L’Italia dal 2015 ha ripreso a investire in Ict e continuerà a farlo nel prossimo triennio. Questo è senza dubbio un dato incoraggiante, ma che indica solo l’inizio di un percorso e le previsioni di crescita fino al 2018 ne sono una conferma. In realtà il passo con cui si sta affermando l’innovazione digitale in Italia è ancora troppo lento, avviene in modo troppo disomogeneo e con un’ottica ancora distante dal concepire quella trasformazione in grado di incidere profondamente sulla realtà del Paese, cambiare gli equilibri competitivi, accelerare la crescita. E’ questa la fotografia che emerge dallo studio “Il digitale in Italia nel 2016” presentato questa mattina a Milano nel corso della manifestazione “Impresa 4.0. Per un’industria italiana più competitiva nell’era digitale”. All’incontro hanno preso parte Vincenzo Boccia, Giancarlo Capitani, Elio Catania, Antonello Giacomelli, Gaetano Manfredi, Alessandro Perego, Enrico Pagliarini, Andrea Pontremoli, Antonio Samaritani, Agostino Santoni.

“I tassi di incremento a due cifre degli investimenti nelle tecnologie abilitanti, quali Cloud, Iot, piattaforme per la gestione web, Big Data, mobile business, sicurezza - ha precisato Agostino Santoni, presidente di Assinform - se contestualizzati nell’ambito dei servizi digitali, informatici e del software, che in volume rappresentano la parte più consistente del mercato, ma crescono a una cifra, evidenziano che è in atto un vivace e robusto fenomeno di infrastrutturazione innovativa, che tuttavia riguarda ancora una frazione troppo limitata del Paese. Soprattutto le piccole e medie imprese, che costituiscono il 99% del nostro tessuto produttivo e contribuiscono a più del 50% del Pil, così come gran parte della Pa, continuano a rimanere ai margini dell’evoluzione digitale”.


I dati dello studio “Il digitale in Italia nel 2016” realizzato da Assinform e Confindustria Digitale in collaborazione con NetConsulting cube e gli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano, evidenziano i segnali di un’inversione di tendenza. Già nel 2015 il mercato digitale nel suo complesso è cresciuto dell’1% a 64.908 milioni di euro. Al recupero hanno concorso un po’ tutti i comparti, con la sola eccezione dei servizi di rete delle telecomunicazioni (-2,4%,) che hanno continuato a subire il calo delle tariffe deprimendo le dinamiche di quasi un terzo del mercato. Ma gli altri due terzi sono cresciuti: Servizi ICT a 10.368 milioni di euro (+ 1,5%); Software e Soluzioni ICT a 5.971 milioni di euro (+4,7%), Dispositivi e Sistemi a 16.987 milioni di euro (+0,6%), Contenuti Digitali e Digital Advertising a 8.973 milioni di euro (+8,6%).
I segnali positivi però più che dall’aspetto quantitativo, che migliora, ma che soffre ancora il confronto con le performance di altri paesi, viene dall’innalzamento della qualità della domanda. La spinta è infatti dovuta alle componenti più innovative e legate alla trasformazione digitale, che registreranno crescite sostenute per il 2016 - Iot +14,9%, Cloud +23,2%, Big Data +24,7%, piattaforme per il web +13,3%; mobile business +12,3%, sicurezza +4,4% - e almeno sino al 2018.


Le previsioni per il mercato complessivo ICT in Italia, a costanza di scenari macroeconomici, lasciano intravedere una crescita dell’1,5% nel 2016, dell’1,7% nel 2017, e del 2,0% nel 2018. E sia per il contributo dei segmenti più avanzati, sia per la ripresa degli investimenti in quasi tutti i settori d’utenza, spinti soprattutto dalle grandi imprese +2,8% nel 2016 sul 2015, con in testa l’industria (+2,1%), le banche (3%), le assicurazioni (+3,7%), le utility (+3,6%), i trasporti (+3,4%). Le piccole imprese con +0,6% stimato nel 2016, risultano ancora poco coinvolte dalla trasformazione digitale. E in parte anche la PA che, sempre nel 2016, confermerà la ripresa della spesa a livello centrale (+1,6%) e nella Sanità (+3%), ma non a livello locale (-2,0%).