di Emanuele Scarci

L’aumento dei prezzi mette al tappeto Esselunga: l’utile del primo semestre 2022 è quasi azzerato e le vendite sono calate dello 0,2%. La strategia tagliaprezzi si è trasformata in un boomerang: ha limitato le perdite di volumi ma ha impedito la difesa dei margini.

In dettaglio, nel semestre il gruppo Esselunga ha realizzato vendite per 4,322 miliardi, -0,2% rispetto all’analogo semestre 2021 che segnò +6,7% (con 6 nuovi pdv). L’Ebitda si è dimezzato a 214,6 milioni (contro 427,1 milioni), l’utile operativo è sceso a 30,7 milioni (da 241,8 milioni) e l’utile netto a 2,7 milioni (da 221,1 milioni).

Esselunga non è più la macchina da soldi di sempre? Sul crollo della redditività hanno inciso la crisi del superstore e gli investimenti per i pdv di vicinato? Probabilmente lo capiremo col tempo. Per ora gli amministratori giustificano il crollo della redditività principalmente con la campagna tagliaprezzi dal claim “Il carovita sale, noi abbassiamo i prezzi”, avviata l’11 novembre 2021 e conclusa il 30 aprile 2022.
Al vertice del gigante milanese c’è Marina Caprotti, presidente e ad, mentre dg è Gabriele Villa, uno dei Caprotti boys, da 38 anni in azienda.

Alzare l’asticella
In effetti, si trattava di una campagna coraggiosa, nata con l’intento legittimo di mettere alle corde i concorrenti: su oltre 1.500 articoli, Esselunga annunciò di ridurre i prezzi tra il 6 e l’8%.
Poi l’impennata dei prezzi del gas, dell’elettricità e dei combustibili hanno ulteriormente compresso la redditività del semestre.
Secondo l’azienda lombarda, i prezzi a scaffale hanno registrato un incremento medio dell’1,7% a fronte di un’inflazione media del 7,4% dai fornitori, quindi sarebbe rimasto in pancia al retailer il 5,7% dell’aumento dei prezzi.

Sempre nel semestre, gli investimenti sono stati circa 116 milioni. In particolare, sono stati inaugurati i pdv di Fino Mornasco a febbraio, di Torino Porta Nuova e laEsse Largo Augusto a Milano in giugno.

Debito in bilico?

Sul versante finanziario, se non si tornasse alla redditività tradizionale del gruppo di Bernardo Caprotti, si complicherebbe non di poco la gestione del maxi debito: nel 2020, Giuliana Albera e la figlia Marina Caprotti rilevarono, per 1,83 miliardi, il 30% di Esselunga in portafoglio a Giuseppe e Violetta Caprotti.
Allo scorso giugno, la posizione finanziaria netta del gruppo Esselunga è negativa per 2,34 miliardi, in peggioramento di 630 milioni rispetto allo scorso dicembre, soprattutto per l’acquisto del 32,5% dell’immobiliare La Villata (detiene oltre 80 immobili utilizzati) dalle mani di UniCredit per 444,2 milioni.

Due anni fa, le agenzie internazionali Moody’s e Standard & Poor’s declassarono le obbligazioni di Esselunga a junk bond (titoli spazzatura), escludendole dall’area degli investimenti consigliati. Un giudizio allora molto severo e affrettato per una società cash cow.

Infine, il piano economico-finanziario, stilato in occasione del merger della famiglia Caprotti, prevede che nel 2027 Esselunga registri ricavi per 9,5 miliardi, un Ebitda di 749 milioni e un utile di 236 milioni.