L'export balza a 650 miliardi. Ci aspettano tre anni di crescita
L'export balza a 650 miliardi. Ci aspettano tre anni di crescita
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di Luca Salomone
Le esportazioni continueranno a essere, specie per alcuni settori - come l’alimentare, i macchinari, l’automotive e il tessile -, il vero motore dell’economia italiana.
Ma si apriranno anche nuove opportunità in comparti meno classici.
Lo afferma Sace nell’ultima puntata del suo studio annuale sulle vendite oltre confine, intitolata ‘Doing export report 2024’.
I flussi verso i Paesi stranieri aumenteranno, quest’anno, per proseguire a un ritmo sostenuto fino al 2027, tornando alle dinamiche pre-pandemiche.
A contribuire saranno, tra i molti fattori, il ripiegamento dell’inflazione e il conseguente e progressivo taglio dei tassi di interesse, con un alleggerimento delle condizioni finanziarie mondiali.
Nuove geografie per il made in Italy
Dopo un 2023 caratterizzato da una relativa e, in parte, fisiologica debolezza degli scambi, il valore delle esportazioni italiane di beni registrerà un +3,7%, un +4,5% nel 2025 e un +4,2% in media nel biennio successivo.
Il valore in euro, nel 2024, supererà i 650 miliardi, mentre nel 2025 raggiungerà 679 miliardi, testimoniando, se ce ne fosse bisogno, che l’Italia è uno dei primi esportatori mondiali.
L’andamento sarà positivo anche per i servizi, con un incremento medio annuo dell’export in valore del 4% nel 2024-2027, grazie anche al continuo sviluppo delle tecnologie digitali più avanzate (in particolare dell’intelligenza artificiale), che faranno da apripista.
A livello geografico le maggiori opportunità arriveranno da nuovi mercati, specie da quelli che Sace indica con la sigla 'Gate' (Growing, ambitious, transforming and emerging), che oggi rappresentano 80 miliardi di euro e che potranno valere 95 miliardi entro la fine del 2027.
Parliamo di un enorme aggregato che comprende l’America latina, il Medio ed Estremo Oriente, alcune aree dell’Africa, ma anche qualche Stato europeo: Brasile, Messico, Colombia, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita, Cina, India, Singapore, Vietnam, Egitto, Marocco, Sudafrica, Turchia, Serbia…
Più intelligenti, anche nel largo consumo
Non è tutto. Come ha spiegato Alessandro Terzulli, economista capo di Sace «il futuro non è domani, è oggi e le imprese possono sviluppare il proprio potenziale sfruttando l’IA e le nuove tecnologie, specie per progredire nei prossimi settori chiave, come la meccanica strumentale applicata all’efficienza, la circolarità applicata e i sistemi e soluzioni a basso impatto carbonico, che oggi vogliono dire 40 miliardi, ma che potranno passare a 50 miliardi già nel 2025»
L’adozione di processi hi-tech, anzi, sta già dettando l’evoluzione e questo è vero anche nel mondo dei beni di consumo, dal food, alla moda e al legno-arredo, che impiegano prodotti e processi nuovi, come, per esempio, la stampa 3D.
Per i beni intermedi i segnali positivi arriveranno quest’anno da cosmetica e farmaceutica, mentre dal 2025, anche dalla chimica in senso stretto.
L’agroalimentare, uno degli elementi di punta delle vendite estere, sarà, ancora una volta, un asso nella manica, grazie all’evoluzione digitale e sostenibile: sensori, dispositivi di irrigazione intelligente, piattaforme di monitoraggio e gestione delle colture sono solo esempi di come le nostre imprese stiano affrontando le sfide di domani.
Italia leader nel 'low carbon'
Un traino di crescita arriverà anche dai progetti di sviluppo nell’ambito della transizione green e digitale, che stimoleranno la domanda di molti beni di investimento.
Il nostro Paese è, poi, tra i leader dell'export di beni ‘Low carbon technology’, ovvero i prodotti che causano meno inquinamento rispetto ai tradizionali, come i pannelli solari e le turbine eoliche.
Il made in Italy verde raggiungerà i 50 miliardi di vendite all’estero entro il 2025, con una salita dell’11,1% nel 2024 e del 13,7% l’anno dopo.
Tecnologie digitali e IA: le imprese che nel tempo hanno investito in questa direzione e adottato processi informatizzati – e continuano ancora oggi a farlo – godono di vantaggi di produttività misurabili e durevoli: +3,1% all’anno per chi ha introdotto l’intelligenza artificiale.
Inoltre, i soggetti che usano strumenti IA possiedono una maggiore grinta esportativa, con un probabilità di quasi il 10% superiore di registrare un aumento delle vendite estere nei prossimi anni, probabilità che raddoppia nel caso delle Pmi.
Infine, le realtà che hanno stanziato un budget sia nelle tecnologie, sia nella formazione, prevedono, per il prossimo anno, aumenti di produzione più diffusi rispetto a quelle che, pur adottando il digitale, non hanno insistito sulla crescita professionale dei propri collaboratori (36% contro 29%).
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