Mala tempora currunt. Non possiamo che riprendere la frase usata da Cicerone oltre duemila anni fa in una delle sue orazioni contro Catilina e i suoi congiurati per commentare ciò che si sta registrando nel mondo dei supermercati da quando è scoppiata “la crisi”. Se è vero – come è vero – che i furti e le differenze inventariali nei negozi della grande distribuzione sono in sensibile aumento da alcuni mesi a questa parte non si può certo stare allegri, dal momento che questo è un po’ il termometro del (de)grado etico e morale della nostra società. Le difficoltà economiche in cui si dibattono molti consumatori temiamo infatti rappresentino solo una giustificazione a un gesto – il furto, appunto – che non trova giustificazioni.

A lanciare l’allarme su un fenomeno che da sempre costituisce una spina nel fianco dei retailer di tutto il mondo è l’istituto di ricerca internazionale Centre for Retail Research, autore dell’annuale ricerca “Global Retail Theft Barometer” (Il Barometro mondiale dei furti nel retail). Nel suo nuovo White Paper su “Retail Crime in the Recession” (criminalità nei punti vendita in periodi di recessione), si evidenzia come, parallelamente al rallentamento economico che colpisce le vendite, i rivenditori si trovano ad affrontare anche un notevole incremento di quasi tutti i tipi di furti nei negozi: dal classico taccheggio al furto da parte dei dipendenti, dal furto con scasso alla frode e alle rapine.

In particolare, nei primi due mesi del 2009 - secondo lo studio del CRR - fra i principali retailer di Italia, Germania, Regno Unito e Francia, circa il 40% dei retailer ha riscontrato un aumento dei furti ad opera della clientela quale risultato della recessione rispetto ai sei mesi precedenti (Bamfield, 2009).
 In forte crescita, pare, risultano i furti effettuati da parte di ladri “amatoriali”. Nel solo Regno Unito, i furti nei negozi sono aumentati in modo vertiginoso, toccando punte anche del +22%.

Dopo il progressivo calo dei furti nel retail nell’ultimo quinquennio, questo “ritorno al crimine” preoccupa non poco i distributori, considerato che si è tornati ai livelli di dieci anni fa. Tra l’altro, oltre alla quantità, è aumentata anche la varietà di furti commessi: 
non solo merce costosa che viene rivenduta a ricettatori o privatamente, ma anche prodotti di prima necessità come carne, prodotti per la pulizia della casa, formaggi e tinte per capelli.

Ora, c’è chi potrebbe pensare che il fenomeno sia in qualche modo legato a una riduzione dei budget per la prevenzione delle perdite da parte delle catene distributrici. Ma le cose non stanno così. Il White Paper pubblicato dal Centre for Retail Research esclude infatti che vi sia un rapporto diretto tra i minori investimenti in prevenzione e sicurezza e l'aumento delle perdite causate dalle differenze inventariali.

Il problema, peraltro, non riguarda solo la clientela. Una indagine sui furti commessi dai dipendenti in 392 imprese manifatturiere e di servizi, per citare solo un esempio, indica che il 18% dei retailer ritiene che il furto di denaro contante dalla cassa da parte dei dipendenti sia aumentato rispetto all'anno precedente e quasi un quarto pensa che siano aumentati gli altri reati contro la proprietà da parte dei dipendenti.