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Brexit no deal, un prezzo troppo alto per il settore della carne

Brexit no deal, un prezzo troppo alto per il settore della carne
Brexit no deal, un prezzo troppo alto per il settore della carne

Brexit no deal, un prezzo troppo alto per il settore della carne

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Redazione

Con l’avvicinarsi della Brexit, sempre più probabile dopo il voto, il 29 marzo, alla Camera dei Comuni, quali saranno gli scenari di un comparto - quello agricolo britannico - che esporta 2/3 della sua produzione nel vecchio continente, importando dallo stesso quasi il 70% tra frutta, verdura, carne e altri generi alimentari?

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Di questo, e molto altro, si è parlato durante la conferenza ‘Brexit, what’s next?’ organizzata da Ahdb Beef&Lamb, la divisione di Agriculture and horticulture development board, ente britannico non governativo per il sostegno e lo sviluppo dell’industria agroalimentare, che rappresenta 110.000 allevamenti bovini e ovini nella sola Inghilterra.

“Da quando il 51,8% dei cittadini britannici si è espresso per il leave il 23 giugno 2016, ci siamo interrogati molto sul potenziale impatto che il commercio di prodotti agricoli avrebbe potuto subire a breve e a lungo termine - commenta Jeff Martin, responsabile Ahdb Beef&Lamb per il mercato italiano. Il comparto bovino e ovino, che noi rappresentiamo insieme a quello dell’orticoltura, sono in particolare i settori che potenzialmente potrebbero essere più colpiti da una Brexit senza accordo”.

Le carni hanno sempre rappresentato una parte importante del commercio fra l’Europa e i Paesi d’Oltremanica in entrambe le ‘direzioni’: l’UK è un mercato di sbocco importante per gli allevatori europei, così come un grande allevatore di bestiame. Basti pensare che nel 2015 il Regno Unito è stato il terzo più grande produttore bovino e il primo produttore ovino di tutta Europa.

Fra il 2013 e il 2017 l’Inghilterra ha esportato una media di oltre 84.000 tonnellate all’anno di bovino fresco, pari a un valore medio di 373 milioni di sterline. Durante questo periodo l’export verso l’UE ha rappresentato costantemente l’82% del totale.

Nel mercato ovino, nello stesso quinquennio, la media dell’export è stata di quasi 100.000 tonnellate annue, pari a un valore di 392 milioni di sterline ogni 12 mesi.
Ancora una volta l’Europa è stata la principale destinazione con una media dell’89% delle esportazioni britanniche complessive.

“Dati i numeri così importanti, la prospettiva del no-deal non è mai stata ignorata in Ahdb - prosegue Martin -. Da subito abbiamo lavorato per aumentare la consapevolezza del potenziale impatto che lo scenario peggiore potrebbe avere sui nostri comparti beef e lamb”.

Se sulle carni di provenienza britannica venissero applicati i dazi doganali di un Paese terzo, infatti, le vendite estere subirebbero una battuta d’arresto. Le tariffe applicate potrebbero essere molto alte, tanto quanto il costo del prodotto stesso, se non addirittura di più. Inoltre, aumenterebbero anche i controlli veterinari, alle dogane e i costi di trasporto. Questo ridurrebbe la competitività delle carni made in UK. Non da ultimo, una hard Brexit porterebbe alla perdita di 32.000 posti di lavoro.

Anche sul fronte delle importazioni gli scenari cambierebbero radicalmente, impattando in modo significativo su tutti i mercati europei, sia in volume che in valore.
La Gran Bretagna è un grande mercato per i 27: l’Irlanda, principalmente per le carni di manzo, e la Danimarca, per la carne suina, sarebbero i paesi più penalizzati. E anche l’Italia figura fra i 5 top esportatori di carne bovina in UK.

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