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Agrifood: sempre più magro senza tecnologia

Agrifood: sempre più magro senza tecnologia
Cosa rischia l'agrifood italiano?

Agrifood: sempre più magro senza tecnologia

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Luca Salomone

Agroalimentare a rischio? Forse, almeno senza nuovi approcci. Il tema è stato al centro di Agrifood Future 2024, importante tavolo di confronto scientifico organizzato da Unioncamere e Camera di commercio di Salerno che si è svolto, come di consueto nella città campana, dall’8 al 10 settembre.

Un crollo colturale?

In questa occasione l’Istituto Guglielmo Tagliacarne ha presentato un rapporto illuminante: il cambiamento climatico impatta negativamente sul settore agricolo italiano, riducendone il valore aggiunto del 2,5% nel 2023. Così la nostra produzione di vino, nel 2023, su base Istat, è crollata del 17,4% e quella di frutta dell’11,2%, mentre il comparto florovivaistico e oleicolo hanno registrato cali rispettivamente del 3,9% e del 3 per cento. Tuttavia alcune colture, come quelle impostate su criteri industriali (+10,2%) e il settore dei cereali (+6,6%), hanno registrato un'annata favorevole.

La ricerca, realizzata in collaborazione con Unioncamere, evidenzia come i rischi siano tanto più temibili in quanto l’agrifood continua a essere una colonna portante dell'economia italiana: la filiera, nel suo complesso, rappresenta il 27% del fatturato delle imprese nazionali, con una quota che sale al 29% nel Mezzogiorno, nonostante l'apparente contenimento del relativo peso economico (il 4,2% del valore aggiunto totale, con il 2,2% per l'agricoltura e il 2% per l'alimentare).

Si affermano le società di capitali

Da tenere presente che, negli ultimi 40 anni – secondo la fonte - si è registrata una significativa riduzione del numero di imprese agricole (-66%), fenomeno che ha visto un’accelerazione negli ultimi due decenni, a causa della difficoltà nel mantenere la sostenibilità economica delle piccole realtà.

Parallelamente si è assistito a un aumento del 15,1% delle società di capitali nel settore primario.

Inoltre, il 64,5% delle aziende ha investito nel miglioramento delle competenze tecnico-professionali del personale, mentre il 44,9% ha puntato su nuove competenze, confermando l'importanza della formazione per affrontare le sfide del futuro.

Nell’indagine si prevede, quindi, una crescita del fatturato agroalimentare del Mezzogiorno nel 2024-2025 e circa il 40% delle imprese si aspetta un aumento già entro 2025, con una maggiore attenzione a digitalizzazione, tecnologie avanzate e responsabilità ambientale.

«Consapevoli che il cambiamento climatico rappresenta una minaccia sempre maggiore, oltre l'80% delle società agricole sul territorio nazionale e il 90% nel Mezzogiorno ha investito in tecnologie per ridurre o annullare l'impatto ambientale – sottolinea il presidente di Unioncamere, Andrea Prete -. Il 54,5% ha implementato infrastrutture per la produzione di energia rinnovabile, con una quota che sale al 64,4% nel Sud. È ormai urgente, soprattutto in Meridione, attrezzarsi per affrontare i cambiamenti climatici con il supporto della tecnologia».

Intelligenza artificiale in campo

Parimenti interessante l’analisi presentata dall’Osservatorio Smart Agrifood della School of Management del Politecnico di Milano e dal Laboratorio Rise (Research & innovation for smart enterprises) dell’Università degli Studi di Brescia.

Il documento prova, ulteriormente, che il nostro settore primario ha bisogno di innovazione. Considerando, infatti, la sola ‘Agricoltura 4.0’, ossia quella che ha raggiunto un livello tecnologico elevato, si ottiene una crescita della produttività del 19%, fino a un valore complessivo di 2,5 miliardi di euro.

Il mercato delle soluzioni digitali per la tracciabilità, si legge, registra una importante trend di crescita, con un incremento del 22% in Italia nel 2023.

Il carbon farming – pratica agricola caldeggiata e studiata da anni dalla Commissione europea e che mira a catturare e immagazzinare carbonio nel suolo per ridurre le emissioni di gas serra e preservare la biodiversità - si conferma ancora poco adottata in Italia, con solo il 22% delle aziende che dichiara di conoscerlo e solo il 9% che effettivamente lo utilizza.

In ogni caso, nonostante una crescita inferiore rispetto al periodo 2021-2022 (+31%), il nostro settore agricolo continua a mostrare un interesse vivace per il digitale, con un aumento delle soluzioni innovative disponibili sul mercato (+10%) e dei provider tecnologici (+13%).

Il report aggiunge che i processi basati sull’intelligenza artificiale guideranno la trasformazione del mondo agroalimentare, anche se resta il problema, davvero centrale, di dare maggiore supporto alle piccole imprese nei processi di transizione.

«Il futuro dell'agricoltura italiana passa inevitabilmente attraverso l'integrazione di tecnologie avanzate e l’IA - conferma il direttore scientifico dell’evento, Alex Giordano -. Questi strumenti non sono solo un'opportunità per aumentare la produttività, ma soprattutto per rendere le nostre pratiche più sostenibili ed efficienti. Grazie all'AI, possiamo ottimizzare l'uso delle risorse naturali, ridurre gli sprechi e migliorare la gestione dei dati, garantendo una maggiore trasparenza lungo tutta la filiera».

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