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Campari, dopo 5 mesi il ceo Fantacchiotti rassegna le dimissioni

Matteo Fantacchiotti

Campari, dopo 5 mesi il ceo Fantacchiotti rassegna le dimissioni

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Emanuele Scarci

Terremoto in Campari. Dopo soli 5 mesi Matteo Fantacchiotti lascia la guida di Campari “per motivi personali”. Le dimissioni con effetto immediato dell’amministratore delegato - che ad aprile aveva raccolto la pesante eredità di Bob Kunze, in sella per 18 anni - sono state comunicate questa mattina. Fantacchiotti lascia anche il board di Campari.

Il gigante degli spirit controllato dalla famiglia Garavoglia ha deciso, in via provvisoria, la nomina al vertice del tandem costituito dal direttore finanziario Paolo Marchesini e dal direttore dello sviluppo Fabio Di Fede. Entrambi fanno quindi parte di un comitato per la transizione della leadership presieduto da Kunze-Concewitz che era rimasto nel board dopo le dimissioni. Dopo la notizia, il titolo in Borsa perdeva il 5%.

Usa mercato decisivo
Differenti vedute sulle strategie fra proprietà e ceo? Probabile, ma non filtra alcuna notizia. Una settimana fa, nel corso di un investor call, Fantacchiotti aveva sottolineato la debolezza del comparto degli alcolici. Al di là delle forti difficoltà del beverage in Cina, il cui giro d’affari incide poco su Campari, il manager si era soffermato sugli Stati Uniti, dove Campari realizza il 45% del fatturato. “Il previsto miglioramento del comparto nel terzo trimestre non si è ancora concretizzato - aveva detto il top manager -.  I consumi rimangono deboli, come certificato dai dati Nielsen”.
Dopo le dichiarazioni, le quotazioni di Campari erano scivolate del 10%. Gli investitori sospettavano cattive notizie in arrivo. Tanto che la società era stata costretta a precisare in un comunicato che “le dichiarazioni di Fantacchiotti erano relative ai dati di sell-out generali negli Usa e non legate in alcun modo specificamente a Campari”.

Semestrale, poche nuvole
Nell’ultima semestrale, i ricavi di Campari Group sono stati di 1,52 miliardi, +3,8% a livello organico, l’Ebitda di 394,4 milioni (-0,2%) e l’utile di 216,6 milioni (-0,5%). Il debito netto è aumentato di circa 700 milioni a 2,55 miliardi in seguito all’acquisizione del cognac Courvoisier.
Secondo l’azienda milanese, “la solida performance è stata principalmente guidata dalla continua crescita a doppia cifra della tequila Espolòn, nonché dalla crescita di Aperol e Grand Marnier. Le vendite in Emea sono aumentate del +3,3%, ma in Italia sono calate del 5,2% con una pressione sugli aperitivi ad alto margine a causa del meteo avverso. Penalizzate dal maltempo anche Francia e Germania”.

Fantacchiotti aveva dichiarato che “per la restante parte dell’anno ci aspettiamo di continuare a sovraperformare facendo leva sulla forza dei nostri brand che competono in categorie in crescita. Il settore sta attualmente registrando un’attenuazione delle dinamiche di mercato con un aumento della pressione competitiva sui prezzi nei mercati principali, mentre la situazione macroeconomica rimane volatile”.

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