Gli italiani sono sempre più salutisti. Uno su tre (33%) considera i superfood, ossia quei cibi che garantiscono benefici al corpo, addirittura come possibili sostituti dei farmaci. Molto apprezzati i fagioli (4 su 10 sono alla ricerca di fonti alternative di proteine), ma anche il tè e il salmone, consumati rispettivamente dal 47, 46 e 45 per cento. Sono però yogurt e noci i preferiti dalla maggioranza dei nostri connazionali, con quote del 59 e 49 per cento.

La Penisola è, inoltre, prima, tra i grandi Paesi europei, per consumo di Goji (16% vs il 6% circa di Germania, Gran Bretagna e Spagna). Sette italiani su dieci (68%) sono convinti che questa bacca possa essere utilizzata a scopo curativo, come multivitaminico naturale per il sostegno del sistema immunitario e la regolazione della glicemia. Il secondo superfood in classifica è la curcuma, spezia giudicata benefica dal 62 per cento. Un altro 27% aggiunge il mirtillo.

I dati emergono dalla Global Survey di Nielsen "Health/Wellness: food as medicine" condotta su un campione di 30.000 individui in 63 Paesi, tra i quali il nostro.

Le cifre evidenziano che la dieta degli italiani non è più solo un "regime di consumo alimentare", ma un vero e proprio stile di vita, come afferma il 40% della popolazione.

"La ricerca non deve essere letta solo all’interno del contesto di mercato, ma anche nell'ambito di uno scenario più ampio, dato che la dieta è un elemento molto popolare e legato al più diffuso tema della sostenibilità - avverte l'amministratore delegato di Nielsen Italia, Giovanni Fantasia -. L'atto di mangiare, oltre a essere una necessità fisiologica, ha un indiscutibile valore culturale ed etico. Del resto le nostre preferenze in fatto di cibo raccontano chi siamo e fotografano i valori che ci rappresentano.

“Negli ultimi anni – prosegue Fantasia - abbiamo visto comparire sugli scaffali del supermercato prodotti appartenenti a culture completamente diverse dalla nostra. Questo dato di fatto deve essere interpretato dagli attori del sistema agroalimentare, e in particolare dal mondo della distribuzione, come un'esortazione a definire e attuare strategie sempre più in linea con le indicazioni degli studi scientifici sul rapporto tra alimentazione, stili di vita e salute e portare alla riformulazione dei prodotti esistenti e/o al lancio di beni con contenuti nutrizionali progettati ex novo. Sono anche opportuni nuovi approcci informativi che contribuiscano alla promozione di una dieta sana".

Alla domanda ‘come intendi variare la tua alimentazione nei prossimi 12 mesi?’ il 40% risponde che mangerà più frutta e verdura, il 29% ridurrà il consumo di alimenti ricchi di zuccheri, il 29% taglierà i dolciumi, il 27% abbatterà i cibi con elevato contenuto di grassi saturi e insaturi, il 25% ridurrà le proprie porzioni, il 23% mangerà snack meno frequentemente, il 22% eliminerà una parte dei carboidrati. Inoltre il 20% aumenterà l’assunzione di riso o cereali, il 19% cercherà in modo crescente i superfood mentre il 25% non modificherà le proprie abitudini.

Dunque i nuovi stili richiedono un ampliamento delle categorie di prodotto disponibili sugli scaffali: ben un terzo del campione dichiara di avere difficoltà a reperire beni salutistici nei negozi della propria zona, anche se il 30% si dice soddisfatto dell'assortimento trovato (rispetto al 28% di Germania e Gran Bretagna, al 26% della Spagna e al 32% della Francia).

Questi dati sono tanto più significativi in prospettiva, tenendo conto che ben tre intervistati su quattro (75%) sono convinti di volere apportare cambiamenti alla propria dieta, dato sensibilmente superiore a quanto riscontrato nelle altre grandi società europee.

Pur considerando la rilevanza attribuita dagli italiani al tema della dieta, sembra che rimanga ancora spazio per qualche golosità. Il 51% è infatti dell'idea che ‘ogni tanto’ ci si possa concedere qualche gratificazione per il palato e il 68% accetta l'utilizzo di moderate quantità di zucchero. Per quanto riguarda gli "snack" il 31% preferisce frutta e verdura, mentre il 36% è ancora legato alle merendine classiche. Anche in questo caso, tuttavia, l'allerta dietetica non cessa: il 58% del campione chiede una lista di ingredienti, il 38% è attento alla quantità e alla qualità degli zuccheri e il 64% ritiene che sia opportuno evitare gli zuccheri aggiunti nel corso del processo di lavorazione.

Un'attenzione particolare è riservata al packaging. Il 48% degli intervistati legge le etichette nutrizionali con diligenza, mentre per il 34% esse sono il mezzo fondamentale per verificare la genuinità. Le indicazioni riportate sulle confezioni sono poi realmente utilizzate dal 28%, una percentuale comunque ragguardevole.
La seconda fonte informativa (21%) è il parere di medici, familiari e siti web specializzati. Il 20% fa ricorso a dietologi o a riviste, il 14% a programmi televisivi e il 10% ai blog dei consumatori.