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Non “splende” il mercato dei detergenti

Non “splende” il mercato dei detergenti
Non “splende” il mercato dei detergenti

Non “splende” il mercato dei detergenti

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Redazione
A dispetto della sua funzione, il mercato dei detergenti per superfici lavabili non attraversa certo un periodo “splendente”. Colpa, ancora una volta, del protrarsi della crisi economica che ha caratterizzato il contesto macroeconomico nel 2010 e perdura tutt’ora. “Nei primi sei mesi dell'anno – commenta Ugo De Giovanni, Category & Brand Building Home Care Director di Unilever Italia –  il mercato ha continuato a decrescere a valore (-1,3% rispetto l'anno precedente) a fronte di una limitata crescita a volume (+1,2%). Il differenziale fra volume e valore fa capire come il trend deflattivo dei prezzi al consumo sia continuato anche nel corso del 2011, attraverso un maggior ricorso alla leva promozionale”. Fino a giugno, inoltre, il mercato non ha ancora recepito, o lo ha fatto molto limitatamente, il diffuso aumento dei costi delle materie prime che ha fortemente impattato la produzione industriale del settore fra fine 2010 e l’inizio di quest’anno.
Anche quei produttori che lavorano in una nicchia premium di mercato, con prodotti di fascia alta in termini di pricing, segnalano una certa sofferenza, nonostante qualche segnale di ottimismo. “Abbiamo riscontrato grosse difficoltà nel primo trimestre – analizza Lucia Camoirano, direttore commerciale di Use –, confortate in seguito da buoni numeri, che indicavano chiaramente una ripresa di fiducia dei consumatori e un consolidamento delle rotazioni nei vari segmenti”.

Un calo generalizzato
Una situazione questa, ben sintetizzata dai dati di mercato forniti da SymphonyIri relativi all’anno terminante a maggio 2011, che testimoniano un calo sostanzioso del comparto in tutte le sue categorie. I detergenti per le piccole superfici, in particolare, nel complesso hanno subito una diminuzione del 3,8% a volume con circa 123,4 milioni di pezzi venduti, mentre a valore il dato è ancora peggiore, -5,2%, che portano il totale del fatturato a quasi 227,3 milioni di euro. Tutti negativi i diversi segmenti di mercato, che fanno registrare il crollo di gel, liquidi e multisuperfici abrasivi, mentre c’è la sostanziale tenuta degli spray (-0,1% a volume, -2,8% a valore), che rappresentano la fetta più importante del mercato con oltre 83 milioni di unità.
Non se la passa meglio il comparto dei detergenti per larghe superfici, che perde il 3,6% in termini di pezzi venduti, per un totale di circa 85,2 milioni, mentre crolla addirittura del 5,7% il giro d’affari, attestandosi a poco più di 126,5 milioni di euro. Entrambi i dati sul fatturato confermano quanto già affermato in precedenza, vale a dire che la leva promozionale ha avuto un forte impatto su questo settore, così come su tutti gli altri mercati della cura casa.

Lo scaffale è affollato
Un altro fenomeno da porre in evidenza è l’alto tasso di affollamento a scaffale, con numerose marche costrette a battagliare per un posto al sole, situazione che causa inevitabilmente dinamiche competitive verso il basso. “Questo rappresentava un grosso problema anche nel periodo pre-crisi – afferma Cristian Versari, responsabile marketing di Madel  –, ma adesso si è accentuato e di conseguenza sono sempre meno i soldi da investire in promozioni e le energie da mettere sul campo. Inoltre, si assiste inevitabilmente a una contrazione dei margini”. Nel comparto delle piccole superfici, in particolare, i primi tra produttori (Unilever Hpc, Real Chimica e Bolton Manitoba), coprono a valore una quota inferiore al 50% del mercato (48,5%), mentre nel segmento larghe superfici tale quota sale al 60,9%. In questo caso, però, se da un parte Unilever si conferma al primo posto tra i produttori, a seguire si trovano Colgate e Procter&Gamble.
Sostanziale è anche l’incidenza delle private label, che nel mercato della small surface riescono ad attrarre l’8% delle vendite, quota che sale al 10% per quanto riguarda le large surface. Collegato a questo dato, c’è anche un altro interessante trend di consumo, che è tipico dei periodi di crisi economica e di scarsa fiducia dei consumatori, vale a dire il ritorno a prodotti “tradizionali”, a basso valore aggiunto, che possano garantire buone performance a un prezzo basso. “Non è un caso – sottolinea De Giovanni – che parte dei volumi del mercato dei prodotti per la pulizia delle superfici sia andato alle candeggine pure (vendute nel settore del lavaggio tessuti), all’alcool, all’ammoniaca. Questi mercati hanno segnato nella prima parte dell’anno andamenti positivi a volume, comportando però una perdita a valore per l’intero segmento allargato, a fronte della loro minore battuta di cassa”.

Gdo in sofferenza, crescono gli specializzati
A essere in sofferenza, però, non è solo il mercato, ma anche la distribuzione. Tutta la gdo, infatti, è in crisi e sono soprattutto gli ipermercati a subire le maggiori perdite (-4,1% a valore e -2,1% a volume), ma anche i supermercati registrano un calo (-2,1% nel giro d’affari) nonostante una leggera crescita in unità vendute (+1,9%). “Lo shopper, pur rimanendo sensibile alla leva prezzo – spiega De Giovanni – cerca altro e soprattutto le grandi superfici (in parte anche i super) faticano ad adeguarsi: facilità di navigazione degli scaffali, elevati out-of-stock, range di prodotto troppo ampie e talvolta non complete. Finché non si migliorerà e differenzierà il livello di servizio, difficilmente si riuscirà a migliorare radicalmente i risultati in questi canali”.
In tutto questo, come già accennato, il canale che va meglio è quello dei tradizionali e dei punti vendita di piccolissime dimensioni. La crescita, però, è trainata dai cosiddetti specializzati in prodotti home e personal care, che confermano i trend degli anni passati, grazie a un allargamento distributivo e politiche promozionali e assortimentali molto efficaci. “La migrazione dei consumi tra i vari canali è in costante aggiornamento – aggiunge Camoirano –. Possiamo notare come le più importanti insegne della gdo stiano modificando il layout dei propri punti vendita in modo da renderlo più accogliente, quasi a voler assomigliare al negozio di prossimità al quale già da anni ha rubato il consumatore”.
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