Il made in Italy 'bello e ben fatto' ha un potenziale di crescita di 82 miliardi
Il made in Italy 'bello e ben fatto' ha un potenziale di crescita di 82 miliardi
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Il ‘bello e ben fatto’ (Bbf), cioè le eccellenze italiane nella moda, nell’alimentare e nei mobili, ha un margine potenziale di incremento delle esportazioni pari a 82 miliardi di euro.
La valutazione, contenuta nel rapporto 2021 ‘Esportare la dolce vita’ (100 pagine) di Confindustria, Sace e Unicredit, dà la misura delle interessantissime prospettive di mercato del nostro Paese oltre confine, una crescita che sarà ripartita, per oltre tre quarti, nei Paesi avanzati, (62 miliardi di euro) e per la restante parte negli emergenti (20 miliardi di euro).
Il Bbf si dirige oggi, in larga parte, verso le nazioni con le economie industriali più evolute, europee ed extraeuropee, che insieme assorbono circa 114 miliardi di euro di flussi. Ammonta invece a più di 20 miliardi di euro il quantitativo di eccellenze esportato verso i Paesi emergenti che, per il loro dinamismo (sia sul piano demografico che su quello economico), e nonostante il loro peso ancora limitato, offrono margini di crescita relativamente maggiori, a fronte comunque di rischi più elevati.
La rincorsa delle nazioni in sviluppo è legata all’allargamento della classe media benestante, con particolare riguardo per l’Asia, trainata soprattutto dalla Cina con uno stock di oltre 265 milioni di cittadini con redditi e standard di consumo in linea con quelli dei Paesi occidentali. E questo numero potrebbe crescere di altri 70 milioni di unità da qui al 2025.
In India lo stock dei nuovi ricchi resta piuttosto basso, come incidenza sulla popolazione, ma è comunque in forte aumento (quasi 30 milioni in più al 2025). Seguono Thailandia, Vietnam e Malesia, che contano insieme per altri 35 milioni di individui, ascrivibili alla classe media benestante. Altri mercati con una media borghesia alto spendente sono Russia (50 milioni), Brasile (42) e Turchia (30).
“L’Italia – si legge nel rapporto - presidia bene i mercati più dinamici. La prima nazione è, come detto, la Cina con 3,9 miliardi di euro di export aggiuntivo possibile. Nel dettaglio, a fronte di un potenziale totale di 8,6 miliardi, l’export già realizzato è il 60% circa (4,7 miliardi), mentre è ancora sfruttabile, per il ‘bello e ben fatto’ il 40% di crescita. Tra i Paesi emergenti, la Repubblica popolare è quella che offre maggiori margini di miglioramento anche nel medio-lungo termine. Le stime sullo stock attuale della classe media benestante e sull’aumento dei nuovi ricchi al 2025 e 2030, mostrano che i mercati asiatici sono gli assoluti protagonisti tra gli emergenti. La Cina si colloca al primo posto sia per dimensione attuale della classe benestante (265,6 milioni, appunto), sia per la crescita nel prossimo quinquennio (70,2 milioni)”.
“La crisi da Covid-19 ha avuto un effetto propulsivo sulle tendenze in atto, provocando un salto di velocità nelle trasformazioni sociali e, di riflesso, dell’economia. Soprattutto un’ulteriore spinta alla digitalizzazione – ha commentato Barbara Beltrame Giacomello vicepresidente di Confindustria per l’Internazionalizzazione -. La pandemia ha fornito anche impulso ai cambiamenti negli equilibri sullo scacchiere internazionale. La forza e la resistenza della Cina e del suo modello di sviluppo sono emerse in modo definitivo ed inequivocabile: prima ad essere colpita dalla pandemia, è stata l’unica tra le grandi economie mondiali a crescere nel 2020. Ma anche l’Italia ha dimostrato di essere forte. La nostra forza è rappresentata dall’indiscutibile qualità e riconoscibilità dei prodotti. Il made in Italy è vivo e lotta. La sfida – ha concluso - ora è capire come trasformare le nostre imprese: rafforzare i canali di vendita digitale, stabilizzare le relazioni internazionali e preservare e aumentare la riconoscibilità dei nostri prodotti”.
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