Sacchetti biodegradabili: l'obbligo piace, ma gli italiani li usano poco e male
Sacchetti biodegradabili: l'obbligo piace, ma gli italiani li usano poco e male
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Più del 92% degli italiani fa la spesa al supermercato con buste riutilizzabili e l’82% di essi valuta positivamente la legge che, a suo tempo, ha sancito il passaggio dai sacchetti di plastica tradizionali a quelli biodegradabili, considerata un passo in avanti del nostro Paese nel rispetto dell’ambiente.
Pari consenso per l’iniziativa di trasformare in biodegradabili i sacchetti del reparto ortofrutta - direttiva europea che interesserà il 2018 -: in questo caso il favore sale all’87% del campione, che ritiene il provvedimento una positiva conclusione del percorso iniziato nel 2011.Tuttavia, come accennato, i nostri connazionali preferiscono portarsi da casa una propria shopping bag (di stoffa o plastica riutilizzabile), più robusta rispetto agli shopper che vengono erogati alla cassa, i quali ottengono un grado di soddifazione contenuto.
A dirlo è la ricerca “Abitudini di spesa degli italiani presso le catene di distribuzione e atteggiamenti nei confronti delle bioplastiche” commissionata da Novamont a Ipsos Public Affairs. Il documento è uno studio integrato composto da una ricerca qualitativa - cui hanno partecipato 40 italiani, compresi soggetti sensibili e informati sulle tematiche ambientali – e una quantitativa, con 1.000 interviste su un campione rappresentativo della popolazione italiana dai 18 ai 65 anni.
Sollecitati sull’argomento, gli italiani si dimostrano sensibili sul tema ambientale con posizioni diverse che hanno portato all’individuazione di 3 segmenti: i cosiddetti “entusiasti” (il 27%), ossia coloro che si sentono chiamati in causa attivamente per portare avanti il tema ambientale e per i quali ogni singolo gesto rappresenta una rivoluzione in grado di cambiare il mondo; gli “istituzionalisti” (il 42%), che pur attuando comportamenti virtuosi nel proprio quotidiano credono che la responsabilità di trovare soluzioni efficaci ai problemi ambientali vada demandata alle istituzioni e, infine, i disillusi (il 31%), che considerano la tematica ambientale una battaglia persa, non prestandovi particolarmente attenzione, specie nei gesti quotidiani.
Una volta finita la spesa i sacchetti di plastica conoscono utilizzi molteplici e non necessariamente appropriati. Tendenzialmente l’abitudine è quella di usarli per il contenitore dei rifiuti umidi, seguito dagli indifferenziati. Accanto però emergono soluzioni piuttosto creative e non del tutto pertinenti, come l’impiego per surgelare i cibi, pratica che, sebbene ridotta, evidenzia un livello di disinformazione considerevole. Ancora più fantasiosi gli utilizzi alternativi dei sacchetti del reparto ortofrutta che, oltre che per i rifiuti indifferenziati o addirittura umidi, vengono adibiti ad attività erronee e dannose quali la conservazione di cibo, compresi gli avanzi in frigorifero, o il surgelamento.
L’adesione nei confronti della normativa che renderà biodegradabili i sacchetti ortofrutta è positiva nell’82% del campione, ma suscita reazioni trasversali e segmentate in relazione al fatto che gli stessi diventino a pagamento. Su quest’ultimo aspetto emerge la presenza di uno zoccolo duro di non propensi anche tra coloro che mostrano maggiore empatia nei confronti delle tematiche ambientali.
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