I moderni punti vendita, secondo le strategie del marketing polisensoriale, seducono il consumatore con atmosfere coinvolgenti, capaci di creare esperienze piacevoli e memorabili.

In un mercato che presenta prodotti molto simili tra loro, oggi per le aziende farsi riconoscere è diventato un imperativo di fondamentale importanza; nello scenario estremamente competitivo che si è venuto a creare, è infatti sempre più difficile per un brand  differenziarsi e spiccare sulla concorrenza. Partendo dal presupposto che è necessario inventare nuovi strumenti per far leva sul consumatore – sapendo che si tratta di un soggetto non completamente razionale - il marketing si è evoluto e, accantonando la logica “bisogno-acquisto-beneficio” (le caratteristiche funzionali dei prodotti sono date per scontate), ha creato nuove strategie capaci di instaurare con i consumatori dei veri e propri legami emotivi. Ed è così che il marketing esperienziale/polisensoriale mira a coinvolgere il cliente in un’esperienza “memorabile”, capace di arrivare in profondità nel vissuto individuale tramite l’associazione a sensazioni e ricordi piacevoli. I sensi diventano quindi strumento privilegiato per arricchire la percezione della marca e costruire la sua unicità e identità, instaurando con i consumatori rapporti di affezione, preferenza e fedeltà.
 
Ma come si crea una comunicazione capace di sedurre l’acquirente generando valore e competitività per un’attività commerciale?
Innanzi tutto, se si pensa a come il punto vendita rappresenta il reale punto di contatto tra cliente ed azienda, è facile intuire come l’atmosfera possa giocare un ruolo fondamentale nel processo di acquisto andando a colpire tutte le sfere della personalità (cognitiva, affettiva, sensoriale): ed è così che il negozio cambia concezione trasformandosi da “point of purchase” in “point of permanence” o “point of meeting”. Spazi relazionali e di svago in grado di attirare l’attenzione; luoghi dove il cliente avrà l’opportunità di vivere esperienze nuove, in ambienti emotivamente coinvolgenti. E i cinque sensi vengono colpiti a 360°: diffondendo  profumi (olfatto); curando il design e l’estetica, e magari posizionando monitor al plasma (vista); aumentando gli info-point touch-screen (tatto); trasmettendo musica tramite impianti sofisticati (udito); offrendo caramelle, dolcetti o qualche stuzzichino (gusto).

Gli odori, in particolare, sono dei potenti mezzi perché capaci di imprimersi a lungo nella memoria: la loro elaborazione coinvolge la parte istintiva del cervello, che li registra sotto forma di emozioni strettamente legate alle situazioni in cui sono stati percepiti per la prima volta (tema affascinante, trattato nella letteratura da celebri autori come Proust e Suskind). I ricercatori hanno dimostrato che i profumi vengono ricordati addirittura più delle immagini, perché questi arrivano dritti al cervello, senza intermediari. La memoria olfattiva richiama i ricordi vissuti e influenza l'individuo a ripetere l'esperienza per godere nuovamente delle medesime emozioni positive: legando quindi i prodotti da promuovere a odori dal forte significato emotivo, tramite un processo di associazione si sarà in grado di favorire l’acquisto. Per tale motivo, l’utilizzo degli aromi a fini commerciali è un trend che si va sempre più affermando secondo la filosofia del “sell with smell”: dagli agenti immobiliari che profumano di caffè o di torta le case da mostrare ai potenziali acquirenti (per attivare emozioni positive, legate a concetti come “infanzia” e “mamma”), ai grandi magazzini che diffondono profumi di campo per indurre il rallentamento dell’andatura dei clienti (che quindi possono dedicare più tempo agli acquisti); le catene internazionali di Harrod's a Londra e Macy's a New York sfruttano abitualmente questo mezzo secondo il principio che il buon odore del locale si identifica nell'inconscio del cliente con la bontà del prodotto o del servizio proposto. Lo stesso avviene da Bloomingadale’s dove in ogni reparto viene diffuso un aroma diverso, talco nell’area neonati, cocco nel reparto mare; o nelle 36 boutiques elettroniche di Sony, caratterizzate da profumi di mandarino e vaniglia; o negli hotel Sheraton, che inebriano i clienti con gelsomino, chiodo di garofano e fico; mentre Samsung  ha addirittura coniato un’essenza ad hoc.

Anche la musica è fortemente legata alle emozioni ed è molto sfruttata a fini commerciali in quanto capace di richiamare emozioni sopite: una canzone estiva o di vecchia data si rivela in grado di rievocare sensazioni passate. Per questo in genere in pubblicità si utilizzano brani famosi capaci di suscitare emozioni positive legate alle situazioni in cui la canzone è stata udita precedentemente, aumentando così la popolarità del prodotto in questione.

Una comunicazione di successo è dunque pensata e progettata per far leva sui desideri inconsci, le memorie d’infanzia, i pensieri più nascosti di ogni consumatore attivando riflessi, comportamenti, azioni che lo inducono ad acquistare sotto l’influenza del ricordo di una sensazione piacevole impressa nel cervello. E i numeri sono la diretta testimonianza dell’efficacia di queste strategie: gli studi dimostrano che se il consumatore lega ad un prodotto delle impressioni sensoriali, la fidelizzazione si aggira intorno al 60%, mentre se l’esperienza è monosensoriale, la percentuale risulta essere addirittura dimezzata.

“I sensi diventano strumento privilegiato per arricchire la percezione della marca e costruire la sua unicità e identità, instaurando con i consumatori rapporti di affezione, preferenza e fedeltà.”


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