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Futuro rosa per le private label

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Futuro rosa per le private label

Futuro rosa per le private label

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Redazione
«La tendenza verso una spesa dove le marche commerciali sono sempre più presenti è lento ma costante e inarrestabile. Il loro valore e la loro quota continueranno a crescere». Ha esordito così Riccardo Francioni, presidente di Adm, l’associazione che raggruppa le pricipali aziende della distribuzione moderna, nel suo intervento introduttivo al seminario sul “Consumatore di marca commerciale” nell’ambito di Marca - Private Label Conference and Exhibition, la manifestazione fieristica sul mondo delle private label organizzata dall’Ente Fiera di Bologna in collaborazione con le principali catene distributive italiane, giunta alla sua seconda edizione.

L’espansione è sicura
L’incontro, coordinato da Francioni e Gianpiero Lugli, docente universitario di marketing distributivo, prendeva spunto dai risultati di due ricerche (una di Gfk-Iha e l’altra dell’Università di Parma) sul comportamento del consumatore in tema di private label, invitando manager ed esperti della distribuzione a commentarli. Sul fatto che i prodotti a marchio rappresentino una realtà in grande espansione e che il consumatore italiano evidenzi un profilo ormai non dissimile da quello che si ritrova nei paesi europei dove la penetrazione delle private label è maggiore, il parere – dati alla mano - è stato unanime.

Il prezzo non c’entra
Vi sono però elementi di novità che emergono dalle ricerche. «Non è vero – ha precisato Lugli - che chi sceglie i prodotti a marchio d’insegna lo fa per una pura questione di prezzo. Il 70% dei consumatori è motivato da altre ragioni». A dimostrarlo il fatto che il noto blocco dei prezzi delle marche commerciali non ha minimamente influito sulla scelta del punto vendita per quasi la metà dei consumatori.

Premiata la qualità
Altro luogo comune da sfatare: la convenienza dei prodotti a marchio deriva dal differenziale di qualità. «Nella pasta secca di semola, ha confermato Paolo Zani, di GFK-Iha, il 52,7% dei consumatori ritiene che la qualità dei prodotti a marchio d’insegna sia paragonabile a quella delle grandi marche, il 4,3% sostiene essere persino migliore. A dare un giudizio negativo è solo il 12,6%, mentre il restante 30,4% non sa esprimere un parere preciso».

La verità dei numeri
I dati emersi dalle ricerche di Gfk-Iha e dell’Università di Parma sul comportamento d’acquisto del consumatore in rapporto alle marche commerciali non lasciano spazio a dubbi. Le categorie del largo consumo confezionato che presentano private label, nell’ultimo anno, sono aumentate dell’11%. Gli acquirenti in Italia hanno raggiunto il tetto dei 4,5 milioni. Elevato anche il livello di penetrazione nelle famiglie italiane: quasi il 98%. La spesa media annuale di questi prodotti si aggira sui 135 euro (+8,9% sul 2004), con un livello di frequenza d’acquisto attestato a 35 volte annue. Crescente è infine il livello di fedeltà ai prodotti a marchio (+7% rispetto al 2003).
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