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Gdo: dieci (miliardi) in franchising

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Gdo: dieci (miliardi) in franchising

Gdo: dieci (miliardi) in franchising

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Luca Salomone

di Luca Salomone

Il franchising è un modello di business destinato a crescere, nonostante le crisi economiche.

E infatti, anche nel 2021, il sistema dell’affiliazione ha raggiunto un fatturato di 28,9 miliardi di euro, facendo segnare un +6,7% sul 2020. Sono queste le cifre chiave del “Rapporto Assofranchising Italia 2022”, curato da Nomisma.

Le insegne sono quasi un migliaio

È un aumento importante quello relativo al giro d’affari dei punti vendita, perché, dopo la contrazione avvenuta nel primo e più grave anno di pandemia, tornano ad ampliarsi, di 78 unità, le insegne operative in Italia raggiungendo un totale di 955, contro il precedente dato di 877.

La situazione positiva trova riscontro anche nell’incremento dei punti vendita che, nel 2021 si attestano a 59.849 (+4,7% rispetto al 2020).

La ripresa del mercato, la riapertura di alcuni esercizi chiusi due anni fa, il miglioramento del sentiment dei consumatori, uniti alla voglia di cimentarsi in un’attività imprenditoriale, hanno determinato una crescita di quasi 5 punti, con 10.608 nuovi addetti, che complessivamente sono ora 238.194.

La media per negozio rimane però stabile, attestandosi a 4 persone, a dimostrazione delle forze di compensazione che agiscono nel settore. Se da un lato l’apertura di nuovi punti vendita ha portato una crescita degli organici complessivi, dall’altro realtà già attive hanno portato avanti un’ottimizzazione/razionalizzazione dello staff.

Supermercati al 36 per cento

Tra i settori più dinamici, con una variazione positiva di due punti rispetto al 2020, c’è la Gdo. Questo comparto incide per il 36% sul fatturato complessivo del franchising, con 10.452 milioni di euro, seguito dall’abbigliamento (7.348) e dai servizi (3.944).

Positive anche le previsioni per il 2022: Nomisma rileva, per le vendite dei negozi, una crescita media del 3,6 per cento, trainata dal beauty (+7,5%) e dai casalinghi (+7,3 per cento).

«Il successo di questo modello di sviluppo retail, anche in considerazione degli elementi di tensione attuali, dipenderà sempre più da un’attenta definizione dell’attrattività dei territori e da un’accurata analisi dei bisogni dei consumatori e delle esperienze ricercate, anche mediante l’utilizzo della tecnologia», avverte Luca Dondi, amministratore delegato di Nomisma

In Italia le reti attive sono, come detto, 955, con il Nord Ovest che si attesta in prima posizione per numero di franchisor (353), seguito dal Nord Est (190), dal Centro (189), dal Sud e Isole (193) e dall’estero (30). Per regione campeggia la Lombardia (9.781 punti vendita pari al 16% del totale), seguita dal Lazio (6.562 e 11%) e dalla Sicilia (5.325 pari al 9% del totale).

Nella top 3 dei settori per numero di reti/marchi ci sono i servizi (259), seguiti da abbigliamento (191) e ristorazione (160).

Risorse umane allo specchio

Nel 2021, i franchisee continuano a essere in maggioranza figure maschili, ma la quota, rispetto all’anno precedente, diminuisce di 5 punti percentuali (57% vs 62%).

La presenza delle donne si attesta al 43%, dato in aumento risetto al 2020 e al 2019 e molto superiore rispetto al valore nazionale delle attività produttive a conduzione femminile, pari al 22 per cento.

I settori nei quali le signore superano gli uomini sono abbigliamento e beauty (59% vs 41%) e casa (55% vs 45%). Si tratta di una quota che aumenterà nei prossimi 3 anni, per il 60% degli intervistati.

Considerando la fascia d’età, i franchisee sono, nella maggior parte dei casi, fra i 36 e i 45 anni (59% tra gli uomini e 61% tra le donne). Quasi assente, invece, il profilo dei giovanissimi, tra i 18 e i 24 anni (uomini 2% donne 3%).

Fra le competenze più richieste viene data principalmente importanza alle soft skills: gestione delle relazioni interpersonali (prioritarie per il 35% degli intervistati), competenze di sales management (23%) ed esperienza pregressa nello stesso settore (17 per cento).

Il rapporto Aif-Nomisma ha esplorato, poi, l’utilizzo della tecnologia. Se prima del 2020 il 52% dei soggetti aveva già un proprio e-commerce, con la pandemia altre realtà hanno deciso di inaugurarlo.

Il 13% lo ha attivato proprio fra il 2020 e il 2021. Una scelta premiata dai consumatori, visto che la quota del fatturato online sul totale è cresciuta dal 6,6% del 2020 al 7,5% del 2021.

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