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Olio d’oliva: la difesa di Unaprol
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Olio d’oliva: la difesa di Unaprol
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E’ la più consistente realtà nazionale dell’associazionismo nel settore olivicolo. Punta a valorizzare la produzione e a promuovere la qualità del made in Italy. Stiamo parlando di Unaprol, di cui DM ha voluto conoscere l’operato e gli obiettivi futuri intervistando il direttore generale Ranieri Filo Della Torre.
Può tracciarmi un quadro sintetico della nascita e dell’evoluzione di Unaprol?
La nostra è una storia che dura da oltre 30 anni. Siamo nati alla metà degli anni Settanta seguendo l’evoluzione della politica agricola comunitaria. In quel periodo infatti il concetto della cultura dell’olio d’oliva cominciava a farsi spazio tra i consumatori e i produttori e la Comunità europea spingeva per aumentare i consumi del prodotto sia tra le mura domestiche che fuori casa. Attualmente l’associazione conta 71 organizzazioni provinciali e raggruppa 550.000 imprese olivicole. Il nostro compito iniziale è stato quello di far conoscere la normativa comunitaria ai produttori e di aiutarli a comprendere l’utilità delle dichiarazioni di produzione e del catasto olivicolo, uno strumento che permette di sapere in ogni provincia italiana quante sono le aziende del settore, quante piante possiede un’impresa, quante olive vengono raccolte e quanto olio viene prodotto. Successivamente abbiamo sviluppato delle azioni legate al mercato – sia italiano che estero - e al miglioramento della produzione. Abbiamo quindi tenuto dei corsi di formazione per i produttori e sviluppato dei programmi, in collaborazione con la comunità europea, le regioni e il ministero, per diffondere le attrezzature che agevolano la tecnica colturale.
Come giudica l’attuale situazione del comparto olivicolo?
Il comparto sta vivendo una significativa segmentazione verso l’alto. Se prima i consumatori si accontentavano di avere in dispensa l’olio d’oliva, ora vogliono l’extravergine d’oliva, le dop, i monovarietali e i fruttati. Chi acquista è diventato quindi molto esigente.
Quali sono le problematiche principali che state affrontando?
La qualità e gli aspetti commerciali sono le problematiche sulle quali Unaprol si sta concentrando. Noi cerchiamo di far crescere il sistema Italia, garanzia della posizione d’eccellenza della qualità dell’olio d’oliva made in Italy, e di difenderlo dalle insidie di un mercato sempre più globalizzato. Da questa considerazione scatta quindi la lotta all’agropirateria, la necessità di una corretta etichettatura dei prodotti e di controlli sempre più frequenti: le linee guida per segnalare al consumatore quali sono le differenze dell’olio d’oliva italiano rispetto ad altri oli.
Come valuta la gestione del mercato da parte della gdo?
La grande distribuzione organizzata è sempre più importante per le vendite dell’olio d’oliva e assorbe circa il 70% del totale. Il mercato dell’olio però, pur essendo sempre più importante, viene utilizzato in maniera un po’ sbagliata dalla gdo. L’olio d‘oliva è infatti visto come una commodity ed è un prodotto civetta, oggetto di un’alta pressione promozionale e pubblicitaria. Questa gestione rischia di far scadere uno dei simboli del made in Italy nella banalizzazione. Da segnalare anche la crescita delle private label, che ormai rappresentano il 30-40% del mercato e che sono i diretti competitor delle grandi marche.
Quali sono le possibili iniziative con le grandi catene per promuovere l’olio d’oliva? Ne avete in programma alcune?
Noi vogliamo coinvolgere la gdo in tutta la fase dell’educazione del consumatore, proponendo, ad esempio, dei corsi per assaggiatori. Vorremmo, inoltre, che nel posizionamento dei prodotti a scaffale le catene distributive mettessero in luce la qualità e la specialità dell’olio d’oliva, creando dei corner specifici.
Può tracciarmi un quadro sintetico della nascita e dell’evoluzione di Unaprol?
La nostra è una storia che dura da oltre 30 anni. Siamo nati alla metà degli anni Settanta seguendo l’evoluzione della politica agricola comunitaria. In quel periodo infatti il concetto della cultura dell’olio d’oliva cominciava a farsi spazio tra i consumatori e i produttori e la Comunità europea spingeva per aumentare i consumi del prodotto sia tra le mura domestiche che fuori casa. Attualmente l’associazione conta 71 organizzazioni provinciali e raggruppa 550.000 imprese olivicole. Il nostro compito iniziale è stato quello di far conoscere la normativa comunitaria ai produttori e di aiutarli a comprendere l’utilità delle dichiarazioni di produzione e del catasto olivicolo, uno strumento che permette di sapere in ogni provincia italiana quante sono le aziende del settore, quante piante possiede un’impresa, quante olive vengono raccolte e quanto olio viene prodotto. Successivamente abbiamo sviluppato delle azioni legate al mercato – sia italiano che estero - e al miglioramento della produzione. Abbiamo quindi tenuto dei corsi di formazione per i produttori e sviluppato dei programmi, in collaborazione con la comunità europea, le regioni e il ministero, per diffondere le attrezzature che agevolano la tecnica colturale.
Come giudica l’attuale situazione del comparto olivicolo?
Il comparto sta vivendo una significativa segmentazione verso l’alto. Se prima i consumatori si accontentavano di avere in dispensa l’olio d’oliva, ora vogliono l’extravergine d’oliva, le dop, i monovarietali e i fruttati. Chi acquista è diventato quindi molto esigente.
Quali sono le problematiche principali che state affrontando?
La qualità e gli aspetti commerciali sono le problematiche sulle quali Unaprol si sta concentrando. Noi cerchiamo di far crescere il sistema Italia, garanzia della posizione d’eccellenza della qualità dell’olio d’oliva made in Italy, e di difenderlo dalle insidie di un mercato sempre più globalizzato. Da questa considerazione scatta quindi la lotta all’agropirateria, la necessità di una corretta etichettatura dei prodotti e di controlli sempre più frequenti: le linee guida per segnalare al consumatore quali sono le differenze dell’olio d’oliva italiano rispetto ad altri oli.
Come valuta la gestione del mercato da parte della gdo?
La grande distribuzione organizzata è sempre più importante per le vendite dell’olio d’oliva e assorbe circa il 70% del totale. Il mercato dell’olio però, pur essendo sempre più importante, viene utilizzato in maniera un po’ sbagliata dalla gdo. L’olio d‘oliva è infatti visto come una commodity ed è un prodotto civetta, oggetto di un’alta pressione promozionale e pubblicitaria. Questa gestione rischia di far scadere uno dei simboli del made in Italy nella banalizzazione. Da segnalare anche la crescita delle private label, che ormai rappresentano il 30-40% del mercato e che sono i diretti competitor delle grandi marche.
Quali sono le possibili iniziative con le grandi catene per promuovere l’olio d’oliva? Ne avete in programma alcune?
Noi vogliamo coinvolgere la gdo in tutta la fase dell’educazione del consumatore, proponendo, ad esempio, dei corsi per assaggiatori. Vorremmo, inoltre, che nel posizionamento dei prodotti a scaffale le catene distributive mettessero in luce la qualità e la specialità dell’olio d’oliva, creando dei corner specifici.
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