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Bernardo Caprotti scende dal ring?
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Bernardo Caprotti scende dal ring?
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Mister Esselunga va in pensione ad “appena” 88 anni compiuti il 7 ottobre. Ma c’è da crederci? O è come quando annunciò, non è passato molto, di volere lasciare la guida strategia della sua Esselunga, per continuare a svolgere un ruolo soltanto operativo, concentrato sullo stretto contatto con il “software”, ossia i prodotti, il personale, l’arredo dei punti di vendita, un po’ come ha fatto Bill Gates, pago di tornare a fare semplicemente il programmatore capo?
Gli elementi raccolti dal Corsera paiono davvero inconfutabili. Intanto il comandante ha firmato una lettera per i suoi collaboratori più stretti nella quale cede, dal 23 dicembre, firma, deleghe operative, compensi. Insomma non sarà più un dipendente Esselunga, anche se sicuramente sarà il pensionato più illustre. Meglio pagato verosimilmente no. Caprotti è un giusto e non fa sconti facili, nemmeno a se stesso.
«Dopo molti mesi di assenza - scrive nella lettera riportata dal Corriere - a seguito dell’infortunio occorsomi il 28 aprile, ho deciso da tempo di terminare, col 23 dicembre, la mia attività come lavoratore dipendente. Lascerò deleghe, poteri, compensi. Forse mi sentirò più leggero”.
«A Dio piacendo ci sarò e forse sarò anche più libero di fare quello che mi era sempre piaciuto: di andare per negozi e cantieri... Di non essere più subissato da montagne di carte e pratiche che mi imprigionano e mi impediscono. Forse ci vedremo di più e più liberamente». Eccola la zampata del leone, anche se questa volta a parlare sembra un Caprotti più stanco, demoralizzato, forse amareggiato, che confessa di non reggere più a ritmi di lavoro tanto incalzanti.
E poi c’è il suo testamento, supersegreto nei contenuti, custodito dal notaio Carlo Marchetti, in cui si assegna a ciascuno dei suoi figli, o comunque alle persone più vicine, il giusto posto, almeno secondo il suo punto di vista, dal momento che i recenti scontri legali all’interno della famiglia hanno dimostrato che il suo punto di vista non è per nulla condiviso da chi gli è vicinissimo per motivi di sangue.
Eppure, come documentavano ieri i giornali, l’imprenditore milanese non è certo un avaro: anzi ha elargito in 10 anni 80 milioni di euro a parenti, affini, amici, tramite atti di donazione registrati e prelevati dal suo stesso patrimonio personale.
Può un uomo che ha lottato contro mille cambiamenti politici ed economici, contro colossi come Coop, contro le amministrazioni comunali che non lo volevano, contro coloro che gli davano sempre torto, quando lui aveva praticamente sempre ragione (o quasi) in fatto di business, essersi lasciato piegare dalle delusioni familiari? Può, specialmente se sopra ci si mettono gli anni.
Ma con Caprotti non si sa mai. Domani potrebbe anche cambiare idea e noi scriveremo volentieri una nuova notizia del giorno in cui annunciare il ritorno sul ring di un vero campione, imbattuto e imbattibile.
Gli elementi raccolti dal Corsera paiono davvero inconfutabili. Intanto il comandante ha firmato una lettera per i suoi collaboratori più stretti nella quale cede, dal 23 dicembre, firma, deleghe operative, compensi. Insomma non sarà più un dipendente Esselunga, anche se sicuramente sarà il pensionato più illustre. Meglio pagato verosimilmente no. Caprotti è un giusto e non fa sconti facili, nemmeno a se stesso.
«Dopo molti mesi di assenza - scrive nella lettera riportata dal Corriere - a seguito dell’infortunio occorsomi il 28 aprile, ho deciso da tempo di terminare, col 23 dicembre, la mia attività come lavoratore dipendente. Lascerò deleghe, poteri, compensi. Forse mi sentirò più leggero”.
«A Dio piacendo ci sarò e forse sarò anche più libero di fare quello che mi era sempre piaciuto: di andare per negozi e cantieri... Di non essere più subissato da montagne di carte e pratiche che mi imprigionano e mi impediscono. Forse ci vedremo di più e più liberamente». Eccola la zampata del leone, anche se questa volta a parlare sembra un Caprotti più stanco, demoralizzato, forse amareggiato, che confessa di non reggere più a ritmi di lavoro tanto incalzanti.
E poi c’è il suo testamento, supersegreto nei contenuti, custodito dal notaio Carlo Marchetti, in cui si assegna a ciascuno dei suoi figli, o comunque alle persone più vicine, il giusto posto, almeno secondo il suo punto di vista, dal momento che i recenti scontri legali all’interno della famiglia hanno dimostrato che il suo punto di vista non è per nulla condiviso da chi gli è vicinissimo per motivi di sangue.
Eppure, come documentavano ieri i giornali, l’imprenditore milanese non è certo un avaro: anzi ha elargito in 10 anni 80 milioni di euro a parenti, affini, amici, tramite atti di donazione registrati e prelevati dal suo stesso patrimonio personale.
Può un uomo che ha lottato contro mille cambiamenti politici ed economici, contro colossi come Coop, contro le amministrazioni comunali che non lo volevano, contro coloro che gli davano sempre torto, quando lui aveva praticamente sempre ragione (o quasi) in fatto di business, essersi lasciato piegare dalle delusioni familiari? Può, specialmente se sopra ci si mettono gli anni.
Ma con Caprotti non si sa mai. Domani potrebbe anche cambiare idea e noi scriveremo volentieri una nuova notizia del giorno in cui annunciare il ritorno sul ring di un vero campione, imbattuto e imbattibile.
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