di Armando Brescia e Maria Teresa Giannini

Tra le principali imprese del settore lattiero-caseario italiano, Sabelli produce mozzarelle, scamorze, ricotte, stracciatelle e burrate dal 1921, dapprima a Bojano (Cb) e poi, 50 anni dopo, ad Ascoli Piceno. Forte di una continua diversificazione dei prodotti e di una politica di m&a che l’ha portata ad acquisire dal ’99 al 2018 la Sa.Ca, la O’Hara, la Trevisanalat, la Ekolat e il Caseificio Val d’Aveto, l’azienda è cresciuta costantemente, registrando, anche nel 2023, un fatturato a 9 cifre. Nel tempo ha allargato il suo assortimento, ha cominciato a produrre anche in conto terzi e si è lanciata nella “colonizzazione” di mercati stranieri, per lo più europei, con risultati importanti, senza dimenticare l’ambizione di scalare anche il podio italiano dei produttori. Ce lo racconta Angelo Davide Galeati, amministratore delegato di Sabelli e nipote di Archimede, colui il quale nel 1978 trasformò un piccolo laboratorio artigiano del Molise nella realtà industriale marchigiana che oggi conosciamo.

Come si è chiuso il 2023 per Sabelli?
L’anno appena trascorso si è concluso molto bene per noi: abbiamo registrato un incremento del 10% a volume e una chiusura dei conti al +15%, estremamente positiva rispetto al 2021-22, anno in cui eravamo stati investiti dall’inflazione del mercato lattiero caseario. Il bilancio del 2023 deve ancora essere ultimato con i dati del mese di dicembre ma, considerato che nel 2022 abbiamo fatturato 235 milioni di euro, nel 2023 la cifra dovrebbe attestarsi intorno ai 250 milioni.

Avete dovuto far fronte da soli all’inflazione o avete potuto scaricare parte dei rincari sulla distribuzione?
Questo accadeva nel 2022, anno durante il quale si è riusciti solo parzialmente a recuperare l’inflazione. Fortunatamente nel 2023, invece, il mercato lattiero caseario delle materie prime ha allentato un po’ la tensione.

La chiusura con un tasso a doppia cifra, sia a volume che a valore, da quali segmenti e canali è trainata?
Da anni Sabelli segue una differenziazione importante. In origine il gruppo era molto concentrato sul retail e sulla Gd nazionale, con il tempo però ha imparato a differenziare a livello di canali, iniziando a servire il catering, soprattutto ristoranti e pizzerie, sviluppando una buona parte del proprio fatturato (circa il 30-35% viene dal food service). Fra i pizzaioli ormai Sabelli è un marchio riconosciuto. Abbiamo clusterizzato le nostre linee a seconda della qualità, dal prezzo più basso fino a prodotti realizzati solo con latte del Centro Italia di altissima qualità nello stabilimento di Ascoli. Nel tempo, quindi, abbiamo ampliato i nostri reparti per sopperire a un mercato che desiderava un prodotto come il nostro, ma abbiamo innovato anche a livello merceologico, perché non ci siamo limitati a produrre mozzarelle, scamorze e ricotte ma abbiamo anche “aperto” a burrate e stracciatelle: sebbene non sia un marchio pugliese, Sabelli è il primo marchio di burrate e stracciatelle in grande distribuzione. Ciò ha fatto sì che le crescite di Sabelli fossero organiche su tutti i comparti, sia nel mondo del food service sia in quello del retail.

Vendete anche fuori dai confini nazionali?

Grande attenzione è stata data anche al canale estero, tanto che l’anno scorso ha registrato un incremento a doppia cirfa del giro d’affari. Si tratta di una quota che ancora equivale al 14% del totale, ma se continuiamo di questo passo diventerà una parte importante di tutto l’operato dell’azienda. Esportiamo su tutto il mercato “su gomma” dell’Unione Europea, in primis verso la Francia, che serviamo sia con il nostro marchio sia con le private label (grazie al nostro stabilimento di Treviso). Seguono la Gran Bretagna, l’Austria e la Germania. Continuiamo a esportare inoltre con grandi soddisfazioni in Ucraina nonostante il conflitto, Romania e Bulgaria.

Chi è Sabelli come copacker e come mai vi siete lanciati anche nel private label?
Negli anni Sabelli ha fatto la scelta di produrre mdd perché la marca privata è un elemento fondamentale per saturare le linee produttive. Sei anni fa la famiglia acquisì lo stabilimento di Trevisanalat e, all’interno di questa, Ekolat che è a Vipava in Slovenia. Proprio Trevisanalat era il marchio leader per la produzione di mozzarella in busta private label, che da quel momento è stato rilanciato ed è diventato un asset importante per l’azienda. Essere produttori in conto terzi, oltre che del nostro stesso marchio, non solo ci ha premiati sul mercato italiano, aumentando il fatturato di Trevisanalat, ma ci ha permesso di approdare all’estero come player importante, tant’è vero che quest’anno per la prima volta parteciperemo alla fiera Plma di Amsterdam.

Obiettivi per il 2024?
Sono ormai due anni che lavoriamo sull’aumento di quota di mercato del nostro brand, Sabelli, poiché abbiamo deciso di cominciare a presidiare il libero servizio, dove il marchio non era molto presente, prediligendo di fatto il reparto gastronomia: basti pensare che una delle nostre mozzarelle è stata premiata da Gambero Rosso come la prima per qualità nella Gdo. Il vero mercato della mozzarella, a livello di tonnellaggio, si fa nel libero servizio. Oggi, stando a dati Cerved, siamo secondi in classifica fra i maggiori produttori di mozzarella se consideriamo i prodotti con il nostro nome e quelli private label, ma la sfida per quel che riguarda il marchio Sabelli è ancora aperta e anche soltanto raddoppiare la quota attuale sarebbe un grande successo. A tal fine, stiamo lavorando anche dal punto di vista della comunicazione e del marketing in store, a braccetto con quelli che sono i nostri partner anche come distributori di private label.