Galbani-Vallelata: la sostenibilità è cultura ed esige azioni concrete
Galbani-Vallelata: la sostenibilità è cultura ed esige azioni concrete
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di Luca Salomone
Il rapporto delle aziende con la sostenibilità si sta facendo sempre più intenso.
Così Vallelata, uno dei marchi di punta della scuderia Galbani, si accinge a ripiantumare, in novembre, 5 aree verdi in altrettante regioni, affrontando un tema molto serio e sempre più sentito. Ma qual è la posizione generale dell’azienda verso le problematiche ambientali? Lo abbiamo chiesto a Mauro Frantellizzi, direttore marketing Galbani cheese.
Per Galbani la sostenibilità – ci spiega - è un valore da diffondere in azienda in modo che diventi vera cultura. Lo dico per fare una distinzione con quanto successo negli ultimi anni, con la sostenibilità che è spesso rimasta a livello tattico. Deve essere invece un concetto profondamente sentito, in quanto i vari passaggi della trasformazione industriale, a cominciare dalla zootecnia a monte dei nostri prodotti, hanno un impatto, e perché la transizione ecologica riguarda molte aree operative: produzione, scelta delle materie prime, logistica… Negli allevamenti il benessere animale, per esempio, è una priorità assoluta e dunque, nei nostri stabilimenti, abbiamo creato il ‘Percorso benessere animale’ che si avvale, per tutto il latte a noi conferito, della certificazione Classyfarm, il Centro di referenza nazionale per il benessere animale con sede presso l'Istituto zooprofilattico sperimentale della Lombardia ed Emilia Romagna.
E a valle della filiera?
In realtà tutto fa parte, a pieno titolo, della filiera, anche la distribuzione e il consumo. Qui è molto rilevante il tema degli imballaggi. Noi stiamo lavorando affinché tutti i passaggi del mondo lattiero-caseario adottino packaging riciclabili e sempre più facili da reinserire nel nostro sistema economico. Dobbiamo lavorare perché la filiera adotti, nella sua interezza, buone pratiche di salvaguardia ambientale. È tempo di alzare l’asticella e di capire che la sostenibilità non è un tema di marketing, ma una filosofia, un atteggiamento fattivo e propositivo verso i temi del degrado del nostro pianeta.
Parliamo di decarbonizzazione…
Per quanto riguarda le emissioni climalteranti ci sono impegni fissati a livello di Gruppo, ossia da Lactalis. Gli obiettivi prevedono una riduzione del 25% entro il 2025, del 50% al 2033 delle emissioni di ‘scope 1’ (dirette) e ‘scope 2’ (indirette), fino ad arrivare all’obiettivo ‘carbon net zero’ nel 2050. Sono impegni scritti e condivisi in tutte le nazioni in cui Lactalis opera (50, contando solo i Paesi coperti dai 250 siti produttivi sparsi nei 5 continenti, ndr). La nostra ambizione è, come ho detto, di fare capire che la sostenibilità è un atteggiamento mentale, che deve permeare tutto il comportamento delle persone e delle aziende, non dimenticando mai che, grazie alla tecnologia, anche la sostenibilità si evolve e trova di continuo soluzioni migliori a problemi che, una volta messi insieme, costituiscono, allo stato attuale, la maggiore emergenza planetaria.
E passando ai brand?
Le singole marche, oltre a rispondere agli obiettivi di gruppo, hanno precisi programmi e ambizioni. Per esempio, Vallelata, oltre al ‘Percorso benessere animale’, adotta imballaggi sempre certificati, ridotti al minimo nel peso e ottenuti con materiali riciclati o riciclabili. E queste scelte, in tutto il mondo Galbani, non devono generare aumenti di prezzo, ma essere presi in carico dall’azienda e rientrare nei costi della sostenibilità. Non solo abbiamo già abbattuto drasticamente le quantità di plastica utilizzate, ma abbiamo puntato sulla plastica monomateriale, la quale permette una riconversione molto più semplice in materie prime seconde di buona qualità. Inoltre, sostenibilità significa anche dare supporto alla comunità.
In che modo?
Vallelata cerca di risvegliare l’attenzione di tutti su temi ‘caldi’, ai quali fa corrispondere azioni concrete. Così è cominciata la collaborazione con Legambiente la quale, negli ultimi tre anni, ci ha aiutato a trovare e scegliere i modi giusti per essere utili alla comunità. Una prima operazione, portata avanti nel 2020-2021, è stata ‘Puliamo il tuo parco’. Tramite votazioni ogni provincia ha scelto i parchi che più necessitavano di una vera ‘cura’. Hanno votato più di 25 mila persone, che hanno selezionato 20 parchi, uno per regione. Dopo questa prima fase, abbiamo chiesto, ai nostri consumatori, di condividere con noi e con Legambiente un’azione di volontariato, recandosi in prima persona a pulire il proprio parco. Quello che è importante è soprattutto avere lanciato un’idea, una provocazione, che possa essere poi raccolta da altre organizzazioni e portata all’attenzione di tutti e specialmente dei bambini. Alla nostra iniziativa hanno aderito moltissime scuole e credo che sia davvero importante, per una marca, creare una propria eredità, un retroterra di valori e comportamenti.
E oggi?
Dopo due anni, sempre sulla base dei consigli di Legambiente, andremo a piantumare 5 aree scelte dai consumatori, dopo votazione sul web, in Sicilia, Lazio, Lombardia, Emilia-Romagna e Sardegna. Per la precisione si tratta dell’area di riequilibrio ecologico Schiaccianoci di Ferrara, di Villa Adriana di Tivoli (Roma), di Parco Lago Nord di Paderno Dugnano (Milano), dell’area verde tra le colline della Gallura di Telti (Sassari) e del Parco di Giufà - area sud di Favara (Agrigento). L’iniziativa, ‘Insieme piantiamo alberi’, prevede, in novembre, la messa a dimora di una base di cento alberi e arbusti, a cui si aggiungeranno ulteriori alberi, fino a un totale di mille. Vallelata renderà protagonisti, ancora una volta, i giovani: alle 5 aree sono state abbinate altrettante scuole primarie del territorio, che riceveranno una lezione su temi ambientali, tenuta dagli esperti Legambiente, un kit per piantare a casa piccole piante e la possibilità di partecipare alla giornata di piantumazione. Una volta piantati, Legambiente si occuperà della cura degli alberi per i primi tre anni.
Un tema molto serio…
Serissimo, visto che il cambiamento climatico è un fenomeno in peggioramento di anno in anno e ciò rende sempre più urgente un impegno concreto anche da parte delle aziende. Nei centri urbani i materiali utilizzati per costruire edifici e strade, durante il giorno assorbono e rilasciano calore, contribuendo all’innalzamento delle temperature. Più gli edifici sono alti e la quantità di asfalto è maggiore, più aumenta il cosiddetto “effetto canyon”: l’energia del sole viene intrappolata e rilasciata in forma di calore, aumentando sensibilmente la temperatura percepita dal corpo. In questo contesto, appunto, svolgono un ruolo cruciale gli alberi, che riescono ad abbattere la temperatura di 2-3 gradi.
Perché farne un evento?
Perché un evento collettivo può diventare un momento (collettivo) di presa di coscienza. Penso che tutto l’insieme, facendo ‘rumore’ – avremo anche una radio come partner - serva soprattutto a risvegliare l’attenzione su un problema tanto emergente, quanto ancora poco conosciuto. Emergente perché serio e perché si stanno attivando molti altri soggetti imprenditoriali e molte altre ‘forze’. Per questo, sempre più spesso, vediamo sorgere orti urbani e boschi verticali.
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