Anche se esaminato da un punto di vista meramente tecnico, riqualificare un edificio è un concetto che va oltre il significato letterale della parola: risanare, riportare a nuova vita. È certamente una discussione che si alimenta da diverso tempo e che, soprattutto di recente, si è estesa anche a spazi pubblici o città. Ed in effetti riqualificare, un edificio o un quartiere, ha a che fare con lo spazio, con il luogo. Con la sua definizione di “non luogo” l’antropologo francese Marc Augé ha rafforzato, dandogli appunto una nuova prospettiva, il concetto di luogo: «Se un luogo può definirsi come identitario, relazionale, storico, uno spazio che non può definirsi né identitario, né relazionale, né storico lo definirò un non luogo». Ecco, l’Italia è ricolma di luoghi (edifici, quartieri, spazi pubblici…) che per diversi motivi rischiano di diventare, o sono diventati, dei non luoghi. Pensiamo alle fabbriche, espressione di un modo produttivo che spesso non è stato in grado di ammodernarsi o di resistere alla concorrenza e che nel frattempo, per l’inarrestabile processo di urbanizzazione si sono trovate nel giro di pochi decenni, da fulcri periferici della vita economica e sociale dell’uomo a tristi “vuoti urbani”. La sfida di una parte dell’urbanistica è stata incentrata a dare nuova vita a questi luoghi, promuovendo azioni di riqualificazione, recupero urbano ecc. Che questa nuova pianificazione potesse diventare anche una sfida imprenditoriale, tuttavia, era tutt’altro che scontato. Una riqualificazione – soprattutto se portata avanti da un privato – comporta difficoltà maggiori di una edificazione ex-novo e certamente più rischi. Nondimeno il risultato è talvolta destinato a esprimere valori e sensazioni che restano impressi nel tessuto socioeconomico proprio in virtù della loro pregressa valenza identitaria, relazionale, storica che, appunto, con la riqualificazione trova nuova vita e significato. Riqualificare, si diceva, ha quindi una funzione ulteriore rispetto all’operazione edilizia o immobiliare o architettonica in sé è per sé; contrasta il diffondersi dei non luoghi riportandoli alla condizione originaria in una diversa modalità che gli consente di espletare la sua funzione di accogliere l’Uomo e consentire a questo di esprimersi nelle sue attività relazionali e di autorappresentazione.

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