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Cichetti (Consorzio del Prosciutto di San Daniele): aumenti inevitabili ma il calo delle vendite non si vede

Cichetti (Consorzio del Prosciutto di San Daniele): aumenti inevitabili ma il calo delle vendite non si vede
Cichetti (Consorzio del Prosciutto di San Daniele): aumenti inevitabili ma il calo delle vendite non si vede

Cichetti (Consorzio del Prosciutto di San Daniele): aumenti inevitabili ma il calo delle vendite non si vede

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Emanuele Scarci

di Emanuele Scarci

In arrivo aumenti di prezzo per il prosciutto crudo sugli scaffali della distribuzione moderna, anche per la risalita dei prezzi dei suini da macello; questo però non è certo che si trasformi in un calo degli acquisti: è il punto di vista di Mario Cichetti, direttore generale del Consorzio del Prosciutto di San Daniele che si è appena costituto parte civile nel processo per i falsi prosciutti Dop.

Imputati 25 soggetti fra allevatori, imprenditori e aziende. Per il danno d’immagine e reputazionale il Consorzio chiede 300 mila euro.

Nel 2021 la produzione del Prosciutto di San Daniele è stata di 2,63 milioni di cosce, +3%. Le cosce vendute sono state 2,8 milioni generando un fatturato totale di 350 milioni di euro, +14%. Il 17% è andato all’estero. Alla fine un buon anno per il Prosciutto di San Daniele che ha fatto meglio dei dati medi di vendita del prosciutto crudo rilevati nella Gdo: +5% a valore e +6% a volume. L’anno scorso il rally dei suini pesanti Dop ha trascinato i prezzi da 1,20 euro/kg a 1,70.

Ora però l’incremento pressoché generalizzato dei costi di produzione rischia di interrompere il rilancio del San Daniele.

“Non mi stupisce che ci siano alcuni casi di accaparramento nei supermercati - premette Cichetti - ma credo sia il risultato della psicosi dell’informazione soverchiante sulla guerra. Per quanto ci riguarda, però, non abbiamo segnali.

Che succede nel settore della salumeria?

C’è un’impennata dei costi di materie prime, energia e trasporti che sta travolgendo l’industria, non solo nel nostro settore. E’ una febbre delle quotazioni esagerata e preoccupante. Il movimento sulle materie prime influenza la zootecnia legata all’alimentazione su scala mondiale, quindi le quotazioni di mais e grano che si sono impennate. Forse la situazione è più pesante per il latte che per i suini, ma va monitorata perché l’incertezza sul mercato crea aumenti che si ribaltano su autotrasporto e forniture.

Dopo l’impennata del 2021, le quotazioni dei suini pesanti Dop a inizio anno sono scese, come rilevato da Cun, fino a 1,40 euro/kg di febbraio. Quasi un paradosso.

Dopo le vicende di queste ultime settimane però hanno ripreso a salire: giovedì scorso hanno chiuso tra 1,45 e 1,50. In aumento rispetto alla settimana precedente. Non sono aumenti così rilevanti e immediati, ma sono reazioni di difesa con le quali il mercato si prepara a un periodo di grande incertezza.

Questa è una situazione a cui i consumatori non sono più abituati. Negli ultimi anni c’è stato semmai un problema di deflazione.

Certo. Negli ultimi 10 anni, e forse più, i prezzi al consumo sono rimasti calmierati non perché non ci fosse inflazione, ma quella derivante dalle materie prime è stata sempre assorbita dai produttori. Oggi questi valori vanno modificati, una parte d’inflazione va passata ai consumatori. Il sistema primario non ce la può fare e la trasformazione non se ne può fare interamente carico.

Qual è stata finora la capacità di recepimento degli aumenti della grande distribuzione?

Se ne discute in queste ultime settimane. Finora i prezzi sono cresciuti in misura fisiologica, ma ora è indispensabile scogliere il nodo. Alla distribuzione non può sfuggire quello che è sotto gli occhi di tutti.

Nel primo bimestre del 2022 le vendite totali nella Gdo sono calate “solo” dello 0,6% a rete costante. Crescono lievemente i discount. Tutti però si preparano a un forte calo dei consumi.

Tutte le famiglie sono investite dal caro bollette, trasporti e alimentare. Mi aspetto che su questi 3 settori ci siano dei tagli, sul riscaldamento come sulla spesa. Al momento non riusciamo a dare un forecast del nostro prodotto perché è troppo presto, ma i segnali non sono positivi. C’è però cautela assoluta, non si capisce come finisca.

Il Prosciutto San Daniele, come il Parma, è un prodotto voluttuario. E come tale molto più esposto al taglio dei consumi. E’ vero?

Non sono d’accordo. Il prosciutto crudo Dop è abbastanza inserito nel paniere ordinario. E’ un prodotto alto di gamma e con un prezzo sensibile, anche se ci sono altri salumi che costano altrettanto, per esempio il prosciutto cotto alta qualità. La fascia di prezzo è abbordabile: siamo intorno ai 2,70/3 euro l’etto: una spesa che una famiglia può affrontare. Anche se adesso un aumento è inevitabile.

Il caro salumi potrebbe favorire i prodotti di bassa qualità?

Non lo so. Nel 2021 non è stato così. Tutti i salumi hanno avuto una fase stagnante mentre il prosciutto crudo Dop, come categoria, ha subito un aumento. Oggi vedo i dati di gennaio con un San Daniele che continua a crescere sia a valore che a volume. Mentre il resto della salumeria è già in frenata. Vedremo come si muoveranno i consumatori.

Il Consorzio si è costituito parte civile nel processo sui falsi prosciutti Dop arrivato in dibattimento. Quali le motivazioni?

Lo facciamo a tutela della Dop. Noi siamo parte offesa e ci sono stati comportamenti scorretti che oltre a danneggiare i consumatori hanno arrecato problemi all’immagine del nostro prodotto. C’è stato un danno reputazionale e di comunicazione oltre che materiale, infatti ci sono stati prosciutti smarchiati. Andremo fino in fondo.


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