Scatta un altro passaggio per il concordato preventivo Ferrarini, una procedura che rischia di non finire mai, visto che è iniziata nel luglio del 2018. Infatti, si riunisce oggi, 18 maggio, la Corte di Cassazione, per stabilire se la procedura dovrà proseguire davanti al Tribunale di Reggio Emilia, o davanti a quello di Bologna.

La richiesta dello spostamento, chiarisce Efa News, è stata avanzata dalla seconda cordata in lizza, formata dai gruppi industriali Bonterre (Grandi Salumifici Italiani) e Opas, con il sostegno di Intesa Sanpaolo e Unicredit.

In una nota Sido Bonfatti, consulente legale dell’azienda ribadisce che “l'importante per Ferrarini è superare questa situazione di stallo, per potere rapidamente procedere alla consultazione dei creditori e poi al lancio di un piano di investimenti: l’attività ha continuato ad andare bene anche durante questo lungo periodo di concordato, ma indubbiamente tutti saranno più sereni e più agili nell’operatività quotidiana, quando la procedura risulterà chiusa e superata".

In questa udienza la Cassazione prenderà atto delle memorie scritte depositate dalle parti. “Probabilmente la decisione non sarà immediata, ma – rassicura il legale - dovrebbe essere assunta nel giro di pochi giorni. Ci sono dubbi sull’interpretazione di una norma della nuova legge fallimentare che riguarda le grandi imprese che fossero già in amministrazione straordinaria, mentre Ferrarini non lo è. Quale che sia il Tribunale davanti al quale il concordato proseguirà, si tratta del concordato aperto sulla seconda proposta di Ferrarini ai creditori, quella che ha migliorato sensibilmente la prima e sulla quale non c’è alcuna proposta concorrente. Ferrarini farà quello che deciderà la Cassazione: fino a oggi ha collaborato in totale sintonia sia con il Tribunale di Reggio Emilia, per la prima proposta, sia con in Tribunale di Bologna, per la seconda”.

La seconda proposta di Ferrarini prevede, con l’omologa, il subentro di Gruppo Pini di Sondrio, re della bresaola e maggiore trasformatore suino italiano, con il sostegno di Amco, finanziaria di mano pubblica. Pini (1,1 miliardi di fatturato) ha assicurato ai creditori chirografari, cioè non privilegiati, una quota di recupero del 33 per cento.

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