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Monge sfida le multinazionali del pet market

Monge sfida le multinazionali del pet market
Monge sfida le multinazionali del pet market

Monge sfida le multinazionali del pet market

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Luca Salomone

di Luca Salomone

Monge, la prima azienda a capitale totalmente italiano nel mondo del pet market, controllata dall’omonima famiglia e fondata, nel 1963, da Baldassarre Monge, ha cifre chiave decisamente eccezionali.

Nel 2020 ha chiuso il bilancio con un fatturato di 322 milioni di euro, in crescita del 21 per cento, mentre il margine Ebitda è salito da 37,44 a 50,69 milioni e l’utile da 19,87 a 24,16 milioni. Performance destinate a ripetersi nel 2021. Insomma, un’impresa ad alta velocità e che supera largamente le performance di un settore che, da molti anni, continua, anch’esso, ad espandersi, come ci spiega il direttore generale, Luciano Fassa.

Zoomark, la principale fiera di settore, si è chiusa, a novembre, con grande successo. Quali sono le sue considerazioni?

La rassegna bolognese, una delle più significative in sé e una pietra miliare in un contesto che ora sta vivendo una nuova serrata per la recrudescenza del Covid, è stata un grande evento, con un’affluenza di operatori e visitatori molto sopra le aspettative. C’era, e c’è ancora, forse oggi più che mai, una grande voglia di incontrarsi, di scambiare pareri, opinioni, occasioni di affari. Il nostro stand, il più grande di Zoomark 2021, ha avuto un numero di visite eccezionale, anche grazie alle molte novità presentate: ben 5 linee di prodotto. Tantissimi i potenziali clienti, sia dall’Italia, sia dall’Europa. Le tendenze emerse, durante la fiera, si sono concentrate sui prodotti monoproteici, che proteggono dalle allergie alimentari, nonché sul free from e hanno messo in evidenza la centralità, per il nostro mercato, dei prodotti premium, ossia con ingredienti di pregio, come la carne fresca, oppure delle ricette private di sostanze che potrebbero minacciare il benessere animale.

Parliamo delle vostre innovazioni…

Noi abbiamo presentato, fra l’altro, Monge supernatural premium ed Excellence superpremium, diretti a tenere sotto controllo il peso corporeo in modo razionale, cioè a seconda dell’età e dell’attività del cane. E poi dieci nuove referenze monoproteiche, cioè con un solo tipo di carne, due linee di monodose per gatti a base di pesce pregiato e superfood. Insomma, l’accento batte sulla qualità e sul benessere, né più e né meno come avviene per l’alimentazione umana. Sono anche particolarmente soddisfatto del lancio di due lettiere con materia prima totalmente vegetale, in un caso orzo 100 per cento italiano, e una lettiera a base di mais, che si rinnova in confezione jumbo, da 9 kg. Entrambe si smaltiscono nel compost organico, oppure, addirittura, si possono gettare nel wc. E infatti l’altro grande tema è la sostenibilità, che vuol dire non solo materie prime a basso impatto, ma anche imballaggi totalmente riciclabili. Altra tendenza, molto diffusa, è il made in Italy: la provenienza dal nostro Paese viene letta in modo molto positivo dal nostro consumatore, ma anche dagli stranieri.

Quanto è importante l’estero?

Nel corso del 2021 abbiamo superato il giro di boa dei 100 Paesi coperti dalle nostre esportazioni. Le uscite sono dirette verso tutti i continenti, a parte l’America del Nord. Stiamo registrando variazioni particolarmente interessanti nelle nazioni dell’oriente europeo e in Asia, sia con l’apertura di nuovi mercati, sia con l’aumento della domanda da parte di clienti già acquisiti. L’incidenza sul fatturato ammonta al 25 per cento circa, un dato in netta progressione.

Quali le dinamiche del settore?

Le stime di crescita del pet market in generale sono di un +5% a consuntivo 2021. La variazione è molto difforme a seconda dei canali: salgono molto le catene specializzate, seguite dai discount e dai supermercati di prossimità. In generale i consumi aumentano anche a volume, oltre che in valore, perché è salito, a leggere i nostri dati, il numero degli animali domestici, con circa 700.000 unità in più durante lo scorso anno, che si sono aggiunte a una popolazione già molto importante e superiore ai 60 milioni. La continua evoluzione positiva riguarda sia i prodotti premium, sia le proposte che fanno del prezzo la principale leva. La compressione, quando c’è e come spesso accade, è, dunque, nella fascia media. Tutto questo potrebbe portare a significativi cambiamenti, in quanto l’aumento degli animali domestici confligge con la riduzione del potere di acquisto di molte famiglie. Aggiungo, poi, per l’aspetto industriale e distributivo, il pericolo rappresentato dall’esplosione dei costi dei carburanti, delle materie prime e dei materiali da imballaggio.

Come si inserisce Monge in questo scenario?

Noi stiamo andando molto meglio del mercato. Il 2021 si è chiuso su un +16/17 per cento, seguendo una performance in atto da tempo. La nostra è una crescita sana, dovuta a un aumento reale delle vendite sia in Italia, sia all’estero, sia in Gdo, sia negli specializzati, sia nelle catene indipendenti, sia nel business delle private label, che incide per un 10 per cento circa. Osservo che, in questo momento, il canale più dinamico è quello delle catene specializzate. Tutti i nostri marchi, pure nel contesto di un portafoglio molto nutrito, sono ad alta crescita, in modo omogeneo nei vari contesti distributivi. Monge è leader nei petshop, indipendenti e in catena, nonché la terza azienda in Gdo, dove però è prima nell’umido cane. L’obiettivo è di consolidare ulteriormente queste posizioni.

E il canale Internet?

Certamente ha grandi potenzialità, come ha dimostrato, se ce ne fosse bisogno, il periodo Covid. Tuttavia, al momento, noi non stiamo facendo e-commerce in prima persona, anche per non togliere vendite ai nostri partner distributivi. Nonostante questo Monge, attraverso i marketplace e le piattaforme della distribuzione specializzata e generalista, ha un’alta diffusione, ma, ripeto, solo tramite i nostri clienti. La vera sfida è di mantenere l’equilibrio dei prezzi di vendita al pubblico nel confronto/scontro tra online e offline.

Si parla della vostra possibile quotazione in Borsa. Cosa può dirci?

In questo momento non avvertiamo il bisogno di quotarci. Questo non vuol dire che non lo faremo mai, perché siamo una realtà aperta. Anche sul capitolo delle acquisizioni - abbastanza frequenti nel nostro settore durante il 2021, ma guidate soprattutto da soggetti finanziari - Monge ha decisamente un atteggiamento più che possibilista. Intendo dire che siamo interessati a valutare crescite per linee esterne, ma in un contesto reale, cioè in presenza di concrete e proficue opportunità. Devo dire che ci sono tutti i presupposti per espanderci anche in questo modo: la buona volontà, le risorse e il desiderio di diventare sempre più leader non ci mancano di sicuro.

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