Cibus, 600 aziende in lista di attesa. Arriva il monitor dei mercati esteri
Cibus, 600 aziende in lista di attesa. Arriva il monitor dei mercati esteri
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di Emanuele
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Cibus scalda i muscoli in attesa di entrare in campo.
La 22esima edizione del Salone internazionale dell’alimentazione (a Parma dal 7 al 10 maggio) schiera oltre 3.000 brand e una lista di attesa di 600 aziende. Attesi 2.000 buyer della Gdo italiana e internazionale (i dati sono di Cibus). Il 2024 sarà inoltre l’anno dei Paesi dell’area Asean, con il ritorno della Cina e di una delegazione dal Giappone.
La biennale
del food, che conta su 120mila mq di superficie espositiva distribuita su 8
padiglioni, offrirà uno spaccato dei principali settori dell’agroalimentare made
in Italy. Lo spazio, collocato all’ingresso
del padiglione 7 (ingresso Ovest), ospiterà l’Innovation corner, la vetrina
espositiva delle novità di prodotto, e la Startup area, nata in collaborazione
con Le Village di Crédit Agricole.
Per la prima volta a Cibus “T-own”, il progetto che presenta le idee e le
iniziative delle aziende per informare i consumatori sulle caratteristiche
sociali, energetiche e nutrizionali dei prodotti.
Tuttofood globale
Nel 2023 l’export di agroalimentare italiano ha accusato un leggero calo dei volumi e un valore di 52 miliardi di euro, +6,6%. Hanno influito l’inflazione a due cifre e l’incertezza degli scenari internazionali che tuttora tiene banco in varie parti del mondo. L'agroalimentare costituisce il 10% delle nostre vendite all'estero e l’Italia è sesta nella classifica mondiale, dietro ai Usa, Brasile, Olanda, Germania e Francia.
Nel corso della presentazione di questa mattina, il ministro dell'agricoltura Francesco Lollobrigida ha sottolineato che «l'export rappresenta un asset primario per l'economia - per questo è fondamentale creare occasioni, in cui incontrarsi e discutere dei nuovi scenari e delle nuove strategie per il settore. Cibus rappresenta un momento per affermare il nostro modello alimentare come riferimento globale».
L'ad di Fiere di Parma, Antonio Cellie, ha detto che purtroppo «non possiamo ospitare tutte le aziende che lo chiedono, ma potremo accoglierle fisicamente l'anno prossimo a Tuttofood, a Milano, il salone per il quale abbiamo un progetto globale capace di ospitare migliaia di aziende e buyer».
Poi sui grandi temi dell’alimentare tricolore, Cellie ha sostenuto che «un Paese che fa la Nutella e il Parmigiano reggiano non può limitarsi a 52 miliardi di export ma deve puntare ad almeno 100 miliardi. Come? Valorizzando le filiere e le competenze distintive e valorizzato tutto quello che sappiamo fare. Quest’anno tornano in campo i buyer asiatici, una grande opportunità. Dovremo far capire loro come lavoriamo, guidarli nei factory tour e nei terroir dove nasce il made in Italy». Infine il top manager ha detto che «i margini di crescita per l’export italiano sono consistenti. I dati sul consumo annuo di made in Italy rivelano che in Danimarca è di 130 euro pro-capite, in Polonia non arriva a 10 euro e in Cina è meno di uno. Negli Stati Uniti è di 20 euro, in Canada arriva a 37 e in Giappone a 8.
Stasi dell’export
Cibus ha realizzato un Osservatorio sul settore food, in collaborazione con il Centro di ricerca per lo sviluppo imprenditoriale dell’università Cattolica del Sacro Cuore. Un monitor per offrire a imprenditori, manager e policy-makers un quadro costantemente aggiornato sull’andamento internazionale del settore food, fornendo indicazioni utili ai fini della ricerca di opportunità di sviluppo commerciale nei mercati esteri attraverso una metodologia comparata e costantemente aggiornata.
In occasione
di Cibus verrà presentato un primo nucleo di dati su Europa, America e Asia. In
autunno arriverà l’analisi dei dati sull’export di 11 Paesi chiave: Italia,
Germania, Spagna, Portogallo, Polonia Belgio, Paesi Bassi, Usa, Cina, Brasile e
Thailandia.
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