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Gruppo VéGé chiede al Governo un ritorno alle regole stabilite dal Decreto Salvaitalia

Gruppo VéGé chiede al Governo un ritorno alle regole stabilite dal Decreto Salvaitalia
Gruppo VéGé chiede al Governo un ritorno alle regole stabilite dal Decreto Salvaitalia

Gruppo VéGé chiede al Governo un ritorno alle regole stabilite dal Decreto Salvaitalia

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Redazione

L’uscita da uno stato d’eccezione è, in questo momento, la priorità sia per i cittadini sia per il Paese: ecco perché Gruppo VéGé chiede al Governo un ritorno alle regole stabilite dal Decreto Salvaitalia (liberalizzazione degli orari di apertura/chiusura) e, all’interno delle Regioni, apertura completa dei confini comunali per l’approvvigionamento di generi alimentari.

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Come Amministratore Delegato di Gruppo VéGé, che rappresenta oltre 3.500 supermercati in tutta Italia, credo sia giusto far presente al Governo che occorre uscire dallo stato d’eccezione in cui abbiamo vissuto nelle ultime settimane e ripristinare a livello nazionale, compatibilmente con alcune regole essenziali per la salvaguardia della salute, le regole generali del commercio al dettaglio secondo le modalità stabilite dal Decreto Salvaitalia introdotto dal Governo Monti che permetteva la deregulation degli orari delle attività commerciali. Ad ogni gruppo della distribuzione moderna deve essere garantita la libertà di stabilire gli orari di apertura e chiusura dei punti di vendita, senza interferenze da parte delle Regioni.
È infatti impossibile gestire una rete vendita nazionale con ogni Regione che detta le proprie regole.

Gli stessi cittadini, inoltre, devono avere la possibilità di scegliere dove recarsi a fare la spesa, permettendo liberi spostamenti, ovviamente all’interno della Regione, anche in comuni diversi da quello in cui si ha la residenza.
In questo modo il nucleo familiare, in base alle proprie esigenze, potrà valutare l’accessibilità del punto di vendita, la garanzia della disponibilità di prodotti e soprattutto la sicurezza che le ampie superfici di vendita permettono, a differenza di piccole strutture di vicinato che non riuscirebbero a garantirle in egual misura, per oggettive questioni strutturali. Ricordo, infatti, che la densità distributiva dei punti di vendita alimentari è diversa da quella abitativa della popolazione: può quindi capitare che superfici di vendita di dimensioni più elevate siano maggiormente in periferia, con ampia disponibilità di prodotti, ma con uno scarso afflusso di clienti perché inibiti da possibili procedimenti sanzionatori. Al contrario, nei punti vendita di dimensioni inferiori, situati nei centri cittadini e spesso in aree “storiche”, si rischia di assistere a code che diventerebbero di fatto “assembramenti”, e quindi in contrasto con le regole essenziali per tutelare la salute dei cittadini.

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