È morta prima ancora di nascere o, se non altro, di definirsi un po' meglio - acquisizione pura e semplice o fusione, anche se a questo punto la risposta è chiara -, l’operazione che avrebbe dovuto portare Carrefour nell’orbita del gruppo canadese Couche-Tard.

Il no del Ministro dell’Economia francese, Bruno Le Maire, ripetuto in varie sedi, giornalistiche e non, è bastato perché i nordamericani scegliessero di battere in ritirata.

Perché, in quello che dovrebbe essere e non sarà, mai e poi mai, un libero mercato, un uomo politico ha un simile potere? Il perché lo ha spiegato lo stesso Le Maire in un’intervista all’emittente France 5, dove, fra le altre cose, ha definito ‘cortese ma definitivo’ il proprio no.

Nelle norme locali esiste una precisa regolamentazione degli investimenti esteri, per giunta potenziata durante il Covid 19, che consente di bloccare le operazioni estero su Francia, specie quando esse hanno luogo all’interno di settori rubricati come strategici per l’economia nazionale. E fra questi, appunto, è classificata anche la filiera agro-alimentare.

Addirittura, secondo Le Maire, l’eventuale concentrazione avrebbe messo a rischio la sovranità alimentare dei propri concittadini, in un comparto che ha dimostrato tutto il suo ruolo cruciale durante la pandemia.

Le Maire, secondo quanto riportano le cronache, ha esposto il proprio punto di vista sia al fondatore di Couche-Tard, Alain Bouchard, sia al proprio omologo canadese, Pierre Fitzgibbon.

A fronte di queste notizie il titolo di Carrefour ha perso il 5 per cento alla Borsa di Parigi.

Certo il colosso nordamericano, 45 miliardi di euro equivalenti di fatturato, non ha molta fortuna quando si tratta di espansione commerciale: nel 2020 aveva già cercato di acquisire, senza successo, due importanti catene di distribuzione carburanti, ossia l’australiana Caltex (gruppo Chevron) e la statunitense Speedway.