di Emanuele Scarci

Allarme rosso per i prezzi al dettaglio. A marzo salgono per il nono mese consecutivo e raggiungono un livello che non si registrava da luglio 1991. A marzo l’indice nazionale dei prezzi al consumo di Istat registra un aumento dell’1,2% su base mensile e del 6,7% su base annua, dal +5,7% del mese precedente.

Il detonatore è sempre lo stesso: l’energia, i cui prezzi sono balzate del +52,9% in un anno. In misura minore incidono gli alimentari, sia lavorati (da +3,1% a +4%) che non lavorati (da +6,9% a +8%). Nel cosiddetto carrello della spesa (alimentari e prodotti per la cura della casa e della persona) i prezzi s’impennano fino al +5%.

In Europa ci sono paesi dove va anche peggio: l’inflazione è al 9,8% in Spagna e al 7,3% in Germani. Negli Stati Uniti, sebbene autonomi per le forniture energetiche, i prezzi sono rimbalzati del +7,9%.

“In questa situazione - commenta Carlo Alberto Buttarelli, direttore di Federdistribuzione - è auspicabile che il governo intervenga con la riduzione temporanea dell’Iva su un paniere di beni di prima necessità, misura che darebbe un sostegno immediato alle tante persone già in difficoltà economica dopo due anni di pandemia".

Taglio dello scontrino

Tutti guardano con preoccupazione al calo dei consumi. In questi giorni, un sondaggio di Ipsos-Federdistribuzione ha rilevato che il 39% delle famiglie pensa di dover tagliare i consumi non indispensabili mentre per i beni alimentari si punta su soluzioni più a buon mercato.

Che succederà a breve termine? Molto dipenderà dall’assenza di choc nelle forniture energetiche russe e dall’adeguamento delle filiere produttive al passo del post pandemia. Tuttavia secondo la maggioranza degli analisti, l’impennata dell’inflazione durerà a lungo e nessuno crede che i prezzi tornino a quelli del 2020/21.

Infine è probabile l’economia viva una fase di stagnazione sempre generata dal caro-energia e dalle banche centrali che avvieranno politiche monetarie restrittive.