L'Italia si conferma primo produttore mondiale di vino
L'Italia si conferma primo produttore mondiale di vino
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Nonostante una vendemmia 2019 meno generosa, l'Italia dovrebbe mantenere la leadership mondiale, perché né la Francia (43,4 milioni di ettolitri) né la Spagna (circa 40 milioni di ettolitri) sembrerebbero in grado di superarla.
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Le elaborazioni a fine agosto, dalla nuova collaborazione tra Unione italiana vini, Ismea e Assoenolgi, stimano la produzione nazionale di vino in 46 milioni di ettolitri, con una riduzione del 16% rispetto all'annata record del 2018, quando erano stati sfiorati i 55 milioni di ettolitri. Il dato risulta da un bilanciamento tra un'ipotesi minima di 45 milioni di ettolitri e una massima di oltre 47, che comunque risulterebbe inferiore al dato medio degli ultimi 5 anni.
Spiega Ernesto Abbona, presidente di Unione Italiana Vini: “È lecito attendersi la tenuta dei prezzi sui vini a denominazione di origine, che rimanendo nei volumi dei disciplinari subiranno meno la flessione, così come, nel 2018, hanno risentito meno dell'aumento produttivo, e un possibile ritocco in alto dei listini degli sfusi visto il calo vendemmiale anche di Francia e Spagna. Manteniamo il primato produttivo mondiale, ma in un contesto geopolitico difficile dove arrivano segnali preoccupanti da alcuni mercati importanti per il nostro vino, mentre si aprono prospettive nuove di sviluppo grazie agli accordi di libero scambio. Il mercato interno mostra un trend in leggera crescita, seppure in un contesto di deciso cambiamento, che ci invita a una riflessione più attenta su nuove strategie da adottare verso il nostro tradizionale consumatore”.
"Il vino italiano – aggiunge Raffaele Borriello, direttore generale di Ismea – negli ultimi anni ha consolidato un importante percorso di internazionalizzazione tramite la concentrazione e la riorganizzazione dell’offerta verso prodotti di maggiore qualità e gradimento nei mercati esteri. Gli effetti di tale evoluzione verso la qualità e l’efficacia delle politiche commerciali sono testimoniati dal costante aumento del fatturato all’export, quasi raddoppiato in un decennio. In prospettiva, sul futuro del settore, peseranno le modalità di uscita del Regno Unito dall’Europa e l’incertezza del nuovo assetto geopolitico mondiale, dove le dinamiche dei mercati saranno sempre più difficili da leggere e imporranno strategie sempre più complesse, differenziate e flessibili: maggiori rischi, ma anche maggiori opportunità, per chi saprà anticipare le tendenze evolutive, lavorando a un’accurata segmentazione delle politiche commerciali".
“Se l'annata 2018 è stata generosa – sottolinea Riccardo Cotarella, presidente di Assoenologi –, nel 2019 si assiste in molte zone a un’inversione di rotta. Dal punto di vista climatico anche quest'anno la variabilità del meteo si è fatta sentire, in particolare a maggio, con un abbassamento delle temperature accompagnato da abbondati precipitazioni, che hanno determinato un rallentamento del ciclo vegetativo della vite. Si rileva un generale ritardo della maturazione di circa 10/15 giorni, tanto da far rientrare l'epoca di vendemmia in periodi più legati alla tradizione, dopo gli innumerevoli anticipi registrati. Quest’anno sono da evidenziare comunque evidenti difformità di maturazione anche all’interno di uno stesso appezzamento, conseguenza dell’ormai consolidata variabilità metereologica e di uno spostamento climatico da temperato a caldo arido, con precipitazioni irregolari e di carattere temporalesco, che determinano l'irregolarità del ciclo vegetativo”.
L’abbondante produzione italiana del 2018 ha avuto effetti negativi sulle quotazioni dei vini (-13% rispetto al 2017) e a subire maggiormente la riduzione dei listini sono stati i vini comuni, più esposti alle dinamiche dell’offerta internazionale e alla concorrenza di altri Paesi produttori, in particolare della Spagna. Nel complesso, il mercato dei vini comuni nella campagna 2018/2019 ha subito ribassi consistenti, registrando un -27%, maturato da un -34% dei bianchi e da un -21% dei rossi.
Per i vini a denominazione (Doc e Docg), come detto, la riduzione è stata più contenuta (-6%), dimostrando che i vini di qualità hanno mercati più consolidati e meno esposti alla concorrenza dei competitor.
Il mercato estero sembra avere iniziato il 2019 positivamente e, nei primi 5 mesi dell’anno, le esportazioni italiane si attestano sugli 8,6 milioni di ettolitri a volume (+11% rispetto agli stessi mesi del 2018), a fronte di una progressione del valore che ha raggiunto i 2,5 miliardi di euro (+5,5%). Se i dati dei mesi successivi dovessero confermare questa tendenza, a fine anno potrebbero essere sfiorati i 22 milioni di ettolitri per un indotto che potrebbe raggiungere 6,5 miliardi di euro.
Per quanto riguarda l’export si registra una progressione più marcata verso i Paesi Ue (+14% in volume e +6% in valore), rispetto a quella verso i Paesi terzi (+6% e +5%). Una dinamica correlata al mix di prodotto e al valore medio: l’incremento maggiore si evidenzia per i vini comuni (2 milioni di hl con un +19% in valore, però con una lieve flessione degli introiti) che hanno avuto come destinazione, in particolare gli sfusi, i mercati comunitari, con la Germania in testa. Continua, poi, la crescita degli spumanti (+8% sia in volume che in valore), con il Prosecco che cresce oltre il 20% in volume e in valore, e l’Asti che mostra difficoltà a mantenere quote. I mercati oltre confine rappresentano uno stimolo fondamentale per il settore, che vede provenire dall'export quasi la metà del suo fatturato.
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