Gruppo Danone è, notoriamente, uno dei grandi protagonisti internazionali dell’alimentare. E’ presente in Europa, il principale mercato, in Asia, Africa e Americhe, per un totale di circa 130 Paesi. Ha chiuso il 2018 con un fatturato di 24,651 miliardi di euro, mentre i ricavi consolidati del terzo trimestre 2019 hanno dato un segnale positivo del 3,7%, confermando un trend che perdura da tutto il 2019.
La maggior parte delle vendite, 50% circa, è dovuto a prodotti a base di latte. Seguono gli alimenti in sintonia con i moderni stili di consumo, come le bevande e gli yogurt vegetali, le acque minerali e la nutrizione medica e infantile.
Nel solco della propria politica di espansione, anche per acquisizioni, il gruppo ha rilevato, nel 2016, White wave foods, colosso Usa da 3,8 miliardi di dollari di fatturato (nel 2015), specialista dei prodotti lattieri biologici e d'origine vegetale, con marchi come Silk, So Delicious, Alpro e Vega. Che peso ha per la multinazionale francese il nostro Paese, quando si parla del core business e degli alimenti innovativi? Lo abbiamo chiesto ad
Alberto Salvia, Amministratore delegato Italia e Grecia Divisione Edp (Essentail dairy and plant based).

Quanto è importante l’Italia per Danone?

Il nostro mercato è sicuramente strategico, anche perché rientra in una nuova suddivisione per aree che vede l’Italia abbinata a Spagna, Portogallo e Grecia. La regione mediterranea ha grandi prospettive e, nonostante le differenze di consumo che si riscontrano per esempio fra la nostra Penisola e la Spagna, tutte le nazioni sono coinvolte in un interesse mondiale crescente verso i temi del benessere e della sostenibilità in senso lato. Questo movimento globale dovrebbe tradursi, grazie alla scelta di nuovi ingredienti, in un trend di consumo incrementale.

Perché i prodotti vegetali?

L’inserimento dei prodotti vegetali, in seguito all’acquisizione di White wave, ha portato, anche in Europa e in Italia, il marchio Alpro, che è andato a sommarsi ai brand Activia, Actimel, Danacol, VitaSnella, SuperMario e ai dessert Danette. Questo ha segnato un cambiamento strategico chiave, aprendo orizzonti in sintonia con i moderni e futuri stili alimentari.

Come si muove il nostro mercato degli yogurt?

Il mercato è stabile e, a oggi (fine ottobre, ndr.), segna un lieve declino tendenziale dello 0,4 per cento. Lo scarso dinamismo accomuna sia il base latte che il base vegetale. Danone occupa una posizione di leadership nei due segmenti, grazie a un portafoglio di marchi molto consistente, a una quota nell’ordine del 20% a valore e con una presenza capillare in tutti i canali. Quello che manca ancora è l’alta frequenza di consumo. Il dato degli yogurt è fermo intorno a 7,9 kg pro capite annui, una cifra che ci mette al livello più basso nella graduatoria dei vari mercati geografici. Basti dire che in Spagna, tanto per parlare di un’altra nazione mediterranea, il dato supera i 30 kg. Questo dà un’idea delle prospettive. Nel nostro Paese la domanda è concentrata nell’area dello snack e, a questo punto, si tratta di dare una bella spinta al più promettente segmento della prima colazione.

E i diversi sotto segmenti?

Se il mercato è poco dinamico, quando viene suddiviso nei vari componenti diventa ben più interessante ed emergono tendenze trasversali e positive che accomunano tutti i perimetri geografici. Mi riferisco, tanto per fare due esempi, al senza lattosio e alle proposte con nuovi ingredienti, come chia, goji e zenzero. Queste formulazioni fanno sì che il comparto sia percorso comunque da trend che presentano un buon livello di vivacità. Danone, in quanto leader, punta molto su proposte all’avanguardia a partire da quelle legate alla regolarità, dove Activia è uno dei marchi a più forte crescita. In positivo sono anche lo yogurt greco, i cosiddetti ‘bicompartimentali’ e i prodotti da bere. Emergente è poi l’etnico, rappresentato in sostanza dal kefir e dallo skyr, di origine irlandese. Quindi il consumatore ricerca, da un lato, il prodotto salutistico e, dall’altro, nuovi ingredienti e nuovi sapori, seguendo il cosiddetto stile flexitariano, non del tutto vegano o vegetariano, ma orientato a sostituire le proteine di origine animale con quelle di provenienza vegetale. Da qui il nostro interesse per il plant based, coerente con la nostra filosofia di coniugare l’innovazione con un contenuto nutrizionale positivo e sintonizzato sui bisogni del consumatore.

Parliamo delle vostre ultime novità…

Le innovazioni assecondano come ho detto, il trend del benessere. Mi riferisco, per esempio, ad Activia Mix&Go dove 4 miliardi di probiotico Bifidus sono abbinati a un topping che presenta una selezione di cereali e semi croccanti: granola, chia, quinoa, mandorle, mirtilli rossi, muesli, miele… Il prodotto, presente nella Gdo e nel normal trade, sta avendo molto successo ed è consumato sia come sostitutivo del pasto, sia on the go, sia come prima colazione. Mix&Go è ancora in fase di sviluppo, con l’introduzione di nuovi topping, come quello al pistacchio, e di altri mix specifici di cereali. Un’innovazione è poi Activia Shot, un concentrato da 80 mg, con 8 miliardi di probiotico bifidus, dunque il doppio di Activia, totalmente naturale, senza zucchero aggiunto, e con ingredienti come zenzero, curcuma e matcha. Stiamo poi lavorando nell’area degli smoothies, con Activia Shake&Go: anche qui ci sono 4 miliardi di probiotici, in un mix di yogurt, frutta, verdura e semi. Il lavoro di innovazione, che è sempre uno dei nostri principali driver, resta intenso e tocca tutta la gamma, per dinamizzare consumi che devono essere opportunamente stimolati. È il caso del prodotto appena lanciato, Hipro, bevanda ad alto contenuto proteico destinata agli sportivi.

E i prodotti su licenza e per bambini?

I giovanissimi sono un target molto interessante, ma anche particolare, visto che ha accesso a una pluralità di alternative nell’area del benessere. Dunque, parliamo di un consumatore sensibile, ma anche difficile da avvicinare. Sicuramente il licensing è un argomento forte e Super Mario (marchio storico di Nintendo, ndr.) sta infatti crescendo molto bene. Nella stessa area sono nati Actimel Spiderman (Marvel) e Actimel Frozen (“Frozen II - Il segreto di Arendelle”, di Disney, è ora al cinema, ndr.).

Qual è la risposta del mercato italiano nei confronti del base vegetale?

Attualmente i prodotti ‘plant based’, sostanzialmente mi riferisco alla soia, sono in controtendenza e da 2 anni stanno dando segni di forte rallentamento. È una situazione atipica, che in parte si può spiegare con la marcata crescita dell’offerta, un’offerta che, probabilmente, ha sovrastimato la capacità del consumatore di identificarsi con una serie di alimenti di nuova generazione. Tuttavia, è anche in una fase di assestamento e di affinamento. Il settore è nato con una serie di proposte a base di soia, cui però si stanno aggiungendo molte altre materie prime, come mandorle, riso, avena. Il risultato è interessante perché la penetrazione del base vegetale sta ancora crescendo ed è oggi assimilabile con le medie dei mercati più maturi, come quello anglosassone.

Le private label sono da temere?

Il ruolo dell’industria di marca e delle private label è abbastanza condiviso e, anche nello yogurt, la quota delle Mdd, rispecchia le medie raggiunte dalle Pl nel largo consumo in generale e riflette il lavoro di innovazione che la Gdo sta effettuando sui propri marchi. Se è vero che le marche del distributore sono un concorrente, è altrettanto vero che esse contribuiscono ad attirare l’attenzione su una categoria che, che come dicevo, ha bisogno soprattutto di crescere, catturando nuove occasioni di consumo. In questo processo l’industria di marca deve giocare il ruolo di anticipatrice delle nuove tendenze, interpretando un ruolo di avanguardia che contribuisca a mantenere viva l’attenzione.

Il vostro gruppo è anche sinonimo di cultura della nutrizione…

Voglio fare una premessa. Il 2019 è per noi una data molto significativa, visto che festeggiamo i primi 100 anni di yogurt Danone, a partire dal primo vasetto, prodotto a Barcellona nel 1919. Con l’obiettivo di condividere l’eredità di Danone a vantaggio di tutti, in questa ricorrenza l’azienda ha voluto contribuire in maniera sostanziale alla ricerca e innovazione a livello globale: ha consentito ai ricercatori di tutto il mondo il libero accesso alla sua collezione di 1.800 ceppi per scopi di studio e per aiutare il progresso verso un mondo più sostenibile a supporto della nostra idea di food revolution. Il nostro gruppo ha, come focus prioritario, quello di promuovere un’alimentazione sana e sostenibile, attraverso prodotti capaci di contribuire al benessere dell’organismo, una filosofia in cui lo yogurt rientra a pieno titolo. Nasce così, il 30 novembre 1991, Fondazione Istituto Danone, ente non-profit dedito ad attività non commerciali. La fondazione ha l'obiettivo di veicolare, in un’ottica mondiale, la cultura dell'alimentazione legata alla salute, con l'intento di diventare, per gli specialisti del settore, i loro pazienti e la collettività, un interlocutore autorevole e scientifico sui complessi temi della nutrizione umana. Tutto questo rientra in un approccio olistico alla comunicazione. Se invece parliamo solo di media, sia classici che alternativi, devo segnalare che i nostri investimenti sono sempre molto sopra le medie del settore.

Concludiamo con il welfare…

Il welfare, come tutto il discorso della sostenibilità, è sicuramente centrale per Danone, che ha varato anche in Italia, a partire dal 2011, la ‘Parental policy’, un modello che, attraverso lo smart working, la flessibilità degli orari, l’aumento sostanzioso del contributo della maternità facoltativa (60% invece del 30 previsto dalla normativa), mette al centro il ruolo dei genitori. Indubbiamente, e più in generale, l’ambiente di lavoro del nostro gruppo ha standard molto elevati, che tutelano il welfare di tutti i colleghi, stagisti compresi, anche con programmi di inclusione.