di Luca Salomone

Come ogni anno Confcommercio torna ad affrontare il grave tema dell’illegalità, dedicando, per l’undicesima volta, una giornata al problema con l’iniziativa ‘Legalità ci piace’. Il 29 maggio, a Roma, sono stati presentati dati allarmanti, raccolti dall’ufficio studi dell’associazione.

Nel 2023 l’illegalità è costata, alle imprese distributive e ai pubblici esercizi, 38,6 miliardi di euro e ha messo a rischio 268 mila posti di lavoro regolari.

In particolare, l'abusivismo commerciale ha un prezzo di 10,4 miliardi di euro, l'abusivismo nella ristorazione pesa per 7,5 miliardi, la contraffazione per 4,8, il taccheggio per 5,2.

Gli altri costi (ferimenti, assicurazioni, spese difensive) ammontano a 6,9 miliardi, mentre la cyber criminalità pesa per 3,8 miliardi.

Le preoccupazioni degli imprenditori

Secondo la nuova puntata dell’indagine, realizzata, come al solito, in collaborazione con Format Research, l’usura resta il fenomeno percepito in maggiore aumento dagli imprenditori del terziario (24,4% delle risposte), seguita da furti (23,5%), aggressioni e violenze (21,3%), atti di vandalismo (21,1%).

Più di un’azienda su tre teme di essere esposta a fenomeni pericolosi. A preoccupare maggiormente sono i furti, che minacciano la sicurezza del personale e dell’impresa (per il 30,4%).

Il 22,2% degli imprenditori paventa fortemente il rischio di esposizione a usura e racket. Un timore che è più elevato al Sud (25,6%).

Di fronte all’usura e al racket il 62,1% reputa che si dovrebbe sporgere denuncia, mentre il 27,1% dichiara che non saprebbe cosa fare.

Oltre sei imprese su dieci (il 62,8%) si ritengono penalizzate dall’abusivismo e dalla contraffazione. Concorrenza sleale (per il 59,9%) e riduzione dei ricavi (per il 29,1%) sono gli effetti più pesanti.

Un consumatore su quattro (il 24,2%) ha acquistato, durante l’anno, un prodotto falsificato, o un servizio illegale.

Di questi, la maggior parte (il 70,6%) ha utilizzato il canale online e circa la metà (il 45,6%) ha impiegato Internet in modo esclusivo per fare shopping. Capi di abbigliamento (64,1%), pelletteria (32,4%) e calzature (31%) restano i prodotti falsi più comuni.

Secondo Format-Confcommercio il fenomeno è tanto più grave in quanto la maggior parte dell’intrattenimento (86,4% dell’aggregato musica, film, abbonamenti tv), dei prodotti di elettronica (65,9%), dei profumi e cosmetici (59,5%) e dei parafarmaci (58,6%) passa proprio dalla spesa online.

A molti piace falso

L'acquisto di prodotti o servizi illegali è soprattutto collegato a ragioni economiche. Il 71,3% dei consumatori pensa di fare un buon affare, risparmiando, un comportamento che è ritenuto normale e utile specialmente per chi si trova in difficoltà economiche (74,4% dei consensi), anche se chi afferma questo si dice informato sul rischio di incorrere in sanzioni amministrative (65,5%).

E tuttavia, con una certa contraddizione, il 66,4% dei consumatori ritiene che sui canali di vendita online sia più facile cadere nella trappola dell’acquisto inconsapevole di articoli contraffatti, mentre al 21,5% degli intervistati è capitato di comprare online articoli imitativi, credendo che fossero originali.

Osserva il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli: «Questa giornata di Confcommercio è fatta, soprattutto, per respingere la solitudine degli imprenditori di fronte a fenomeni che possono sembrare più grandi di loro e che li coinvolgono fin nel più piccolo aspetto della loro esistenza. Quest’anno ci siamo dedicati, prevalentemente, a due grandi tipologie di reato. Da una parte usura, estorsioni, rapine, reati violenti, che gli imprenditori subiscono e temono apertamente, anche se, in alcuni casi, per paura, faticano a denunciare. Dall’altra parte ci sono, invece, contraffazione e abusivismo, che potremmo definire reati “bianchi”, perché hanno un percepito di minore violenza e sono dovuti, in modo più o meno consapevole, alle scelte dei consumatori.

Eppure – continua Sangalli - «queste due tipologie di reato, che a prima vista sembrano distanti, hanno in comune molto più di quanto si possa ritenere. Simili atti costano tantissimo alla nostra economia e alla sua potenzialità di crescita. E sia i reati violenti, sia quelli che ho definito “bianchi” alimentano, e sono alimentati, in ugual misura, da un allentamento del “patto sociale” e da un parallelo avanzare della criminalità organizzata. Dietro ai prodotti contraffatti e all’abusivismo di frequente, per non dire quasi sempre, c’è infatti il racket. Quindi, se sul pubblico fanno più notizia estorsioni e rapine e agli imprenditori fanno più paura i furti (lo dicono i dati), in realtà contraffazione e abusivismo non sono meno dannosi. Tutti questi reati, nessuno escluso, alimentano l’insicurezza e deteriorano il nostro vivere insieme».

Aggiunge la vicepresidente di Confcommercio, Patrizia Di Dio: «I dati che emergono suscitano una preoccupazione crescente. Nelle città siamo tornati ai valori pre covid e il fenomeno concerne ormai nuclei urbani grandi e piccoli».