Dice praticamente che “Il re è nudo”. Pronuncia insomma un’inconfutabile realtà contestando il luogo comune che ha imperato per mesi. Lui è Maurizio Zanella (nella foto), presidente del Consorzio del Franciacorta che raccoglie quasi tutti i produttori della Docg della provincia di Brescia, il luogo comune è la notizia rimbalzata su parecchie testate giornalistiche e televisive secondo la quale lo spumante italiano ha superato, per quantità prodotte, lo Champagne.

Sai che scoperta. Correttamente Zanella invita a non confondere fischi con fiaschi. A non mettere sullo stesso piano, insomma, una precisa e blasonata Aoc (l’Appellation d’origine contrôlée, equivalente alla nostra Doc o Docg), con un esercito di spumanti italiani pochi dei quali possono fregiarsi della denominazione d’origine e molti dei quali sono addirittura dolci, come l’Asti, mentre lo Champagne è secco.

Di più: lo Champagne è prodotto con il metodo della rifermentazione in bottiglia, come il Franciacorta per esempio, o come il Trento classico. La stragrande maggioranza degli spumanti italiani, invece, è prodotta con il metodo charmat, cioè con la rifermentazione in grandi autoclavi.

“Confrontare lo Champagne con tutti gli spumanti italiani non ha alcun senso - dice Zanella - e concorre a diffondere una profonda disinformazione nei confronti dell’opinione pubblica. Infatti, mentre per l’Italia si tengono in considerazione tutti i vini spumanti prodotti con metodo e con qualità e prezzo molto diversi fra loro, per quanto riguarda lo Champagne si tiene in considerazione solamente una denominazione prodotta in Francia”.

Tra l’altro lo Champagne non è l’unico vino “spumante” realizzato Oltralpe. Hanno una ben precisa identità anche il Cremant d’Alsace e la Blanquette de Limoux, prodotti entrambi con il metodo classico. “Sostenere quindi che lo spumante ha battuto lo Champagne è una palese inesattezza - insiste Zanella - per essere precisi bisognerebbe includere tutta la produzione francese di bollicine che in effetti è inferiore a quella italiana. Il fatturato della produzione italiana non arriva però nemmeno alla metà di quello francese. Mi sembra una magra consolazione produrre di più per fatturare il 50%”.

Zanella è uno dei critici del termine “spumante” in sé: “Analizzando i numeri quello italiano è frutto, salvo pochissime eccezioni, di un prodotto assolutamente anonimo che deve le sue performance unicamente a prezzi unitari bassissimi”. Il presidente del Franciacorta ritiene più strategico legarsi al territorio e valorizzarlo, proprio come hanno fatto la Docg bresciana e poche altre sulle cui etichette il termine spumante, ritenuto banalizzante, neanche appare.

A.M.