Ancc-Coop, Ancd-Conad, Cncc, Confcommercio, Confimprese e Federdistribuzione hanno inviato una nota al Presidente del consiglio, Giuseppe Conte, e al Ministro della Salute, Roberto Speranza, per esprimere la forte preoccupazione di tutto il settore della distribuzione al dettaglio circa l’impatto del regime delle “zone rosse”, anche sulla scorta delle più recenti e stringenti disposizioni contenute nel decreto legge del 5 gennaio, e circa il rischio di ulteriori provvedimenti restrittivi, che colpirebbero nuovamente e pesantemente un comparto già messo in ginocchio dalle chiusure forzate degli ultimi mesi.

Nello scritto le associazioni sottolineano la grave situazione in cui si trova il settore del commercio al dettaglio dei cosiddetti beni “non essenziali”, fortemente penalizzato sia dai severi provvedimenti adottati dall’inizio della pandemia, sia dall’inadeguatezza delle misure di sostegno varate, rispetto alla necessità e all’urgenza di assicurare adeguato ristoro delle perdite subite e dei costi sopportati in ragione dell’emergenza Covid-19.

Le chiusure nei mesi cruciali dello shopping natalizio di novembre e dicembre nelle “zone rosse” e quelle dei negozi situati nei centri commerciali, parchi commerciali, factory outlet e assimilati in tutti i giorni festivi e prefestivi di dicembre, su tutto il territorio nazionale, hanno comportato, complessivamente, perdite quantificabili in circa 15 miliardi di euro, considerando tutti i canali distributivi fisici del commercio al dettaglio.

“Il prolungamento di tali disposizioni anche nel mese di gennaio – si legge - non permetterebbe agli operatori di beneficiare pienamente del periodo dei saldi invernali, con conseguente ulteriore aggravamento delle già precarie condizioni economiche di moltissimi operatori”.

Oltre alla drammatica situazione economica i firmatari ribadiscono, ancora una volta, le condizioni di sicurezza in cui, grazie all’adozione di stringenti protocolli, viene svolta l’attività in tutti gli esercizi commerciali, nonché il concorso al contenimento dei fenomeni di affollamento e di pressione sui trasporti pubblici, che sarebbe assicurato dalla completa apertura dei centri commerciali, nei quali, dalla fine del primo lockdown il 18 maggio scorso, non si sono verificati casi di focolai.

Alla luce di quanto evidenziato, le associazioni chiedono pertanto un approfondimento delle valutazioni sulle condizioni del settore del commercio al dettaglio, sia in riferimento all’accresciuto danno economico e occupazionale che potrebbe derivare da ulteriori chiusure nel mese di gennaio, sia in riferimento all’effettiva efficacia che tali disposizioni potrebbero avere dal punto di vista sanitario.