Roberto Ravazzoni, 54 anni, è Professore Ordinario di Economia e Gestione delle Imprese presso la Facoltà di Scienze della Comunicazione e dell’Economia dell’Università di Modena e Reggio Emilia, dove insegna “Economia e Gestione delle Imprese Commerciali” e “Analisi strategica per il posizionamento competitivo”. 

Da diversi anni è inoltre Coordinatore di Ricerca presso il Cermes - Centro di Ricerche su Marketing e Servizi dell’Università Bocconi di Milano. Lo abbiamo intervistato per conoscere il suo punto di vista sull'attuale mercato distributivo italiano.



Professore, la situazione economica è davvero così critica?
Il quadro macroeconomico effettivamente continua a evidenziare segni di difficoltà e di malessere. Il Pil quest’anno calerà del 2,2 per cento rispetto al 2011. I consumi si stima fletteranno del 2,8, mentre l’inflazione dovrebbe salire al 3,1.



Come reagiscono i consumatori?
Assistiamo a una profonda revisione della struttura dei bisogni e delle gerarchie di scelta, con consumatori sempre più attenti e “professionali” nei loro acquisti, più infedeli nelle scelte e più camaleontici nei comportamenti d’acquisto.



Colpa anche del dilagare delle promozioni?
Non si tratta solo di questo. I consumatori italiani hanno negli ultimi 20 anni cambiato le loro abitudini e le loro necessità, spendendo meno in prodotti alimentari e di più in altre voci. E’ un dato di fatto, comunque, che un mercato maturo come quello attuale infiamma la guerra tra le marche e aumenta l'intensità promozionale sul prezzo. Intensità che ha raggiunto livelli altissimi, con punte superiori al 30 per cento negli ipermercati, e livelli intorno al 25 e 16 per cento rispettivamente nei supermercati e nei negozi di prossimità. Peraltro con efficacia decrescente.



Come se ne esce, quindi?
Il settore distributivo è strutturalmente competitivo e non può rinunciare a confrontarsi attraverso la leva dei prezzi. Le promozioni però da strumento tattico sono ormai diventate un elemento permanente. Molti distributori continuano a confondere il pricing di breve con quello di lungo periodo ricercando l’affermazione di un’immagine di convenienza con le promo. Che la convenienza sia massificata e mal comunicata sul punto vendita, del resto, è dimostrato dal mix dei mezzi di comunicazione utilizzato dalle strutture della Gdo. Fatto 100 il totale degli investimenti delle varie catene, il volantino si ritaglia il 68 per cento, seguito a distanza siderale (con un’incidenza vicina al 10 per cento ciascuna) da stampa e tv e con valori marginali dagli altri media.



Quale soluzione suggerisce, dunque?
Gli effetti della concorrenza di prezzo, purtroppo, sono in gran parte incontrollabili. La soluzione vera è quella della differenziazione. Per competere sul valore, i distributori dovranno ripensare le logiche del pricing commerciale, definendo i prodotti-formati su cui focalizzare gli sforzi promozionali e utilizzando un pricing più scientifico, guidato dalle informazioni raccolte con le carte fedeltà.



Tutto questo però non risolve il problema della riduzione di marginalità per le imprese distributive…
E’ vero. Per questo è necessario recuperare ancora efficienza operativa e produttività. Occorre soprattutto insistere sulla differenziazione dell’offerta commerciale, ma anche ricercare l’innovazione sui formati, rinforzare la store brand e la strategia di marca-insegna, studiare un nuovo equilibrio tra il pricing di breve (le promo) e quello di lungo periodo; sviluppare infine un piano di marketing del particolare, legato alla massiccia diffusione delle carte-fedeltà.



Quando parla di differenziazione dell’offerta commerciale intende rimettere mano agli assortimenti?
Non solo. Intendo dire che occorre rivedere la configurazione degli assortimenti e procedere ad una revisione complessiva dei formati per ancorarli alla loro location e al territorio di riferimento. Le innovazioni di formato sono indubbiamente più onerose e difficili e meno frequenti, ma i test sui reparti dovrebbero rappresentare un’attività quasi quotidiana. La strategia di razionalizzazione degli assortimenti, del resto, non può essere generalizzata: va ridotto lo spazio per le categorie basiche e valorizzati i prodotti emergenti e le specialità. Tutto questo comunque da solo non basta. Si devono progettare layout e display innovativi e in grado di facilitare la lettura dell’assortimento. In altre parole, l'assortimento è un elemento centrale nella ricerca di distintività dell'offerta ma gli elementi di differenziazione vengono riconosciuti dal consumatore solo se ben comunicati all’interno del punto vendita. La chiave del successo, insomma, sarà sempre più legata al modo di vendere e all’atmosfera nella quale i prodotti vengono proposti e venduti.



Come vede il futuro dei negozi di prossimità?
La prossimità ha una grande opportunità di rinascita e di riposizionamento in chiave moderna. E’ indubbia la crisi dell’ipermercato di attrazione extra-urbano, così come è evidente la maggiore tenuta dei format orientati al servizio rispetto a
quelli orientati al prezzo. Ritengo che le aziende potrebbero essere più attente a investire sulla visibilità dei loro prodotti sul pdv. L’Instore Marketing, infatti, grazie alla presentazione del prodotto svolta in maniera premiante al potenziale consumatore e direttamente all’interno del luogo d’acquisto, sviluppa una forte interazione con il Cliente finale e trova il suo punto di forza nel mix tra comunicazione e promozione.


Stefania Lorusso