Se la finanza divorzia dall'industria

Se la finanza divorzia dall'industria
- Information
Le cause che hanno determinato la crisi economica degli ultimi due anni, nonché la denuncia degli errori e delle complicità: queste le tematiche affrontate in “Gli effetti del divorzio tra finanza e industria”.
Nella prima parte del volume vengono ripercorse le fasi salienti del periodo di recessione, originato dalla finanza e propagatosi poi all’economia reale, i cui effetti stanno influenzando, e continueranno a influenzare nei prossimi anni, le economie mondiali e soprattutto quella italiana.
Vengono approfondite le radici della crisi, da ricercarsi sia nella storia economica e politica degli ultimi tre-quattro decenni, sia nelle scelte sbagliate fatte da parte delle autorità competenti e negli atteggiamenti di coloro che operano nella finanza. Sono loro che hanno contribuito, secondo l’autore, a creare le condizioni perché i pilastri su cui si basava il sistema del libero scambio e della deregulation crollassero: dalla crescita dimensionale delle banche, che sono diventate troppo grandi per fallire anche quando i loro bilanci l’avrebbero imposto, all’utilizzo spregiudicato della leva finanziaria nelle operazioni di M&A, al fallimento degli organismi di controllo.
La conclusione cui giunge Arnaldo Borghesi - partner di Borghesi Colombo & Associati, società di advisory in operazioni di finanza straordinaria - è che l’obiettivo di massimizzazione dei profitti a breve da parte delle banche e del mondo finanziario in genere ha condotto a una politica del credito “facile” che, in spregio a un’attenta valutazione del rischio, ha inondato per anni di liquidità le economie. Il gioco, però, non ha retto e l’economia reale delle imprese e delle famiglie ne sta pagando il conto.
Dal contesto internazionale il volume si sposta, poi, all’Italia, in cui la crisi, che si è innestata su quella internazionale, ha caratteristiche però del tutto peculiari. Nel Belpaese, secondo l’autore, la crisi si origina dalla stessa struttura finanziaria e dall’assetto regolamentare di uno stato in cui la proprietà delle aziende è ancora soprattutto privata e dove i patti di sindacato, le partecipazioni incrociate, le holding a cascata, sono strumenti largamente utilizzati, non solo al fine di mantenere il controllo limitando il più possibile gli investimenti di capitale, ma anche per consentire a gruppi di azionisti di perseguire interessi eterogenei, spesso distanti dalla mera creazione di valore. Queste, in sintesi, le critiche che il libro muove all’’economia internazionale e nazionale. Un libro che merita di esser letto per i molti spunti di riflessione che offre.
I guasti del libero mercato. Gli effetti del divorzio fra finanza e industria.
Egea
di Arnaldo Borghesi
137 pagine
18 euro