Il governo Monti ridimensiona la gdo

Il governo Monti ridimensiona la gdo
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La Gazzetta Ufficiale n.
1 del 24/3/2012 ha pubblicato la Legge di conversione n.27 del Decreto n.1/2012, provvedimento che pertanto assume a tutti gli effetti valore definitivo per lo Stato e le parti che ne vengono regolamentate.
All’inizio del 2012, ritenuta la questione degna del carattere di straordinarietà ed urgenza, il Governo presieduto dal Prof. Mario Monti ha disposto misure in favore della crescita economica e della competitività del Paese, con lo scopo evidente di allinearlo ai migliori riferimenti europei ed internazionali, tendendo alla modernizzazione ed allo sviluppo delle infrastrutture nazionali, all’implementazione della concorrenza dei mercati ed alla facilitazione dell’accesso dei giovani nella dimensione delle imprese. Il Capo del Governo ha adottato il Decreto a seguito della deliberazione occorsa nella riunione del Consiglio dei Ministri del 20 Gennaio, promotori il Ministro dello Sviluppo Economico, il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, il Ministro dell’Economia e delle Finanze.
Il provvedimento recante “disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività”, noto in forma più semplice come “Decreto liberalizzazioni”, acquisendo valore di legge ai sensi della conversione, apre uno scenario vibrante per quanto attiene ai rapporti tra industria e distribuzione. Il punto nevralgico, che suscita le maggiori tensioni, è racchiuso nell’articolo 62 del testo, il quale letteralmente così recita:
DISCIPLINA DELLE RELAZIONI COMMERCIALI IN MATERIA DI CESSIONE DI PRODOTTI AGRICOLI E AGROALIMENTARI
1. I contratti che hanno ad oggetto la cessione dei prodotti agricoli ed alimentari, ad eccezione di quelli conclusi con il consumatore finale, sono stipulati in forma scritta e indicano a pena di nullità la durata, le quantità e le caratteristiche del prodotto venduto, il prezzo, le modalità di consegna e di pagamento. I contratti devono essere informati a principi di trasparenza, correttezza, proporzionalità e reciproca corrispettività delle prestazioni, con riferimento ai beni forniti. La nullità del contratto può essere rilevata d’ufficio dal giudice.
2. Nelle relazioni commerciali tra operatori economici, ivi compresi i contratti che hanno ad oggetto la cessione dei beni di cui al comma 1, è vietato:
a) imporre direttamente o indirettamente condizioni d’acquisto, di vendita o altre condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose, nonché condizioni extracontrattuali retroattive;
b) applicare condizioni oggettivamente diverse per prestazioni equivalenti;
c) subordinare la conclusione, l’esecuzione dei contratti e la continuità e regolarità delle medesime relazioni commerciali all’esecuzione di prestazioni da parte dei contraenti che, per loro natura e secondo gli usi commerciali, non abbiano alcuna connessione con l’oggetto degli uni e delle altre;
d) conseguire indebite prestazioni unilaterali, non giustificate dalla natura o dal contenuto delle relazioni commerciali;
e) adottare ogni ulteriore condotta commerciale sleale che risulti tale anche tenendo conto del complesso delle relazioni commerciali che caratterizzano le condizioni di approvvigionamento.
3. Per i prodotti di cui al comma 1, il pagamento del corrispettivo deve essere effettuato per le merci deteriorabili entro il termine legale di trenta giorni e per tutte le altre merci entro il termine di sessanta giorni. In entrambi i casi il termine decorre dall’ultimo giorno del mese di ricevimento della fattura. Gli interessi decorrono automaticamente dal giorno successivo alla scadenza del termine. In questi casi il saggio degli interessi è maggiorato di ulteriori due punti percentuali ed è inderogabile.
4. Per “prodotti alimentari deteriorabili” si intendono i prodotti che rientrano in una delle seguenti categorie:
a) prodotti agricoli, ittici e alimentari preconfezionati che riportano una data di scadenza o un termine minimo di conservazione non superiore a sessanta giorni;
b) prodotti agricoli, ittici ed alimentari sfusi, comprese erbe e piante aromatiche, anche se posti in involucro protettivo o refrigerati, non sottoposti a trattamenti atti a prolungare la durabilità degli stessi per un periodo superiore a sessanta giorni;
c) prodotti a base di carne che presentano le seguenti caratteristiche fisico-chimiche:
aW superiore a 0.95 e pH superiore a 5.2 oppure aW superiore a 0.91 oppure pH uguale o superiore a 4.5;
d) tutti i tipi di latte.
5. Salvo che il fatto costituisca reato, il contraente, ad eccezione del consumatore finale, che contravviene agli obblighi di cui al comma 1 è sottoposto alla sanzione amministrativa pecuniaria da € 516.00 a € 20.000.00. L’entità della sanzione è determinata facendo riferimento al valore dei beni oggetto di cessione.
6. Salvo che il fatto costituisca reato, il contraente, ad eccezione del consumatore finale, che contravviene agli obblighi di cui al comma 2 è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da € 516.00 a € 3.000.00. La misura della sanzione è determinata facendo riferimento al beneficio ricevuto dal soggetto che non ha rispettato i divieti di cui al comma 2.
7. Salvo che il fatto costituisca reato, il mancato rispetto, da parte del debitore, dei termini di pagamento stabiliti al comma 3 è punito con sanzione amministrativa pecuniaria da € 500.00 a € 500.000.00. L’entità della sanzione viene determinata in ragione del fatturato dell’azienda, della ricorrenza e della misura dei ritardi.
8. L’Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato è incaricata della vigilanza sull’applicazione delle presenti disposizioni e all’irrogazione delle sanzioni ivi previste, ai sensi della Legge 24/11/1981, n.689. A tal fine, l’Autorità può avvalersi del supporto operativo della Guardia di Finanza, fermo restando quanto previsto in ordine ai poteri di accertamento degli ufficiali e degli agenti di polizia giudiziaria dall’articolo 13 della predetta Legge 24/11/1981, n.689. All’accertamento delle violazioni delle disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3 del presente articolo l’Autorità provvede d’ufficio o su segnalazione di qualunque soggetto interessato. Le attività di cui al presente comma sono svolte con le risorse umane, finanziarie e strumentali già disponibili a legislazione vigente.
9. Gli introiti derivanti dall’irrogazione delle sanzioni di cui ai commi 5, 6 e 7 sono versati all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati e ripartiti con decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze e iscritti nello stato di previsione del Ministero dello Sviluppo Economico, al Fondo derivante dalle sanzioni amministrative irrogate dall’autorità garante concorrenza e mercato da destinare a vantaggio di consumatori per finanziare iniziative di informazione in materia alimentare a vantaggio dei consumatori e per finanziare attività di ricerca, studio e analisi in materia alimentare nell’ambito dell’Osservatorio Unico delle Attività Produttive, nonché nello stato di previsione del Ministero per le Politiche Agricole, Alimentari e Forestali per il finanziamento di iniziative in materia agroalimentare.
10. Sono fatte salve le azioni in giudizio per il risarcimento del danno derivante dalle violazioni della presente disposizione, anche ove promosse dalle associazioni dei consumatori aderenti al CNCU e delle categorie imprenditoriali presenti nel Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro o comunque rappresentative a livello nazionale. Le stesse associazioni sono altresì legittimate ad agire, a tutela degli interessi collettivi, richiedendo l’inibitoria ai comportamenti in violazione della presente disposizione ai sensi degli articoli 669-bis e seguenti del Codice di Procedura Civile.
11. Sono abrogati i commi 3 e 4 dell’articolo 4 del Decreto Legislativo 9/10/2002, n.231 e il Decreto del Ministro delle Attività Produttive del 13/05/2003.
11-bis. Le disposizioni di cui al presente articolo hanno efficacia decorsi sette mesi dalla data di pubblicazione della legge di conversione del presente decreto. Con decreto del Ministro delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, di concerto con il Ministro dello Sviluppo Economico, da emanarsi entro tre mesi dalla data di pubblicazione della legge di conversione del presente decreto, sono definite le modalità applicative delle disposizioni del presente articolo.
Giova rammentare che la regolamentazione giuridica dei pagamenti effettuati a titolo di corrispettivo in una transazione commerciale, prima del Decreto Legge di cui sopra, era opera del Decreto Legislativo 9/10/2002 n.231, ossia di un atto normativo con regolare forza di legge adottato anche qui dal Governo, però per delega espressa del Parlamento entro una precisa “cornice di legiferazione”, a seguito dell’inadeguatezza tecnica e della mancanza di tempo effettiva di questo organo istituzionale a disciplinare la materia. A tal proposito, il comma 11 dell’art. 62 del Decreto Legge 1/2012 dispone che i commi 3 e 4 dell’art.4 del DLgs vengano definitivamente abrogati. Essi recitavano rispettivamente:
• “Per i contratti aventi ad oggetto la cessione di prodotti alimentari deteriorabili, il pagamento del corrispettivo deve essere effettuato entro il termine legale di sessanta giorni dalla consegna o dal ritiro dei prodotti medesimi e gli interessi decorrono automaticamente dal giorno successivo alla scadenza del termine. In questi casi il saggio degli interessi di cui all’art.5, comma 1, è maggiorato di ulteriori due punti percentuali ed è inderogabile”;
• “Le parti, nella propria libertà contrattuale, possono stabilire un termine superiore rispetto a quello legale di cui al comma 3 a condizione che le diverse pattuizioni siano stabilite per iscritto e rispettino i limiti concordati nell’ambito di accordi sottoscritti, presso il Ministero delle Attività Produttive, dalle organizzazioni maggiormente rappresentative a livello nazionale della produzione, della trasformazione e della distribuzione per categorie di prodotti deteriorabili specifici”.
Il raffronto tra le due discipline pone immediatamente in evidenza come al di là della restrizione consistente dei tempi di pagamento sui generi deteriorabili, che vengono altresì specificatamente indicati al comma 4 e sembrano chiamare in causa le referenze dei reparti Ortofrutta, Macelleria, Pescheria, Gastronomia (salumi e formaggi) e Deperibile di Libero Servizio (in misura maggiore quindi legate alle realtà dei localismi facenti capo alle Piccole e Medie Imprese), da sessanta a trenta giorni, esiste una categorica limitazione del potere di contrattare liberamente, che non pochi dubbi ha sollevato sul rispetto del quadro sovra normativo proiettato sull’ordinamento dalla Costituzione. In particolare l’art. 41 definisce come “libera ogni iniziativa economica privata”, di conseguenza non ammetterebbe in linea di principio che la negoziazione tra le parti subisca precisi vincoli.
Oltre a ciò non è da sottovalutare come le pene pecuniarie imposte in caso di violazioni siano estremamente onerose, un vero e proprio deterrente, soprattutto alla luce del fatto che la normativa si preoccupa anche di nominare ufficialmente un ente con compiti di vigilanza e irrogazione di potenziali sanzioni, cioè l’Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato, investita di un compito che intenderà certamente onorare anche grazie al supporto operativo della Guardia di Finanza. Prima il DLgs 231/2002 non contemplava istituzioni con incarichi similari.
Si tratta di una vera e propria rivoluzione, il Legislatore ne è consapevole ed in questa ottica ha inteso favorire l’adeguamento delle attività future differendo l’efficacia della normativa di sette mesi, per consentire alla GDO di prepararsi in termini finanziari e procedurali: da giovedì 25/10/2012 tutto diventa regolarmente operativo.
I rapporti tra industria e distribuzione sino ai primi anni ’50 gravitavano sull’importante attività intermediativa del “grossista”, il quale svolgeva un ruolo di leadership all’interno del canale di distribuzione assolvendo il compito di adattare e trasferire i beni dalla fase della produzione a quella del consumo. La portata notevole della crescita dei consumi, della produzione di massa e delle economie di scala conseguenti alla standardizzazione ed alla prosperità delle imprese favorì l’acquisizione del predominio commerciale e contrattuale delle stesse, le quali iniziarono a promuovere intense strategie di marketing a favore del prodotto ed a conferire alla “marca” una funzione altamente risonante: il ruolo del “grossista” diventava secondario, marginale, puramente logistico, il “dettagliante” peraltro non valeva di più.
Fu solo successivamente che avvenne il riscatto della distribuzione. Essa si impose dopo la modernizzazione del settore distributivo, con l’evoluzione smisurata dei “format” supermercato, ipermercato e discount e la modificazione dei comportamenti d’acquisto dei consumatori, rivolti a contenuti nuovi del servizio commerciale, “in primis” all’assortimento ed alla possibilità di servirsi velocemente, in autonomia. In effetti l’apprezzamento dimostrato dal comune consumatore in direzione della tecnica di vendita “self service” presentata sui banchi e il disinteresse verso assistenza e credito al consumo avevano acquisito troppo risalto per rimanere questioni ignorate. Tanti prodotti, sotto lo stesso tetto, esposti ordinatamente su uno scaffale, al fine di essere scelti in autonomia e libertà dalla gente era diventata una formula concettuale che assumeva rigore logico tale da incidere profondamente sulla storia del commercio.
Il seguito naturale di questa situazione porta ai giorni nostri, con una distribuzione ormai dotata di forte identità, che fa gravare il proprio peso su tutti i produttori sprovvisti di marcata solidità sul mercato attraverso condizioni negoziali onerose. I fornitori rappresentati dalle grandi imprese produttive riescono a tenere duro opponendo il vantaggio della “brand loyalty” del consumatore, in grado di orientare la “store loyalty” e quindi la stessa capacità di performance sprigionabile da un punto vendita: spesso si fa visita a un “format” nella consapevolezza di trovare una marca importante e si desiste in caso contrario.
Certamente l’art. 62 del Decreto 1/2012 riequilibra in modo categorico la posizione di predominanza contrattuale della distribuzione nei riguardi di imprese di piccolo e medio calibro, già abbondantemente esercitata attraverso strumenti, definiti spesso “costosi e ingiustificati balzelli, sorta di tasse gravose ed arbitrarie”, quali LISTING FEE (contributi diretti per l’inserimento di prodotti a scaffale), SCONTI INCONDIZIONATI DI FINE ANNO (premi retroattivi di fine periodo, indipendenti dal raggiungimento di una determinata soglia di volume trattato), SCONTI PER IL RISPETTO DEI TERMINI DI PAGAMENTO, SCONTI NON CONCORDATI (imposizione unilaterale di sconti retroattivi per remunerare iniziative commerciali o compensare congiunture inaspettatamente negative), CONTRIBUTI PER RINNOVO LOCALI, NUOVE APERTURE, MIGLIORIE TECNICHE, APPLICAZIONE DI “PENALI” PER PRESUNTI DIFETTI DELLA MERCE (contestazioni spesso tardive e senza indicazioni precise del ricevimento di materiale non idoneo alla vendita, non reso, ma che fa scattare a titolo di penale il trattenimento di una parte delle somme dovute per le forniture).
L’equilibrio imposto dal legislatore ha fatto vibrare prepotentemente le corde che trattengono i rapporti tra industriali e distributori, i quali polemicamente oppongono rispettivamente l’esigenza di una normativa dirigista che migliori la concorrenza tutelando il patrimonio finanziario delle imprese, specialmente se piccole e indifese, alla difesa di un principio liberale saldamente consolidato all’interno dell’ordinamento giuridico, secondo il quale la negoziazione tra le parti deve rimanere scevra da condizionamenti. Auspicio generale a medio e lungo termine è che dettare regole sulle relazioni commerciali possa effettivamente aumentare la concorrenza, abbattere i costi all’origine e favorire una discesa dei prezzi. Nell’immediato la norma riduce sensibilmente il beneficio finanziario che la distribuzione era riuscita a ritagliarsi, potendo pagare più comodamente la merce che riceveva e rivendeva immediatamente. Essa dovrà adesso inventarsi qualcosa che compensi i mancati introiti: comprare meglio o vendere più caro, senza svantaggiarsi sulla concorrenza. Gli articoli a bassa rotazione e senza caratteristiche di unicità realizzati dalle PMI verranno penalizzati in sede di acquisto e una immaginabile crisi di liquidità inizierà a serpeggiare pericolosamente nei bilanci della GDO, già debilitati dai costi in una fase economica globale difficile.