“I dati in nostro possesso non autorizzano nessun ottimismo per il prossimo futuro - sostiene Marco Pedroni Presidente di Coop Italia -. Accanto a un piccolo allentamento della 'sfiducia' di imprese e famiglie, restano i dati duri della riduzione del potere di acquisto, della contrazione dell'occupazione, di una distribuzione del reddito sfavorevole per i ceti popolari e per una parte importante delle classi medie. Infatti, nonostante veniamo da anni di flessioni molto elevate la ripresa dei consumi alimentari e non alimentari non ci sarà: la stima Coop il prossimo anno è di un ulteriore -0.5% nel food e -6,1% nel non food su una base 2013 già in significativa contrazione (la proiezione a fine anno è di -1,2% food e -7,5% non food)”.

Questo il commento del massimo dirigente del maggiore gruppo distributivo italiano emerso ieri, durante la presentazione del Rapporto Coop 2013 “Consumi & distribuzione” redatto dall’ Ufficio Studi di Ancc-Coop (Associazione Nazionale Cooperative di Consumatori) con la collaborazione scientifica di Ref. Ricerche e il supporto d’analisi di Nielsen. Il quadro è talmente privo di luci, che sembra non esserci praticamente nulla in fondo al tunnel, oltre a un improbabile “embrassons nous” fra industria e distribuzione o a un ancora più improbabile aiuto del Governo e del sistema bancario.

“Senza un'azione del Governo a sostegno della domanda interna e un forte impegno degli operatori economici più importanti, a partire dalle banche, chiamati a sostenere le famiglie non ci sarà una ripresa significativa del Paese – ha infatti spiegato il Presidente -. Aumentare l'Iva, come realizzare qualsiasi altro provvedimento fiscale non selettivo, sarebbe un errore molto grave. Sostegno alla domanda interna, redistribuzione a favore delle parti deboli, taglio delle spese militari, lotta all'evasione e all'illegalità economica, rilancio delle liberalizzazioni a partire da quelle solo iniziate come per i farmaci e la benzina. Non è certo un caso se gli unici settori lambiti dalla parziale liberalizzazione degli anni passati siano quelli dove i prezzi sono scesi”.

“Negli ultimi anni invece sono i prezzi dell'industria ad essere aumentati (+26,9% dal 2005 al 2013) più di quelli della distribuzione (+20,3%) che ha rinunciato a quota di redditività a favore dei consumatori. Parallelamente però l'industria di marca ha visto contrarsi le proprie vendite (-3% solo negli ultimi 12 mesi) a favore delle marche commerciali e dei primi prezzi. E' indispensabile che l'industria e la distribuzione italiane lavorino insieme per sostenere la ripresa; un contributo utile può venire se entrambe si pongono con più decisione dalla parte della difesa del potere di acquisto delle famiglie; l'industria può ridurre i prezzi e i margini in percentuale, scommettendo su un possibile aumento dei volumi, mentre la distribuzione deve trasferire senza aggravi il valore sui consumatori.

“Il compito della distribuzione moderna è infatti quello di venire incontro a famiglie sempre più in difficoltà assorbendo parte dell’inflazione. Storicamente questo è avvenuto, la grande distribuzione è stata un fattore importante di limitazione dell'aumento dei prezzi e Coop è sempre stata in testa a questo processo; non ci tiriamo indietro nemmeno ora impegnandoci per il 2014 a dimezzare l'inflazione alla vendita rispetto a quella all'acquisto; assistiamo infatti a una richiesta elevata di aumento dei prezzi alimentari da parte dei fornitori, anche a causa di una crescita considerevole dei prezzi delle materie prime come cereali, latticini, petrolio e imballi”.

Il cosiddetto art.62, che definisce i tempi di pagamento della distribuzione verso i fornitori alimentari ha avuto finora conseguenze non coerenti con le intenzioni. La sua applicazione ha trasferito vantaggi finanziari significativi dalla distribuzione alla grande industria alimentare (circa 9 giorni di anticipo pagamenti), mentre per l'industria non c'è evidenza del trasferimento di questo vantaggio verso i propri fornitori, perlopiù produttori agricoli; in sostanza ne ha beneficiato la grande industria, hanno pagato i consumatori e la distribuzione, non hanno avuto vantaggi i produttori agricoli, ha concluso Marco Pedroni, rispondendo indirettamente alle accuse lanciate dall’Agcm durante la sua indagine sulla gdo del 13 agosto (si veda il “Primo piano” di questa settimana).