La cosa è nota e si può anche piangerci sopra, volendo, come hanno fatto alcuni. Ma le colpe dell'esodo, ammesso che fare crescere un’azienda sia una colpa, le colpe, dicevamo, sono tutte nazionali.

In un clima che sembra fare di tutto per punire e ostacolare gli imprenditori, infatti la famiglia Menna, da ieri socio di minoranza di Garofalo, ha fatto uno sforzo a dir poco eroico, rilevando il gruppo – di cui era già azionista - nel 1997, quando si trovava praticamente alle corde, in seguito a una serie di riassetti proprietari, portandola da un giro d’affari consolidato di 30 milioni a più di 134 nel giro di una decina di anni,  e riconducendo il brand nei patri confini, visto che l’antico pastificio, negli anni peggiori, se l’era cavata scommettendo sui mercati esteri, dove oggi ritorna, ma con ben altro spessore e dignità.

Ebro - che l’estate scorsa aveva già rilevato il 25% di Riso Scotti (con opzione ancora da negoziare fino al 40%) e poi Mundi Riso di Vercelli - significa proprio questo: globalizzazione del made in Italy alimentare,  Lo ribadisce una nota della stessa Garofalo dove si legge che è stato  “riconosciuto in Ebro Foods un partner industriale, con un solido background, con cui intraprendere un percorso di crescita sulla base di una visione comune, che prevede - tra l’altro - di mantenere salda l’ identità dell’azienda e del prodotto, che devono i propri tratti distintivi e differenzianti alla dirigenza, alle maestranze, nonché al sito produttivo”. Ergo la struttura manageriale e l’occupazione del pastificio non verranno toccate.

Ma non è finita. Ebro Foods vuole dire importantissime sinergie multinazionali. Garofalo, che controlla anche i marchi Russo di Cicciano (Na) - comprato nel 2012 per appena 1,1 milioni quando già era in liquidazione – e Pasta Santa Lucia di Gragnano, controlla anche Panzani e Lustucru (pasta, conserve vegetali ecc.). E Panzani, creata da Giovanni Panzani nel 1911, oltre a essere leader assoluta in Francia, nella pasta secca e lavorata, estende i propri interessi ai sughi, ai condimenti come il pesto, ai piatti pronti a base di pasta, al cous cous, alle salse etniche, alle zuppe. Il tutto per un fatturato che, secondo gli ultimi dati disponibili (2011) raggiunge i 650 milioni di euro. Ma i puristi storcono il naso, continuando a sostenere, con la spada sguainata, che non si tratta di vera pasta tradizionale... Meglio rischiare di morire in nome del made in Italy?

 

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