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GranTerre, nel mirino estero e Ferrarini

GranTerre, nel mirino estero e Ferrarini
Maurizio Moscatelli, ad del gruppo GranTerre

GranTerre, nel mirino estero e Ferrarini

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Emanuele Scarci

La febbre delle materie prime divora un pezzo dei margini di Salumifici GranTerre che quest’anno realizzerà ricavi intorno ai 940 milioni di euro e un margine vicino al 5%. La crescita arriva soprattutto dall’estero che punta verso il 30% del giro d’affari.

La cooperativa modenese sta per celebrare il matrimonio con Parmacotto ma è determinata a non rinunciare al dossier Ferrarini: è ricorsa in Cassazione contro l’assegnazione definitiva della società in concordato al gruppo valtellinese Pini che ne detiene l’80% e sembra a un passo dall’omologa. “Siamo i maggiori produttori di coppe in Italia, con 30 mila tonnellate prodotte con i brand Casa Modena e Gran tenerone - dichiara il ceo del gruppo GranTerre Maurizio Moscatelli - ma ci manca un brand forte, come Parmacotto e Ferrarini”.  

Il matrimonio fra GranTerre (grande capacità industriale) e Parmacotto (brand fra i più noti con un valore in bilancio di 26,6 milioni) dovrà superare il vaglio dell’Antitrust prima di diventare operativo dal prossimo 1° gennaio. Nel 2023 Salumifici GranTerre ha realizzato ricavi consolidati per 883 milioni di euro (+10%), un Ebitda di 47 milioni (-25%) e un utile di 4,2 milioni (-78%). L’export ha superato il 26% del giro d’affari. Il salumificio fa parte del gruppo GranTerre, che comprende anche il business caseario di Parmareggio, e fattura 1,6 miliardi con 18 stabilimenti.

L’anno scorso le vendite di salumi nella Gdo hanno segnato +5% del valore ma -2,1% dei volumi. Il segmento principale di Salumifici GranTerre è il libero servizio, con ricavi per 447 milioni di euro (il 50,7% del fatturato); gli stagionati con 179 milioni (20,3%) e i cotti con 175 milioni (20%). 

Come spiegare il crollo della redditività?
E un problema della filiera salumi: la marginalità è stata minata dall’incremento, da ormai 2 anni, delle materie prime che non accennano, se non marginalmente, a diminuire. Anche il 2024 rimane un anno difficile, nonostante nella base dei cotti (prosciutti e mortadelle ndr) si riscontri un lieve miglioramento della marginalità. Il problema invece rimane in tutta l'area dei crudi (prosciutti, speck e salami ndr), con prezzi della materia prima che si appesantiscono rispetto al 2023 (cosce per crudo e suini da macello +20% in 2 anni ndr).

Come state gestendo questi trend contrapposti?

Nel 2024 tutte le aziende hanno cercato di comprimere tutto il comprimibile. Poi a fine anno, per quanto ci riguarda, abbiamo deciso di fare un aumento di listino e questo ci permetterà di avere un 2025 in buon recupero. Confidiamo di raggiungere una marginalità sui livelli precedenti al 2023 e 2024.

La vostra strategia nei salumi era quella di crescere investendo sui prodotti ad alta marginalità e diversificando per canale. Vale ancora?
Assolutamente sì, non a caso puntiamo nell'acquisizione di brand che normalmente hanno una marginalità migliore rispetto al mondo della Mdd. Inoltre la nostra forza industriale unita a un brand forte meno orientata alla parte industriale può produrre buoni risultati. L’altro aspetto riguarda lo sviluppo all'estero per il semplice motivo che viviamo un trend demografica declinante, con una popolazione che invecchia e consuma meno.

Quale il trend dell’estero?

E’ un mercato fondamentale che su formaggi e salumi cresce con Cagr medi degli ultimi 5 anni davvero significativi, rispettivamente del 4,5% e del 6%. Anche nei primi 7 mesi del 2024 i salumi sono cresciuti del 9%.

Quali le stime di Salumifici GranTerre per il 2024?

Il nostro forecast indica ricavi intorno ai 940 milioni. E non sarà facile superare l’incidenza dell’Ebitda intorno al 5%. Pesa il problema dei crudi. Rimangono comunque due mesi prima di chiudere l’esercizio.

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