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Ibc, d’Este: meno inflazione solo nel 2024. Tasca: più attenzione al cliente

Ibc, d’Este: meno inflazione solo nel 2024. Tasca: più attenzione al cliente
Ibc, d’Este: meno inflazione solo nel 2024. Tasca: più attenzione al cliente

Ibc, d’Este: meno inflazione solo nel 2024. Tasca: più attenzione al cliente

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Emanuele Scarci

di Emanuele Scarci

Quale evoluzione avranno i prezzi nel 2023 e quali effetti produrranno? “L’inflazione mostra segni di rallentamento grazie all’attenuazione delle tensioni sui beni energetici, ma il contesto politico, sociale ed economico resta instabile.

Dato il quadro attuale, le nostre analisi dicono che le tensioni sui prezzi potrebbero allentarsi nel 2024, ma non si attesteranno sulle soglie del 2 o del 3% cui eravamo abituati” ha risposto Alessandro d’Este, presidente di Ibc, l’associazione delle industrie dei beni di consumo, nel corso del convegno milanese dal titolo “La filiera dei beni di consumo nell’era dell’incertezza”.

Ibc riunisce 33mila imprese che generano un giro d’affari stimato in 100 miliardi di euro nei settori alimentare, bevande, prodotti per la cura dell’ambiente domestico e della persona.

La criticità della situazione attuale la descrive Nielsen: nel primo bimestre 2023, in seguito alla forte crescita dei costi di produzione cumulati nel 2022, i prezzi sono saliti determinando una crescita del 9,6% delle vendite a valore, cui però si contrappone un calo del 5% dei volumi venduti. In sostanza le famiglie riducono la quantità di prodotti per risparmiare. “È un quadro d’insieme straordinariamente complesso - ha aggiunto d’Este - in cui l’industria è impegnata nel salvaguardare la redditività, nel difendere i livelli occupazionali e nel garantire al consumatore il miglior rapporto qualità prezzo”.

Sul versante macroeconomico, Ibc ritiene che le autorità finanziarie europee dovrebbe valutare con estrema attenzione gli effetti sulle famiglie e sulle imprese indotte da politiche monetarie recessive. Considera inoltre prioritarie politiche industriali con cui favorire l’incremento della produttività, l’accesso al credito, l’export, gli investimenti per la crescita dimensionale delle imprese e il sostegno alle transizioni sostenibile e digitale. “Sono i fattori strategici per rafforzare l’industria italiana dei beni di largo consumo - ha concluso d’Este -. Il punto d’arrivo è il miglioramento dell’efficienza della filiera, indispensabile per garantire la competitività sul mercato interno ed internazionale”.

Retailer, occhio alla domanda

Diverso il punto di vista della distribuzione. Maniele Tasca, direttore generale di Selex gruppo commerciale, ha osservato che “se l’industria si lega ai fattori produttivi e non alla domanda diventa un problema. Puntare sulle promozioni per non affrontare il problema del posizionamento del prodotto è sbagliato. Scegliere di collocarsi nel superpremium non è una soluzione e si fa male al consumatore di fascia media. Il calo dei volumi è una spia drammatica: la famiglia si difende anche con più visite sul pdv, comprando meno ortofrutta (si butta via di meno) e facendo meno dispensa”.

Tasca si è poi soffermato sulle politiche governative di supporto alle famiglie. “Piuttosto che il taglio dell’Iva sui prodotti di base, che andrebbe bene qualora ci fosse spazio fiscale - ha detto il top manager – il Governo dovrebbe aiutare di più le famiglie giovani, monoreddito e tagliare il cuneo fiscale alle fasce di reddito più basse”. Infine un appello per gestire con più pragmatismo l’immigrazione. “Per aprire alcuni pdv in certi territori - ha detto Tasca - non riusciamo a trovare addetti alla logistica piuttosto che banconisti e altre figure professionali. E non c’è molta propensione a lavorare il sabato e la domenica”.

La febbre

Qual è oggi, sul campo, la febbre dei prezzi dell'industria di marca? "Da novembre a febbraio - ha risposto, a margine del convegno, Tasca - quasi tutte le imprese contrattualizzate hanno presentato nuovi listini. Stiamo negoziando. La nostra visione è che nei prossimi mesi l'inflazione si stabilizzerà e, in alcuni comparti, calerà, ma serve la collaborazione di tutti. Noi abbiamo segnali nei freschissimi, per esempio nei latticini o nei rapporti con i copacker/marca del distributore, che gli aumenti possano fermarsi e, in certi casi, anche invertire trend. Con l'industria di marca bisogna capire quale orientamento avranno in campo commerciale. Ripeto: interpretare i prossimi mesi con un incremento delle promozioni e non con un riposizionamento strutturale credo sia sbagliato. Può dare risultati nel breve, ma non risolve il problema del riposizionamento di alcuni prodotti che rischiano di uscire dai parametri del largo consumo".

Quali i rischi di quest'ultimo fenomeno? "Diventare troppo premium significa anche creare cali di vendite del 15%. E aprire spazi di crescita ai discount, fatto negativo per la qualità, il made in Italy e il valore complessivo del mercato" ha concluso Tasca.



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