, perché un Oscar del marketing resta comunque un intervento tattico. Si può invece vivere, o meglio sopravvivere, con la strategia (e anche in questo Bernardo Caprotti è un maestro).
Cosa consiglia Roberto Ravazzoni? La prime risposte sono una serie di domande retoriche: “E’ stato compreso che il successo dei nuovi lanci dipende sempre di più dall’attrattività del punto di vendita, del suo layout e dei suoi display, e dalla comunicazione in store?”. E poi “lo store manager e tutto il personale del negozio sono adeguatamente motivati e professionalizzati”?
Dopo i preamboli l’economista offre una medicina amara, o quanto meno molto pesante, per un retail già indebolito: recupero di efficienza operativa, adattamento dell’offerta al territorio, semplificazione e connotazione migliore del portafoglio merceologico, rafforzamento della store brand (su questo i pupazzi avrebbero molto da “dire”), nuovo equilibrio fra il pricing di breve termine (promozione) e quello di lungo periodo, piani di marketing personalizzati e legati alle carte fedeltà ("zitto Ciuchino"!). Il tutto sperando che la fatica paghi, visto che lo sconto non può più farlo.
Il baricentro degli acquisti si sta spostando pericolosamente, e, probabilmente, anche quando la crisi sarà passata, niente tornerà più come prima. Di fronte a questa facile previsione, che è poi quasi una promessa, Roberto Ravazzoni dell’Università di Modena e Reggio Emilia, economista specializzato nelle imprese, si è chiesto - durante un meeting napoletano, organizzato da Sisa Centro Sud -, quali possano essere le vie percorribili dal commercio moderno, in presenza di una clientela che, in più di 82 casi 100 (dati Cermes-Bocconi, 2012) dichiara di fare meno acquisti non strettamente necessari, di comprare più private label (73,2%), di fare molta attenzione ai volantini promozionali (69,3%) e più confronti tra i punti di vendita (64,2%). Una rincorsa al risparmio, questa è la richiesta, che però non premia, visto che, nei primi 9 mesi dell’anno le vendite in volume della gdo hanno perso ben il 3,4% a parità di rete e l’1,5% considerando anche le nuove aperture.
Le promozioni - la cui incidenza è passata, dal 2008 a oggi, dal 21,3 al 25,6% sul totale a valore del largo consumo confezionato, per toccare il record del 31% negli ipermercati - contengono una minaccia: spingersi sempre più in là, continuando a perdere margini e utili. Come uscirne? Intanto erogando una serie di valori immateriali, ma non certo a costo zero: riorganizzazione del merchandising, scaffali curati, punti di vendita sempre aggiornati nell’architettura e nella tecnologia, ricordandosi che solo i discounter possono permettersi uno scatolone con assortimenti poco ampi e poco profondi. Lo sforzo richiesto è, finanziariamente parlando, notevole, ed è per giunta appesantito dalla recessione e dalla conseguente stretta creditizia.
Il miracolo è raro. La collection Esselunga per ottenere i pupazzi firmati Dreamworks è stato un vero colpo di genio, ha mobilitato praticamente tutti i genitori del Centro Nord, sguinzagliati alla caccia di bollini per assicurarsi gli eroi dei cartoon. Nessuno sa quante nuove carte Fidaty siano state distribuite in questa occasione e quanti nuovi clienti rimarranno fedeli a Esselunga: il mercato dimentica. Certo il fenomeno è stato potente, tanto che sui social network si sono creati veri circoli di baratto o di vendita delle tessere complete. Ma si può vivere di miracoli? No, o non solo, perché un Oscar del marketing resta comunque un intervento tattico. Si può invece vivere, o meglio sopravvivere, con la strategia (e anche in questo Bernardo Caprotti è un maestro).
Cosa consiglia Roberto Ravazzoni? La prime risposte sono una serie di domande retoriche: “E’ stato compreso che il successo dei nuovi lanci dipende sempre di più dall’attrattività del punto di vendita, del suo layout e dei suoi display, e dalla comunicazione in store?”. E poi “lo store manager e tutto il personale del negozio sono adeguatamente motivati e professionalizzati”?
Dopo i preamboli l’economista offre una medicina amara, o quanto meno molto pesante, per un retail già indebolito: recupero di efficienza operativa, adattamento dell’offerta al territorio, semplificazione e connotazione migliore del portafoglio merceologico, rafforzamento della store brand (su questo i pupazzi avrebbero molto da “dire”), nuovo equilibrio fra il pricing di breve termine (promozione) e quello di lungo periodo, piani di marketing personalizzati e legati alle carte fedeltà ("zitto Ciuchino"!). Il tutto sperando che la fatica paghi, visto che lo sconto non può più farlo.
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