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Chi vince e chi perde nel commercio mondiale

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Redazione

Nonostante le difficili condizioni dell’economia dei Paesi industrializzati, i ricavi dei 250 più grandi retailer mondiali ha raggiunto 4,3 milioni di miliardi di dollari nel corso dell'ultimo anno fiscale (giugno 2012 -giugno 2013).

La dimensione media dei primi 250 retailer ha superato 17 miliardi di dollari secondo l’edizione 2014 di “Global Powers of Retailing”, il rapporto annuale che Deloitte Touche Tohmatsu Ltd (DTTL), in collaborazione con Stores media, dedica ai vertici della gdo planetaria.

Per la prima volta lo studio include anche una lista dei top 50 e-tailer. Si scopre così che più di tre quarti di essi (39 aziende) fanno parte della top 250, con Amazon che, al sedicesimo posto, guida il pattuglione del cyber commercio con i suoi 58,6 miliardi anche se è la sola della top 20 a registrare perdite.

In cima, come al solito, Wal-Mart, oltre 469 miliardi, seguito da Tesco - che però con i suoi 101 miliardi realizza meno di un quarto del fatturato del big americano - e dunque dal re dei wholsale club, Costco. Al quarto posto si piazza Carrefour, al sesto Schwarz (Lidl tanto per capirci), al settimo Metro, al nono Aldi, al quattordicesimo Auchan. Insomma gli europei non fanno certo cattiva figura e i portabandiera sono i soliti francesi e tedeschi.

Ma se la classifica in fondo è quella di sempre, con gli italiani che compiano solo al 61° posto grazie a Coop – resta da stabilire se essere piccoli non sia un grande vantaggio di questi tempi – maggiori sorprese, per fortuna positive, destano le constatazioni di Ira Kalish, global chief economist di DTTL. “Dopo un inizio difficile è incoraggiante vedere che le principali insegne mondiali sono state in grado di seminare bene e di raccogliere i frutti di una maggiore spesa dei consumatori nel seguito dell’anno. Ciò è servito a fornire la spinta di fatturato decisiva a quasi l’80% della top 250 (199 aziende). Per la prima volta si osserva che i grandi retailer hanno intrapreso una serie di sell-off, ossia di dismissioni, per garantirsi una redditività soddisfacente”.

I gruppi con rilevanti interessi e sedi nei mercati emergenti hanno continuato a beneficiare di una andamento robusto della domanda, diversamente dagli occidentali, che hanno continuato a fare i conti con la pericolosa maturità della Vecchia Europa e degli Stati Uniti.

Ben 26 gruppi fra i 50 a più rapida crescita hanno radici nei Paesi in crescita: 4 sono russi, 7 di provenienza africana e medio orientale, sei sudamericani. La Stella Polare è la nipponica Aeon, con i suoi 63 miliardi, che diventano 69,6 nel consolidato.

Vicky Eng, DTTL global sector leader retail di DTTL, sottolinea il forte impulso dell’America Latina “con il 15% di crescita dei ricavi, seguita dalla regione Africa-Medio Oriente. Qui i retailer stanno modificando con successo le proprie strategie per rispondere adeguatamente alle nuove esigenze della classe media che chiede ogni genere di beni di consumo e durevoli, dalle automobili all'elettronica, al cura persona, solo per fare qualche esempio”. Insomma il classico Estremo Oriente e la solita Europa dell’Est, sebbene interessanti, non sono più i veri campioni e stanno subendo un inevitabile processo di assestamento. Sudamerica e Africa corrono ben più veloci.

Merita una piccola finestra la novità di questa rilevazione, ossia il commercio elettronico. L’e-commerce ha rappresentato una quota significativa dei ricavi di vendita al dettaglio totale della top e-50 nell’anno fiscale 2012: quasi un terzo del fatturato in media. La stragrande maggioranza dei 50 e-tailer compresi nella classifica (42 aziende) è costituita da rivenditori multi-canale e solo 8 sono pure player. La maggior parte delle e-50 ha sede negli Stati Uniti (28) e in Europa (17), solo 5 nei mercati emergenti.

L’attività di e-commerce è stata analizzata anche rispetto alla top 250 nel suo complesso, dove ha generato il 7,7 per cento in media delle vendite. Dal punto di vista territoriale il commercio elettronico ha inciso molto di più sulle insegne nordamericane, rispetto a quelle europee, che appaiono le più arretrate. Tuttavia i maggiori tassi di incremento, anche in questo canale, si sono registrati nell’Asia-Pacifico.

 

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